Il Veneto è pronto per adeguare i trasporti pubblici in vista del ritorno alla didattica in presenza anche di almeno il 75% studenti delle superiori il prossimo 7 gennaio stabilito dall’ultimo DPCM. Sul punto, l’assessore ai Trasporti, Elisa De Berti, ha incontrato oggi tutti i prefetti, presentando loro l’apposito piano realizzato dalla Regione.
“I prefetti – spiega De Berti – hanno preso atto che l’ultimo DPCM scarica su di loro la responsabilità. E ammettono che, se i tavoli provinciali dovessero ricominciare oggi, la data non potrebbe essere rispettata. Per questo, nella massima collaborazione, hanno adottato il lavoro che abbiamo portato avanti da un mese anche con l’Ufficio scolastico regionale. E invieranno ora a Roma il piano che abbiamo elaborato, dopo la riattivazione, tra venerdì e lunedì, dei tavoli”.
Il piano per i trasporti scolastici
La Regione aveva elaborato 3 possibili scenari, tenendo in considerazione la limitazione della capienza dei mezzi al 50%, unico dato a oggi certo. Tra il 50%, l’80% e il 100% della didattica in presenza, la seconda soluzione è quella che si avvicina maggiormente al 75% stabilito dal Governo.
“Questo – spiega De Berti – si tradurrà nella necessità di trovare a livello regionale 802 autobus, di cui 771 privati. Con le aziende di trasporto abbiamo ipotizzato anche la necessità di assumere 227 unità di personale, per il controllo degli eventuali assembramenti nelle stazioni e nelle fermate più critiche. Noi, in ogni caso, abbiamo cercato di adeguare i trasporti alla scuola e non viceversa”.
Il costo per consentire agli studenti di tornare in classe è di oltre 31 milioni.
“Tutte le Regioni – prosegue l’assessore – danno per scontato che le risorse arriveranno da Roma. Anche perché non sono in condizione di sostenere questa spesa. Abbiamo avuto rassicurazioni in merito dal ministro De Micheli che nel 2021 saranno stanziate ulteriori risorse per i servizi aggiuntivi, anche se non sono state ancora fatte cifre precise”.
Ritorno a scuola: iniziano I e V superiori
Dai tavoli è emerso anche che in Veneto resta escluso il doppio turno mattina-pomeriggio, così come quello di ingresso alle 8 o alle 10.
“In questo frangente – ammette De Berti – non abbiamo considerato l’estensione delle lezioni al sabato, anche perché ci sono diverse scuole che già lo fanno. Manteniamo insomma l’organizzazione che c’è stata finora, fermo restando che il piano sta in piedi solo se ci sono regole certe”. Di concerto con le aziende di trasporto, si è invece mantenuta la possibilità di ritardare alle 9 l’ingresso a scuola.
Gli studenti delle secondarie di secondo grado, in Veneto, sono circa 213.000. Significa che dovrebbero ora rientrare in classe circa 160.000 studenti.
“L’indirizzo dell’Ufficio scolastico regionale – prosegue l’assessore – è quello di riportare a scuola in primis gli studenti delle prime e delle quinte superiori. Ogni istituto sta facendo però le sue valutazioni, in considerazione della percentuale minima del 75% di studenti in presenza”. Non tutti gli studenti, in ogni caso, utilizzano il mezzo pubblico per i loro spostamenti. Il numero di autobus aggiuntivi necessari deriva così dall’incrocio dei dati forniti dalla scuola con quelli delle aziende di trasporto. “Le aziende pubbliche – conclude De Berti – stipuleranno contratti con quelle private. Ricordiamo però che sui mezzi privati non sono ammessi posti in piedi, per cui la capienza massima è di 25 persone”.
Ecco perché il Veneto dovrebbe restare “regione gialla”
Tra i preparativi per la pseudo normalità di gennaio e la messa a punto delle modalità per far sì che vengano rispettate le nuove regole nelle giornate delle festività, sul piano sanitario, in regione, continua la massiccia campagna di tamponi, rapidi e molecolari, che ha ridotto il rapporto dei positivi sui test fatti dal 44% al 13%.
“Quel che è importante valutare è l’incidenza dei nuovi positivi proiettandola su una popolazione di 100 mila individui. Gli ultimi dati, al 3 dicembre, ci dicono che siamo scesi da 435 a 413, mostrando una sia pur leggera discesa dei positivi – ha affermato la responsabile della Direzione prevenzione del Veneto, Francesca Russo – Questo ancora non può avvenire sulle terapie intensive, perché derivano da aggravamenti della situazione di soggetti la cui positività è stata riscontrata in precedenza”.
Un altro indicatore molto importante su cui il Veneto fa registrare dati positivi è il cosiddetto “1.1”. Ovvero la capacità della Regione di individuare lo stato clinico, sintomatico o asintomatico, dei propri positivi. Per questo parametro c’è una soglia minima del 60% da rispettare.
“Noi – rivela Russo – siamo all’85,5%. È questo uno dei dati che ci ha permesso di mantenere l’Rt sempre sotto l’1,25%, cioè la soglia per passare in fascia arancione. Insieme alla solidità del dato, al livello di carico di stress degli ospedali per reparti critici e non, e alla capacità di resilienza dei servizi territoriali dei Dipartimenti di prevenzione, ricorderei anche il dato del contact tracing, uno degli elementi più importanti per la valutazione dello scenario di rischio. Ci vuole almeno una persona ogni 10.000 che lo effettua: noi, avendo potenziato moltissimo questo aspetto, siamo a 2,8”.
Dati omogenei per le regioni
Perché, dunque, Il Veneto mantiene la fascia gialla nonostante i tanti positivi?
“Siamo quelli che ne trovano di più, ma perché li andiamo a cercare – ha ricordato il presidente della regione Luca Zaia -Se nelle ultime 24 ore abbiamo riscontrato altri 2.427 positivi è perché facciamo tantissimi tamponi: circa 73.000 negli ultimi due giorni tra molecolari e rapidi. Ma ci sono state anche singole giornate in cui abbiamo superato quota 60.000. È per questo – ha aggiunto – che stamattina ho parlato col professor Brusaferro, chiedendo omogeneità di dati a livello nazionale”.
L’invito è quindi quello di ragionare solo sulle percentuali dei positivi sui tamponi effettuati.