La pandemia che ormai perdura da quasi un anno, i divieti e le restrizioni, non hanno fermato il suo peregrinare al seguito dei nomadi.
Non sono più i popoli transumanti dell’Africa o dell’Asia, ma i pastori italiani, soprattutto veneti.
Elena Dacome, Elena Dak, com’è più nota l’ antropologa ed etnologa veneziana che fa parte dello staff di “Overland”, la trasmissione dedicata ai viaggi estremi, in tempi normali fa la guida in spedizioni di ricerca.
Ha tenuto seminari di antropologia e letteratura alla Bicocca di Milano e all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove si è laureata in Conservazione dei beni culturali con indirizzo antropologico.
Ma alle spalle ha 20 anni di cammini tra i popoli che l’hanno portata ovunque nel mondo.
Tra i nomadi e pastori: una vita in viaggio
Per due mesi al seguito dei Touareg unendosi ad una carovana che attraversava il deserto Tenéré nel Niger (da questa esperienza è nato il suo primo libro “La carovana del sale“), a lungo con la transumanza dei Wodaabe nel Ciad, che ha ispirato il suo secondo libro “Io cammino con i nomadi“.
Poi ha seguito i pastori rabari in India, nel Gujarat, raccontando l’esperienza vissuta nel libro “Ancora in cammino“, realizzato insieme a Bruno Zanzottera, fotografo delle più prestigiose riviste internazionali.
I suoi viaggi di ricerca e di lavoro hanno subito a causa della pandemia una pausa forzata. Ma non il suo peregrinare a fianco dei pastori.
“Avrei dovuto dedicare la mia tesi magistrale alla Bicocca di Milano in scienze antropologiche ed etnologiche ai pastori del Ciad. Il Covid-19 è stata invece l’occasione per scoprire il mondo della transumanza e della pastorizia in Italia, di cui, altrimenti – dice – non mi sarei forse mai occupata”.
Al seguito di una coppia di pastori veneti
Elena Dak ha conosciuto una coppia di pastori nomadi veneti, Alice Masiero e Fabio Zwerger che, durante la transumanza, si avvalgono dell’aiuto di un pastore di origine senegalese, Saloun Ba.
“Il progetto di ricerca durerà un anno. Quasi ogni settimana seguo la coppia nei suoi spostamenti: abbiamo percorso insieme 30 chilometri lungo la Feltrina racconta l’antropologa -Loro alloggiavano in roulotte, io in tenda, talvolta ci ha accompagnato il fotografo del National Geographic Bruno Zanzottera, un’ombra discreta che ha saputo cogliere immagini di vita vera. La coppia di pastori ora si trova nella zona di Rossano Veneto, dopo essere scesa da Falcade spostandosi quasi tutti i giorni secondo i ritmi del cosiddetto pascolo vagante alla ricerca di erba e stoppie per le pecore. La loro è una scelta di vita, hanno acquistato un gregge e fatto della pastorizia il loro mestiere, viaggiano con un figlio neonato“.
“La letteratura di viaggio va maneggiata con cautela”
Vivere in movimento, talvolta fuori dai percorsi battuti, si è trasformato anche per Elena Dak in un imperativo, oltre che in un mestiere.
“Ovviamente oggi è impossibile viaggiare – si rammarica -Nonostante ciò, ho partecipato a due puntate di “Overland” dedicate alla popolazione autoctona della Groenlandia, gli Inuit, uno dei due ceppi del popolo artico degli Eschimesi. Il viaggio è stato effettuato da Filippo Tenti, figlio di Beppe Tenti, creatore di “Overland”, io ho sono stata intervistata in collegamento dall’Università statale di Milano”.
In attesa che le frontiere vengano riaperte e si possa tornare a viaggiare liberamente Elena Dak terrà, a partire dal 28 gennaio, un video corso di scrittura di viaggio. “La categoria “letteratura di viaggio” va maneggiata con grande cautela. Può includere capolavori assoluti o diari ai limiti della noia. Scrivere di viaggio è una delle pratiche letterarie più insidiose e per lo stesso motivo più coinvolgente, sia nella produzione sia nella fruizione. Detto ciò – conclude – il viaggio può essere uno strumento autentico di conoscenza e disvelamento di particolari, anche minimi, ma determinanti per raccontare un mondo altro, anche interiore“.
Ed è per questa continua voglia di conoscere che Elena Dak sogna di poter presto ripartire.
Il profondo amore per lo Yemen l’ ha spinta a risiedere a lungo a Sana’a, e quei giorni spesi in solitudine in un luogo così bello da destare stupore in ogni viaggiatore, sono diventati pretesto per una riflessione da condividere. Dall’esperienza in Yemen è nato il libro “Sana’a e la notte“, dedicato alla capitale dello Yemen, la città delle “mille e una notte“, dal 2015 al centro di una guerra fratricida che ha portato al degrado e alla parziale distruzione i suoi splendidi palazzi di fango, decorati con arabeschi in stucco bianco simili a merletti.
Viaggiare da sole
In vent’anni di cammini Elena Dak non si è mai sentita in pericolo: “Nella cultura Touareg, ad esempio, la donna ha ruolo importante ed è sempre rispettata – racconta- Certo, ho dovuto adeguarmi al loro stile di vita, lavarmi quando si trovava un po’ d’acqua in un’oasi, dormire su un materassino e mangiare quello di cui si nutrivano loro. Ma l’antropologia è una disciplina che impone due mosse: partire per raggiungere le popolazioni oggetto del proprio studio e scrivere. Quando la passione e la voglia di conoscere coinvolgono dei pastori nomadi non resta che porsi letteralmente sulle loro tracce camminando insieme a loro”.
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