Nell’attesa che i rifornimenti per il nostro Paese raggiungano le dosi necessarie per far decollare definitivamente la campagna vaccinale, dal panorama scientifico internazionale arrivano due novità rassicuranti sui sieri anti-Covid. La prima è che Moderna potrebbe aver trovato un vaccino specifico contro la variante sudafricana.
La seconda novità è che i primi studi sull’efficacia del siero di Pfizer-BioNTech effettuati su una popolazione di dimensioni significative confermano quanto emerso dai primi test su piccoli campioni randomizzati. Ed evidenziano come il vaccino aumenta giorno dopo giorno la sua efficacia, garantendo dopo la seconda dose una protezione dall’infezione nel 92% dei casi.
Le novità di Moderna
È stata la stessa azienda statunitense a comunicare di aver consegnato al National Institutes of Health americano le prime dosi del suo nuovo vaccino anti-Covid, che sarebbe efficace anche contro la variante sudafricana. Se questo risultato sarà confermato dagli studi clinici del NIH, il passo avanti nella strategia per combattere la pandemia potrebbe essere alquanto significativo. Tra le varie mutazioni del Sars-CoV-2 quella sudafricana è infatti la più sfuggente. La variante inglese, ad esempio, ha certamente un maggior grado di contagiosità. Ma sono sempre più elevate le probabilità che il vaccino “standard” non perda di efficacia nella copertura dall’infezione. Per la sudafricana, invece, fin dall’inizio si è evidenziata la possibilità che le mutazioni intervenute possano rendere non altrettanto efficace il siero.
La stessa Moderna ha anche annunciato che il piano base di produzione dei suoi vaccini anti-Covid per il 2021 è già aumentato a 700 milioni di dosi e si sta lavorando per portarlo fino a un miliardo. Gli investimenti messi in campo dalla big pharma mirano a due risultati. Il primo è arrivare a 1,4 milioni di dose prodotte nel 2022. Il secondo è avere la sufficiente flessibilità per adattare nel caso la produzione a quella destinata ad affrontare le diverse varianti.
Lo studio israeliano su Pfizer
Anche Pfizer sta programmando un aumento della produzione per arrivare a 2 miliardi di dosi già nel 2021. Arrivano intanto da Israele i primi risultati di uno studio sull’efficacia del vaccino prodotto con BioNTech in un contesto di vaccinazione di massa a livello nazionale. Il campione di soggetti vaccinati oggetto dello studio, che è stato pubblicato anche dal New England Journal of Medicine, è infatti di 1.163.534 persone, dunque con condizioni potenzialmente assimilabili al mondo reale. Di queste persone, 596.618 sono state abbinate a controlli non vaccinati.
“Questo studio – concludono i ricercatori – stima un’elevata efficacia del vaccino BNT162b2 nella prevenzione del Covid-19 sintomatico in un ambiente non controllato, simile all’efficacia del vaccino riportata nello studio randomizzato. Il nostro studio suggerisce anche che l’efficacia è elevata per gli esiti più gravi: ospedalizzazione, malattia grave e morte. Inoltre, il beneficio stimato aumenta di entità con il passare del tempo. Questi risultati rafforzano l’aspettativa che i vaccini appena approvati possano aiutare a mitigare i profondi effetti globali della pandemia Covid-19”. E riguardo alle varianti : “questo studio stima un’efficacia media del vaccino su più ceppi”.
I numeri dello studio
Lo studio si è concentrato su tutte le diverse fasi seguenti alla vaccinazione. “L’incidenza cumulativa del Covid-19 sintomatico nei gruppi vaccinati e non vaccinati ha iniziato a divergere intorno al giorno 12 dopo la prima dose” spiegano gli studiosi. L’efficacia stimata del vaccino durante il periodo di follow-up a partire da 7 giorni dopo la seconda dose è stata del 92% per l’infezione documentata, del 94% per il Covid-19 sintomatico, dell’87% per il ricovero in ospedale e del 92% per il Covid-19 grave.
Durante un follow-up medio di 15 giorni sono state documentate 10.561 infezioni, di cui 5996 (57%) erano malattie sintomatiche di Covid-19, 369 hanno richiesto il ricovero in ospedale, 229 erano casi gravi di Covid-19 e 41 hanno provocato la morte. Ricoveri, malattia grave e decesso si sono verificati ad intervalli di tempo crescenti dalla diagnosi. Delle persone che hanno avuto 21 o più giorni di follow-up, il 96% ha ricevuto una seconda dose di vaccino (il 95% delle quali l’ha ricevuto prima del giorno 24).
Effetto tempo, età e comorbilità
Lo studio descrive anche l’efficacia stimata nel periodo tra 14 e 20 giorni dopo la prima dose e in quello da 21 a 27 giorni, ovvero il passaggio graduale da una a due dosi somministrate. Rispettivamente, questa è stata calcolata nel 46% e nel 60% per il semplice contagio, 57% e 66% per l’infezione sintomatica, 74% e 78% per il ricovero in ospedale, 62% e 80% per una forma grave Covid-19 e 72% e 84% riguardo alla mortalità. In altri termini, ogni giorno che passa dalla somministrazione, il vaccino risulta sempre più efficace.
Uno degli effetti legati alla dimensione della popolazione studiata è anche quello di consentire una stima dell’efficacia anche per sottopopolazioni specifiche. I risultati dicono così che “l’efficacia del vaccino era simile per gli adulti di età pari o superiore a 70 anni e per i gruppi di età più giovani per lo stesso periodo di tempo”. In caso di comorbilità precedente all’infezione, in particolare per i pazienti obesi o ipertesi, non c’è invece sufficiente chiarezza. Anche se non mancano indicazioni “che l’efficacia potrebbe essere leggermente inferiore tra le persone con un numero maggiore di condizioni coesistenti”.