Aveva il coraggio e l’energia di continuare a sognare. Non erano, i suoi, sogni astratti dalla realtà.
Erano futuribili, ma avevano la bellezza della concretezza ed erano nutriti dalla fiducia di chi avrebbe creduto fino alla fine che si sarebbero realizzati.
Venezia, in realtà, non ha regalato l’ultimo sogno a Pierre Cardin, lo stilista morto all’età di 98 anni senza vedere la realizzazione del suo Palais Lumière a Porto Marghera.
Ma Pierre Cardin ha regalato a Venezia la propria attenzione, il proprio amore e la propria fierezza nel sentirsi veneto nelle viscere, lui che, emigrato con la famiglia in Francia alla tenera età di 2 anni, non appena ha potuto, ha acquistato Palazzo Bragadin, a Venezia, con l’orgoglio di vivere nelle stesse stanze che erano state di Giacomo Casanova. Amava andare alla Fenice, quand’era in città e proprio nello storico teatro veneziano, nel 2016, quando ancora il sogno del Palazzo della moda a Porto Marghera era vivo, Metropolitano.it l’ha intervistato.
Doryan Gray e la bellezza che non ha pietà
Era giunto quella sera al Gran Teatro La Fenice per assistere alla rappresentazione di “Dorian Gray. La bellezza non ha pietà”, spettacolo musicale ispirato al romanzo “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde e in quel caso prodotto proprio da Pierre Cardin, che ne aveva disegnato anche i costumi.
Tra il pubblico per la prima esecuzione assoluta il 6 agosto 2016, dall’alto dei suoi 94 anni portati benissimo e con il sorriso di chi poteva dirsi soddisfatto di quanto realizzato nella vita, rilevava come in Dorian Gray riuscisse a vedere se stesso e, insieme, l’inadempienza della vita nel suo farci guardare ancora le cose con gli occhi di un ragazzino di 16 anni mentre il fisico perisce inesorabile nel tempo.
E gli occhi gli brillavano, mentre rifletteva su questo “decadimento” che però non scalfiva la gioventù interiore di un animo che aveva ancora voglia di esserci, di fare, di sognare.
Il grande Palazzo della Moda a Porto Marghera
E il Palais Lumière? Gli aveva chiesto a bruciapelo un collega piazzandogli il microfono davanti.
“ E’ ancora sotto la paglia – aveva risposto rispolverando un po’ il suo italiano – Il progetto deve ancora terminare. Ma si farà”.
Una torre di 55 piani alta 250 metri, benché ecologica, da realizzare a Porto Marghera, non godeva di tanto consenso in città. Disegnava uno skyline inusuale, diverso, nuovo.
Ma Pierre Cardin, che nel 2018, per primo aveva osato far sfilare i suoi capi sulla grande Muraglia Cinese, che per primo aveva portato la grande moda alla produzione popolare creando, all’inizio degli anni ’60, una collezione per i grandi magazzini Printemps che gli causò la radiazione dall’albo decretata dalla Chambre Sybdacale de la Couture, che poi lo riammise, amava le sfide e a quel progetto continuava a guardare con fiducia. Non mollava.
“Perché non farlo in Arabia, oppure in Giappone, questo Palais Lumière? “, gli chiedevano.
“Voglio farlo a Venezia perché sono nato qui (a Treviso ndr)– rispondeva – Perché sento questa come la mia terra, perché è un grande progetto ambizioso, lo so, ma non si tratta di un’ambizione personale, non è egoistica ma utile. E’ un progetto che ha a che fare con la moda e con l’arte, con la creatività. Ma è anche un progetto concretamente utile, che può creare 6000 posti di lavoro. Non voglio farlo in Africa, in Giappone o in Arabia. Voglio farlo a Venezia”.
La nobiltà dei grandi sogni resta anche se non si avverano
Nella città delle contraddizioni e degli ossimori, per lui che, rispondendo alle tante domande su Dorian Gray, diceva che “la bellezza appartiene alla gioventù” .
Nella città che la sua bellezza ha mantenuto nonostante il passare del tempo e che aveva spinto lui stesso a vivere una delle sue contraddizioni intrinseche. “Venezia è una città in cui non si dovrebbe lavorare. E’ paradossale che io, che lavorerò per sempre, abbia alla fine scelto una città in cui non si dovrebbe lavorare”.
Non ha spiegato perché. Ma è un fatto che abbia legato la nobiltà di Venezia e quella del lavoro alla nobiltà dei grandi sogni. Non importa se si avverano o meno: hanno comunque donato nuova linfa alla vita.