In attesa delle misure che il Governo deciderà di prendere per contenere i contagi da Covid-19 nelle ormai imminenti festività natalizie, il Veneto si sta preparando a sua volta per studiare quel che si può fare per limitare gli assembramenti. «Oggi pomeriggio (lunedì 14 dicembre, ndr) alle 14.30 – ha annunciato il presidente della Regione, Luca Zaia – mi incontrerò con tutti i sindaci per capire insieme quali possono essere le idee da mettere in campo: non sarà una riunione inutile. Di certo c’è da fare qualcosa. Ma è una sconfitta dal punto di vista comunitario, perché il buonsenso non è catalogabile per legge. Ed è ormai scientificamente confermato che il contagio si diffonde soprattutto grazie agli assembramenti».
Verso un nuovo lockdown?
Zaia ha anticipato che domani presenterà le soluzioni emerse nell’incontro con i sindaci. E le misure saranno attive immediatamente.
«Abbiamo idee ben chiare, che non anticipiamo, per rispetto dei sindaci, che voglio sentire perché hanno il termometro delle loro città. Ma è ovvio che la chiusura di festivi e prefestivi è la base da cui partire. E ho l’impressione che, se il 7 gennaio si apre la scuola in una situazione come questa, rischiamo di farci male».
Il tutto «fermo restando che a livello nazionale qualcosa si farà. Ho sentito anche questa mattina il ministro Speranza e abbiamo convenuto che è una situazione in cui c’è assolutamente pressione. Ma l’aspetto più negativo è che i numeri stanno riprendendo a muoversi un po’ dappertutto. E gli sforzi fatti risultano vani».
Germania e Italia
Il presidente del Veneto ha quindi commentato la decisione già presa dalla Germania di istituire un nuovo lockdown dal 16 dicembre al 10 gennaio, «nonostante stia portando avanti da 3 mesi quelle restrizioni che noi non abbiamo adottato».
«La differenza – prosegue Zaia – è che la cancelliera Merkel ha unito a questo lockdown un “bazooka” da 11 miliardi e 200 milioni di euro per i ristori al 90% destinati alle aziende. Ritengo che anche nel nostro Paese, se si facesse chiarezza sul tema dei ristori, sarebbe possibile un dialogo con le aziende. Se si arrivasse non al 90, ma al 60 o al 65%, le imprese credo che si renderebbero conto di poter far parte di questa sfida».
Dati oltre quelli di marzo
Pur confermando il timido rallentamento della curva di crescita, tipico della parte alta, che «indica una direzione anche se oggi non si può avere ancora nessuna certezza», il confronto tra i numeri odierni e quelli dei picchi primaverili danno indicazioni preoccupanti.
Il picco di terapie intensive allora fu toccato il 31 marzo, con 356, oggi il Veneto è a 373. Ma soprattutto il picco di ricoveri dell’1 aprile (2.028 tra reparti ordinari e di emergenza) e stato abbondantemente superato, con l’attuale quota 3.267. «Il dato positivo – ha commentato Zaia – è il grande turnover in ospedale. Ma la pressione sanitaria inizia a essere importante. La maglia nera è Verona, che va verso un ulteriore restrizione del 30% dei servizi erogati, ferme restando le emergenze».