Un parco della memoria per le 224 vittime del coronavirus
E’passato giusto un anno dall’inizio dell’incubo.
Mentre a Wuhan la Cina combatteva contro il coronavirus e il mondo iniziava a tremare, Codogno registrava un triste primato: il paziente 1.
Francesco Passerini, 36 anni, sindaco di Codogno, poco più di 15mila abitanti in provincia di Lodi, è abituato ad affrontare le difficoltà con coraggio. Lo aveva già fatto in passato nella sua vita privata. Ma mai avrebbe pensato di trovarsi in prima linea in una situazione così drammatica per il Paese.
“Bisognava fare presto, prendere decisioni mai viste prima. Dovevamo chiuderci in casa, isolarci dal resto del mondo” – ricorda – Solo a pensare a quel 20 febbraio mi viene la pelle d’oca, sento ancora i brividi sulla schiena. E’ qualcosa che non dimenticherò e non dimenticheremo mai, questo è sicuro. Ricordo che il ministro Speranza mi aveva chiesto tre volte, se fossi davvero sicuro di firmare l’ordinanza che isolava la città. Non ho avuto dubbi. I problemi bisogna affrontarli con decisioni anche impopolari. E’ nato così il “modello Codogno'”.
Il paziente 1
Mattia Maestri, manager di 38 anni, sposato e in attesa di una bambina, era stato ricoverato all’ospedale di Codogno con una tremenda polmonite. Nel pomeriggio, sottoposto a tampone per Covid 19 di fronte all’aggravarsi della situazione, risultava positivo.
Non era scontato. L’epidemia certo nei mesi precedenti aveva martoriato Wuhan, in Cina, ma in Italia, tranne i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, era una minaccia che si sentiva lontana.
Con Mattia, la sua famiglia e l’intera Codogno, anche il Paese è piombato nell’incubo. L’esito era arrivato alle 20. Il giorno dopo l’ospedale, dove anche alcuni infermieri e medici che erano stati a contatto con Mattia Maestri erano risultati positivi, era isolato. Il 23 febbraio 2020 a chiudersi, oltre al Comune di Codogno, anche altri nove Comuni vicini. Era nata la prima zona rossa d’Italia e, con essa, il “modello Codogno“.
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Sindaco, cosa ricorda di quei giorni?
“Poco dopo mezzanotte ricevetti la telefonata del prefetto di Lodi Marcello Cardona che mi annunciava la scoperta del primo caso. La situazione nella notte divenne drammatica: non c’era solo il caso di Mattia in ospedale, ma 300 chiamate di soccorso in coda. Alle 7.30 convocai la mia Giunta e alle 8 l’ordinanza di chiusura totale era firmata. Ricordo poi le riunioni con l’unità di crisi in regione, con l’Iss, con il ministro Speranza, con il prefetto Cardona. Noi, qui, siamo abituati a custodire la terra e a proteggere le vacche dal temporale, senza lambiccarci in tanti ragionamenti”.
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Come hanno reagito i codognesi dopo la chiusura totale di scuole e negozi?
“All’inizio alcuni imprenditori e commercianti della città non capirono le motivazioni. In quei giorni a Milano tutto andava avanti (alla chiusura della metropoli si arrivò solo a marzo 2020, ndr). Poi capirono la gravità della situazione. Da quel momento c’è stata grande collaborazione da parte di tutti. Codogno è una realtà piccola, ma solidale, lavoratrice e abituata a rimboccarsi le maniche. In quei giorni difficili ognuno ha fatto la propria parte. Non lo dimenticherò mai”.
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Come è l’andamento del virus oggi a Codogno?
“Toccando ferro ottimo, l’onda è in calo da mesi. I positivi sono pochi, i ricoverati in ospedale fermi a zero. Un dato inimmaginabile un anno fa. Ma la battaglia sappiamo che non è finita. Noi di Codogno vogliamo essere un esempio per tutta l’Italia: non dobbiamo mollare“.
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La speranza oggi si chiama vaccino…
“E’ l’unica arma che abbiamo. Ma non dimentichiamoci che distanziamento, protezione e serietà nei comportamenti non devono mai mancare. La campagna sta andando bene, come Comune stiamo mettendo a disposizione protezione civile e mezzi per gli anziani che non possono andare a vaccinarsi da soli”.
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La lotta al Covid resterà per sempre nella memoria di questa terra. Come avete pensato di ricordare chi ha perso la battaglia?
“Domenica faremo l‘inaugurazione del memoriale Covid. Ci sarà anche il governatore Fontana. Si tratta di un parco della memoria dedicato non solo alle 224 vittime codognesi del Covid ma a tutti coloro che hanno sofferto gli effetti della pandemia e ai sanitari che hanno dimostrato tutto il loro valore in questa guerra”.
Carlo D’Elia