La vaccinazione contro il Covid-19 partirà in Veneto, così come nel resto d’Europa, il 27 dicembre con 875 dosi sulle 9.000 già arrivate all’Italia. Il piano vaccinale è stato approvato dalla regione. Le dosi che saranno consegnate al Veneto entro le 7 di domenica 27 dicembre saranno ripartite tra le varie Ulss e aziende ospedaliere in base ai rispettivi bacini d’utenza.
I primi a effettuare la vaccinazione saranno gli operatori sanitari in prima linea, poi tutti gli altri e i soggetti fragili. Tra questi, i 359.169 ultraottantenni, per i quali a breve ci saranno chiamate attive.
Si passerà poi ai circa 1.100.000 soggetti tra 60 e 79 anni, senza dimenticare chi ha patologie di base e i lavoratori dei servizi essenziali. Il tutto, ovviamente, cercando di accorciare il più possibile i tempi, ma sempre sulla base delle dosi che saranno consegnate alla Regione.
In Veneto, la popolazione potenzialmente vaccinabile, dai 18 anni in su, è pari a 4.128.295 persone.
Il Piano veneto
A illustrare il piano vaccinale veneto è stato il direttore del Dipartimento di Prevenzione della Regione, Francesca Russo, alla quale si è affiancato Giorgio Palù, uno dei principali microbiologi italiani da inizio dicembre anche presidente dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco).
Gli obiettivi del piano riguardano la definizione del modello organizzativo per gestire la vaccinazione, la somministrazione del vaccino nel tempo più breve possibile, l’assicurazione dello stoccaggio e della distribuzione in maniera sicura, la registrazione di tutti i dati relativi alla vaccinazione, ill monitoraggio di sicurezza ed efficacia del vaccino, la formazione degli operatori sanitari e l’organizzazione della campagna comunicativa.
I due vaccini
A spiegare al meglio anche una serie di aspetti legati alla vaccinazione è intervenuto, al consueto punto stampa nella sede della Protezione Civile di Marghera, anche Giorgio Palù, uno dei principali microbiologi italiani da inizio dicembre anche presidente dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco).
“L’evoluzione della scienza ha permesso di arrivare in soli 10 mesi al perfezionamento di ben due vaccini con efficacia al 95% nel prevenire l’evento-malattia nel test su 20.000 pazienti – ha ricordato Palù – Si tratta del vaccino Pfizer, che sarà utilizzato nella campagna vaccinale pronta a partire in tutta Europa, e il vaccino Moderna, appena approvato negli Stati Uniti e sul quale l’Ema, la massima agenzia europea del farmaco, si esprimerà il 6 gennaio. Il merito di questa operazione alla velocità della luce – ha spiegato – è della biologia sintetica, dell’utilizzo della tecnologia dell’rna messaggero, perché prima ci volevano 10-15 anni per poter avere un vaccino“.
“I due vaccini – ha rivelato Palù anticipando i dati trasmessi dall’Ema -nei soggetti testati prevengono addirittura l’infezione, come per i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite o l’influenza”. Quanto agli effetti collaterali, sono leggermente maggiori di altri vaccini conosciuti, perché “nel 50-60% dei casi si presentano sintomi sistemici, maggiori nella seconda dose, come rialzo febbrile, astenia, mialgia, cefalea. Ma non è stato associato al vaccino nessun evento letale”.
La durata dell’immunità
Ma per quanto tempo un vaccino proteggerà dal Covid 19?
“I volontari che si inoculavano il coronavirus del raffreddore – ha sottolineato in generale Palù – erano protetti almeno per due anni. E abbiamo idea che chi si è infettato con la Sars nel 2002 o con la Mers nel 2012 ha ancora anticorpi e memoria dopo una decina d’anni. I coronavirus, dunque, per loro natura stimolano una forte risposta immunitaria. Con proiezioni su quelli che sono stati i casi – prosegue l’immunologo – sappiamo che gli asintomatici possono anche non sviluppare anticorpi. Questi si formano nel 100% dei casi dei sintomatici, nel 75% di chi presenta sintomi lievi e nel 50% degli asintomatici. Il vaccino dà un’immunità che è quasi un logaritmo superiore all’immunizzazione naturale. Per la durata della protezione, lo vedremo sul campo, in itinere, dallo studio del follow-up che ho richiesto in Aifa. Ci sono studi che pensano durerà per 6 mesi-un anno, ma non è l’unica teoria”.
La variante inglese
Palù ha preteso nella sorveglianza anche l’effettuazione di un monitoraggio genetico dell’evoluzione del virus. “Oggi – ha rivelato – una collega mi ha comunicato che la variante inglese c’è anche in soggetti che non sono mai andati in Inghilterra. In Italia ci sono oltre 900 sequenze depositate, gli inglesi hanno sequenziato venti volte di più. Inoltre, dai dati di Moderna, sappiamo che le mutazioni sono ben 9 nella proteina-spike. Quindi questo virus si evolve, pur mutando meno dei virus influenzali, hiv o hcv. Abbiamo comunque un migliaio di mutazioni e probabilmente il 70 per cento di virus che circola è un lignaggio caratteristico”.
La variante inglese ha cominciato a diffondersi da settembre. “E oggi – afferma Palù – possiamo dire che c’è anche in Italia. Se anche in Veneto, lo sapremo presto. Ma mi pare che ci sia stato un allarme eccessivo. Perché non conosco nessun virus che non si sia adattato all’ospite. E ci sono dati iniziali che ci dicono che il vaccino è valido anche per la nuova variante”.
Il D-Day nell’Ulss 3
Negli ospedali dell’Ulss 3 di Mestre, Venezia, Chioggia e Dolo domenica 27 saranno vaccinate complessivamente 120 persone.
Si inizierà su una rappresentanza volontaria di medici, infermieri e operatori socio-sanitari maggiormente a contatto con il virus. Tra questi, anche alcuni medici di famiglia e componenti del personale delle Usca. “Questo primo giorno di vaccinazione – ha commentato il direttore generale dell’Ulss Serenissima, Giuseppe Dal Ben – vuole essere soprattutto un messaggio, l’inizio di un percorso che ci fa intravedere un po’ di luce in fondo al tunnel. Riponiamo infatti grande speranza nella vaccinazione, aprendo il 2021 con un segno: aver trovato una via d’uscita per combattere questo virus”.
Il vaccino prevede due somministrazioni a distanza di 21 giorni l’una dall’altra.
I soggetti che si devono sottoporre al vaccino saranno contattati su chiamata, con indicazione della struttura in cui vaccinarsi e in quale ordine.
Il giorno della vaccinazione effettueranno prima di tutto un triage. E, dopo l’effettuazione della vaccinazione, saranno trattenuti in osservazione per una durata media di 15 minuti in un altro ambiente prima di essere mandati a casa.
“Stimiamo – ha dichiarato Francesca Russo – che, con centri vaccinali composti da dieci unità, in due turni da 7 ore si potranno vaccinare quasi 3.000 persone. L’adesione del personale sanitario si aggira attorno al 90%. Entro oggi sarà mandata una nota alle Ulss per individuare tutte le sedi che pensano di attivare e nei prossimi giorni avremo la mappatura precisa”. I dati raccolti saranno registrati, con particolare attenzione agli eventi avversi e all’efficacia del vaccino, in stretto collegamento con il sistema di farmacovigilanza e l’Istituto superiore di sanità.
Sarebbe anche interessante capire come si potranno monitorare i sintomi avversi in persone anziane che vivono da sole.
Mio padre ha 92 anni. Vi prego di contattarmi in caso di chiamata x il vaccino covid. Oppure segnalarmi i recapiti telefonici per comunicare il mio cellulare. Grazie infinite
Buongiorno Mirella, contatterà senz’altro suo padre, al momento opportuno, l’Ulss di appartenenza attraverso una comunicazione scritta d’invito alla vaccinazione
gli ultraottantenni come saranno avvertiti per vaccinarsi.
Buongiorno, arriverà una lettera con appuntamento
Ho molta fiducia nei madici e infermieri di mestre ,
Ringrazio tutti ,in particolare il nostro presidente del Veneto .