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Coronavirus. Graziottin: giovani e anziani, ecco le proposte per farli star meglio

Coronavirus. Graziottin: giovani e anziani, ecco le proposte per farli star meglio

Studenti e anziani. Il Covid-19 non risparmia nessuno e le limitazioni per contenere il contagio incidono sulla vita di tutti noi. Ma è innegabile che restino delle categorie maggiormente soggette a rischi, non solo di natura sanitaria.
Didattica a distanza sempre più estesa e isolamento degli “over” sono alcune delle misure al centro del dibattito negli ultimi giorni, in vista dell’ormai imminente nuovo DPCM.

Soluzioni che potrebbero sì preservare dalla diffusione del virus, ma al tempo stesso provocare una serie di ripercussioni negative. «Anche se – afferma con convinzione e ottimismo la trevigiana Alessandra Graziottin, psicoterapeuta, direttore del Centro di ginecologia del San Raffaele Resnati di Milano e presidente della onlus Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna – come diceva Seneca si può fare di una grande difficoltà una grande opportunità».

La scuola catapultata nel domani

Nel Veneziano, sono 33.500 gli studenti che frequentano le scuole secondarie di secondo grado, principali indiziati per il ricorso alla didattica digitale integrata. A questi, si potrebbero aggiungere anche i circa 7.000 dell’ultimo anno delle secondarie di primo grado.
L’analisi parte dunque dal mondo della scuola. E dalla considerazione che, a giugno e luglio, si siano persi mesi importanti per organizzare al meglio le lezioni in vista della prevedibile nuova ondata di contagio.
«La formazione per la didattica a distanza non si improvvisa: uno dei fallimenti dell’efficacia dello smartworking è non aver dato adeguata preparazione a tutti gli insegnanti, che si sono trovati fiondati in pochi mesi dal medioevo al 2020», premette.

La passione degli insegnanti trasmessa coi video

«In questi mesi – prosegue – ho tenuto numerosi corsi webinar, confermando che la differenza tra le lezioni in video e quelle in presenza è principalmente la difficoltà di relazione in mancanza di sensorialità. In altri termini, un insegnante sensibile e preparato può capire anche solo guardando negli occhi gli allievi se c’è interesse o meno da parte loro».

didattica a distanza
didattica a distanza

Alessandra Graziottin ritiene comunque che si possa ancora recuperare. «La mia idea – spiega – si basa su due linee di intervento. In primo luogo, andrebbero organizzati corsi ausiliari, con vaglio ministeriale, che diano punteggio nei prossimi concorsi, premiando un corpo docente particolarmente “skilled”. Corsi aperti a insegnanti giovani e meno giovani, come supporto alla didattica che fa l’insegnante, puntando soprattutto su coloro che hanno due caratteristiche. La prima è la passione per l’insegnamento, che deve essere stato scelto per vocazione e non come ripiego. La seconda è l’abilità nella comunicazione video».

Una libreria virtuale nazionale

Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo del resto avuto un insegnante che ci ha fatto amare (o odiare) una determinata materia. Qui, l’utilizzo dello strumento video da potenziale limite si trasforma in opportunità.
«Gli insegnanti così formati – prosegue la dottoressa – potrebbero realizzare dei video su tematiche specifiche in cui sono particolarmente ferrati, appassionando gli studenti. Alla fine, si verrebbe a creare una libreria virtuale nazionale, in grado di fornire un aiuto didattico all’insegnante, ma non solo. Gli stessi ragazzi vi potrebbero attingere, favorendo lo sviluppo di discussioni collegiali, perché i punti di vista possono essere molteplici».

Ripetere assieme in un doposcuola a piccoli gruppi

La seconda proposta della dottoressa Graziottin si incentra invece sul cosiddetto “home schooling”. Ovvero, coinvolgere insegnanti in pensione o gli stessi genitori in brevi doposcuola di una o due ore, da svolgere a domicilio con gruppetti ridotti di 4 o 5 bambini.
«Questo permetterebbe soprattutto di far fronte alle carenze dei figli unici, che vivono magari in case piccole e con strumenti informatici modesti – spiega – In tal modo, si potrebbe tornare a sviluppare nei bambini quell’intelligenza emotiva che nasce da un gioco col coetaneo che sia reale e non virtuale, si farebbe crescere l’empatia e anche la comprensione dei linguaggi di vita sociale. Perché ha vita più soddisfacente chi ha intelligenza emotiva, perché sa rapportarsi meglio con le persone, con un sorriso o una parola gentile».

La ripetizione a voce alta è essenziale

Questo speciale doposcuola servirebbe a smorzare di molto gli effetti di uno studio solitario, senza risate e confronti. E far ripetere a tutti i bambini presenti la lezione non servirebbe solo a verificare se il singolo ha capito, ma anche al confronto con gli altri.


«Nelle famiglie – aggiunge Graziottin – manca molto quella ripetizione a voce alta che è essenziale per la formulazione di un pensiero diversa da quella mentale e quindi più efficace, anche dal punto di vista del linguaggio».

Da catastrofe a opportunità

Sono, questi, semplici suggerimenti per provare a far sì che «la catastrofe di questi giorni si trasformi in opportunità». «Le conseguenze nefaste dell’isolamento – considera Graziottin – potranno al contrario consentire di costruire un nuovo modello pratico più virtuoso nel tempo, anche quando si tornerà ai ritmi normali. Perché, anche se qualcuno sostiene il contrario, questi giovani hanno in fondo perso un anno di scuola. Non possiamo pensare di imparare davanti a un video da soli: il rischio di depressione o la voglia di evasione è elevato, in questo caso. Bisogna allora far sì che questo sia un anno “sabbatico” che permetta di costruire nuovi modelli di insegnanti. Il fine è infatti quello di dare ai ragazzi gli strumenti per appassionarsi alla vita, alla cultura, alla conoscenza e al suo uso intelligente».

In particolare, riscoprire la didattica a casa con certe modalità può essere una valorizzazione al meglio delle risorse di questo Paese. Si garantirebbe sul territorio nazionale, oltretutto, una didattica omogenea, elemento di profonda democrazia. Perché un altro aspetto drammatico della didattica a distanza è l’enorme accentuazione delle differenze».

La solitudine dei giovani

Uno degli effetti generalizzati di questi mesi è poi l’aumento della solitudine. Una ricerca de “Il Sole 24 Ore” evidenzia che è ben il 55% a patire da questo punto di vista l’isolamento. Una sensazione che è presente soprattutto nella fascia tra 18 e 34 anni (70%), con il 32% (rispetto al 18% del campione) che dichiara di patire spesso la solitudine.

Un sentimento che colpisce più gli uomini (59%) che le donne (48%). E si lega soprattutto (61%) alla difficoltà nel frequentare amici, partner e parenti. Ecco perché il timore di un’incidenza negativa di nuove restrizioni è presente nel 53% di chi si sente solo.

L’isolamento degli anziani

Nello studio del quotidiano economico, è solo il 21% degli over 55 a soffrire spesso di solitudine.
Ma l’idea di isolare, da una certa età in su, gli anziani spaventa.
«L’isolamento – commenta Graziottin – è per tante ragioni la malattia di questo secolo. E da medico impegnato sul dolore e su progetti di longevità in salute ho quindi motivi di preoccupazione molto seri, qualora si decidesse di adottare simili misure.
Le conseguenze della solitudine sono varie: il dolore, le conseguenze sulla salute e i possibili ritardi diagnostici».

Non lasciamoli soli

Il quadro che si delinea è in effetti fonte di timori. «La sindrome da spazio confinato ha conseguenze più serie quando si riduce lo spazio di movimento. Molte case sono piccole e buie: se togliamo agli anziani i piccoli giri per andare ad esempio a comprare il pane, occasione di socializzazione, possono aumentare depressioni e ansie. E la deprivazione dei contatti con i familiari ridurrebbe gli stimoli sensoriali, anche olfattivi, con una perdita di identità».

Accanto al possibile deterioramento cognitivo, con l’aumento dei fattori predisponenti a livello neurovegetativo, si potrebbe assistere anche all’accelerazione in caduta di osteoporosi e sarcopenie legate alla mancanza di regolare attività fisica, alla perdita a picco di massa ossea e muscolare (con conseguenze più pesanti in caso di cadute) e all’aumento di sovrappeso.


«Nei tre mesi di lockdown – spiega la dottoressa – la media è stata di un incremento di 6-8 kg, con conseguenze metaboliche che accelerano diabete, colesterolo e pressione sanguigna. Nella donna, l’aumento di tessuto adiposo genera uno stato infiammatorio dell’organismo e quindi le malattie cardio-vascolari, che sono, al 40%, la prima causa di morte delle donne in Italia».

Come aiutare gli anziani

In questo caso, è più difficile trovare il lato positivo. Ma Alessandra Graziottin ci prova comunque. «Dobbiamo pensare alle modalità che consentano di coinvolgere le persone. A tutto quello che possiamo fare per farle sentire parte della comunità, a partire dall’utilizzo dei media, per chi li ha. Fermo restando che serve una presa di responsabilità nell’uso dei mezzi di protezione, a partire dalle mascherine, perché le famiglie sono la prima fonte di contagio, si può pensare a un aumento delle telefonate verso gli anziani. Ma non telefonate di lamentazione: basta un sorridente “ciao, come stai?”, per far impennare l’umore di chi ci sente. Magari raccontando anche qualcosa di divertente. Piccoli gesti che fanno capire all’anziano quanto può essere importante per qualcun altro. Gesti di generosità che non costano nulla e possono portare un raggio di sole nella vita di tutti noi».

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