di Valentina Rossi
Quanto può risultare d’aiuto la vitamina D nel trattamento di pazienti in fase avanzata di coronavirus?
A lungo oggetto di dibattito nella comunità scientifica, l‘uso terapeutico della vitamina D torna al centro dell’attenzione.
Uno studio condotto dal professore dell’Università di Padova Sandro Giannini in collaborazione con le università di Parma, di Verona e degli Istituti di Ricerca CNR di Reggio Calabria e Pisa pubblicato sulla rivista Nutrients, infatti, ha evidenziato che la vitamina D “ha funzionato bene e ha dato un riscontro positivo su obiettivi molto audaci, come prevenire i decessi e i trasferimenti in rianimazione” di pazienti estremamente fragili.
Meno decessi tra i pazienti trattati con vitamina D
Lo scopo dello studio consisteva nel verificare se la proporzione di pazienti che venivano trasferiti in Unità di Terapia Intensiva e/o andavano incontro al decesso potesse essere condizionata dall’assunzione di vitamina D.
“Lo studio – spiega Sandro Giannini – è stato fatto su pazienti affetti da Covid 19 ricoverati tra marzo e Aprile nel reparto Covid appositamente aperto nell’area di medicina interna dell’Ospedale di Padova. Erano tutti anziani e particolarmente fragili, poiché affetti da qualche altra malattia. In questi pazienti abbiamo trovato, ma già lo sapevamo, valori di vitamina D bassissimi. Li abbiamo trattati proprio con essa e questo ci ha dato come riscontro una notevole riduzione del numero di soggetti che sono andati incontro al decesso e al trasferimento in rianimazione.
Lo studio in numeri
Un dato interessante è che dei 91 pazienti sui quali è stato condotto lo studio, 36 (39.6%) sono stati trattati con una dose alta di vitamina D mentre la stessa non è stata utilizzata nei restanti 55 soggetti (60.4%) . Ne è risultato che, più era importante il numero di altre patologie associate al Covid 19, più la vitamina D funzionava nel prevenire decesso e rianimazione.
“Con questo studio, inserendoci in un filone di ricerca che già esisteva– prosegue Giannini – abbiamo avuto modo di vedere retrospettivamente cosa succede somministrando la vitamina D e di avviare una “ipotesi di lavoro su una vitamina D”.
Qualche informazione in più
La vitamina D è in grado di variare l’attività del nostro sistema immunitario.
Più studi rileverebbero come la carenza di vitamina D (ipovitaminosi) nell’organismo sia tra le maggiori cause delle infezioni, anche virali.
Nel caso del coronavirus, però, “non è ancora chiaro – rileva Giannini – se sia la fragilità dei soggetti anziani che hanno già patologie o l’indice basso di Vitamina D a far sì che i soggetti si infettino con il COvid 19. A oggi non c’è una certezza scientifica nell’uno o nell’altro senso”.