Entro la fine di gennaio, il Veneto inizierà la prima tornata di vaccini. I primi saranno destinati al personale sanitario.
Il totale delle persone che saranno sottoposte a questo primo ciclo di vaccinazioni ammonta a 171.003 operatori.
La Regione ha inviato al commissario Arcuri i dati richiesti sulla consistenza numerica del personale sanitario, sia all’interno che all’esterno degli ospedali, comprendendo case di riposo e altre strutture socio-sanitarie, ossia quelle dedicate a minori, disabili, malati mentali e tossicodipendenti.
La Regione ha inoltre assicurato alla struttura commissariale che tutti gli ospedali-hub sono dotati di dispositivi di conservazione a -80 gradi.
E’ questa la prima novità resa nota nel corso del quotidiano punto stampa per l’aggiornamento sulla situazione Covid con il presidente della regione Luca Zaia e l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin.
Coronavirus: la situazione
La curva della diffusione del coronavirus rallenta lentamente, anche se i dati paradossalmente sembrano evidenziare un incremento dei contagi.
Questo perché il numero dei positivi va correlato al numero dei tamponi fatti. Solo nelle ultime 24 ore, infatti, le operazioni di screening hanno raggiunto il numero di 60 mila tamponi, in parte (19.146) molecolari e in parte (40.809) a tamponi rapidi.
I nuovi positivi sono risultati così 3980.
Gli ulteriori ricoveri ordinari sono 50 mentre 120 sono i dimessi. In calo le terapie intensive. Ma ci sono stati 72 decessi, che hanno portato la regione a superare la quota dei 3500 morti dall’inizio della pandemia.
La gestione dell’infezione
“Pur rallentando giorno dopo giorno con ogni tanto qualche piccola discesa – ha commentato Zaia – la diffusione del contagio non è finita. E ricordiamo che stiamo gestendo questa fase di fatto senza grosse limitazioni o stravolgimenti alla nostra vita. Se non è ancora cominciata la vera fase di discesa della curva è quindi soprattutto perché, da parte di qualcuno, c’è poca attenzione al tema del distanziamento sociale e degli assembramenti. Perché c’è un punto oltre cui con ordinanze e restrizioni non si può e non voglio andare”.
In vista della nuova definizione delle zone rosse, arancioni e gialle di domani, comunque, il presidente si è detto fiducioso. “I dati che abbiamo sono assolutamente solidi, sia per l’Rt che per la situazione complessiva, che resta sotto controllo, nonostante la pressione ospedaliera – ha rilevato- Ma possiamo anche noi solo aspettare il verdetto”.
Infermieri fuori orario nelle case di riposo
Un tema particolarmente caldo è quello della carenza di personale infermieristico.
Il presidente della Regione rimarca di non aver lesinato sui posti letto, il cui numero è stabilito a livello statale dal d.m. numero 70. “Forse il numero – commenta Zaia – sarebbe da rivedere alla luce di quanto avvenuto in questi mesi. Ma, soprattutto va rivista la programmazione della formazione. I 5.000 infermieri che si sono presentati all’ultimo concorso non sono in più, rispetto alla dotazione attuale. Semplicemente si sposterebbero di struttura, scoprendo ad esempio le case di riposo”.
Per questo, sulla base di una convenzione stilata con l’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin, i direttori generali delle Ulss stanno inviando in queste ore una nota al personale infermieristico con una manifestazione d’interesse. Con questo documento si autorizza cioè tutto il personale infermieristico a prestare, al di fuori dell’orario di lavoro, la loro opera presso le case di riposo, per far fronte alla situazione di estrema sofferenza, ricevendo un compenso di 35 euro l’ora.
Lo sci
Per oggi pomeriggio (26 novembre ndr) alle 16 è stato intanto convocato il tavolo dei presidenti di Regione con i ministri Speranza e Boccia per discutere della questione dell’avvio della stagione sciistica. “ La posizione delle Regioni, che hanno approvato all’unanimità le linee guida per l’apertura definite dai dipartimenti di prevenzione, è chiara.– ha anticipato il presidente Zaia – Fermo restando che prima viene la salute, deve essere un punto fisso che, se si decide di tenere tutto chiuso, occorrono ristori. Così come il fatto che occorre un trattamento perequativo sull’intero arco alpino, perché non è accettabile che altri Stati possano aprire e l’Italia no”.