Il Veneto si candida a testare non appena possibile i monoclonali
Avrà la stessa facilità d’uso di un test di gravidanza e costi contenuti (si ipotizza una vendita in farmacia tra i 2 e i 3 euro).
Ma potrà giocare un ruolo fondamentale nell’opera di controllo della diffusione del Covid-19.
Si può ormai dare per imminente l’arrivo, in Veneto, dei primi test fai da te per la verifica di eventuali positività al coronavirus.
In un paio di settimane, ognuno potrà infatti controllare, direttamente a casa propria, se è positivo o meno.
Intanto, dalla Toscana, arriva la notizia che gli studi sugli anticorpi monoclonali proseguono con ottimi riscontri.
Si va così verso una cura che, tra l’altro, garantirebbe per 6 mesi gli stessi effetti di una vaccinazione. E anche in questo caso, i tempi sembrano alquanto ristretti: le prime dosi potrebbero essere messe a disposizione già a marzo 2021.
Il test “fai da te” e lo screening
La conferma della prima notizia arriva dal direttore dell’Unità complessa di Microbiologia e Virologia di Treviso, Roberto Rigoli.
“Stiamo mettendo a punto vari test – spiega – ed entro una quindicina di giorni dovrebbero arrivarci i primi kit in autosomministrazione dalla Cina. Il meccanismo – prosegue Rigoli – è lo stesso del cosiddetto “tampone baby” che già usiamo in Veneto. Ovvero basta un piccolo prelievo di materiale biologico dal naso. La novità è legata al fatto che il liquido non deve essere processato attraverso un macchinario. È il kit stesso che contiene una provetta monouso all’interno della quale stemperare il prelievo e avere il risultato”.
Nel caso in cui dal test monouso emerga una positività, il privato sarà convocato dalle strutture di sanità pubblica per effettuare un approfondimento con il classico tampone molecolare. “Le operazioni – conclude il professore di Microbiologia – dovrebbero essere gestite attraverso una semplice app. Al riguardo, però, stiamo attendendo il via libera dal Garante della privacy”.
Test e tamponi dal medico di base
Se poi si arriverà entro giovedì, come ha prospettato il ministro della Salute, all’accordo a livello nazionale con i medici di base, l’azione di screening del contagio sul territorio potrà dunque essere sempre più incisiva. E senza coinvolgere necessariamente le strutture ospedaliere o i presidi delle Ulss, che potrebbero concentrarsi sulle sole situazioni realmente più problematiche. Perché sarebbero gli stessi medici di famiglia ad effettuare i tamponi sui propri assistiti.
Anticorpi monoclonali per prevenzione e cura
Gli studi clinici sul contrasto al Covid-19 sono molteplici, sia sul fronte della prevenzione che su quello della cura.
Domenica, in un intervento televisivo a “Che tempo che fa”, il direttore scientifico di GlaxoSmithKline Vaccines di Siena, Rino Rappuoli, ha fatto il punto sulla ricerca sui cosiddetti anticorpi monoclonali. “Il nostro piano di lavoro – ha affermato – prevede l’inizio delle prove cliniche prima di Natale, per finirle entro febbraio e avere le prime decine di migliaia di dosi del farmaco a disposizione a partire da marzo”.
Gli anticorpi monoclonali sono sostanze prodotte dal nostro corpo, in grado di neutralizzare la carica virale. Lavorando in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma e l’ospedale di Siena, gli studiosi del Toscana Life Sciences hanno isolato queste difese naturali dal sangue di soggetti convalescenti dal coronavirus. E, in laboratorio, hanno scelto le migliori. Adesso ci si è concentrati su un particolare anticorpo superpotente, chiamato MAD0004J08, per riuscire a riprodurlo artificialmente in grandi quantità. In tal modo, sarà possibile utilizzarlo come medicina. E questo sia per la cura dei soggetti infetti, che per la prevenzione in quelli sani.
Il Veneto si è candidato a testarli non appena ci sarà il via libera.
6 mesi di immunità senza vaccino
Perché, in sostanza, il suo funzionamento può essere paragonato a quello di un vaccino. La vaccinazione, cioè, fa produrre all’organismo gli anticorpi. Qui, invece, gli anticorpi vengono direttamente iniettati nel corpo. Garantendo un’immunità di circa 6 mesi.
“Ho davvero pochi dubbi che funzioni – ha concluso Rappuoli. – E le prime prove cliniche, per quanto non definitive, di aziende più grandi di noi negli Stati Uniti ne dimostrano l’efficacia”. Spetterà in ogni caso alle autorità la decisione su come distribuire eventualmente questi anticorpi. Se cioè gestirli solo attraverso le strutture sanitarie pubbliche o metterlo a disposizione anche nelle farmacie.
Un vaccino dall’Inghilterra
È insomma tutto il mondo a lottare contro la pandemia. Notizie confortanti, così, arrivano anche dall’estero.
Un’anticipazione del Financial Times afferma ad esempio che il vaccino sviluppato dall’università di Oxford è in grado di stimolare una forte risposta immunitaria anche negli anziani. Un risultato che, se confermato, sarebbe importantissimo sotto due profili. In primo luogo perché gli anziani sono i soggetti più deboli di fronte al Covid-19. Ma anche perché uno dei limiti dei vaccini in generale è proprio legato alla risposta da parte delle persone più avanti con l’età.
Per arrivare alla vaccinazione di massa, comunque, ci vorrà ancora un anno o poco meno. Proprio il professor Rappuoli ha affermato che “se tutto va bene, le prime dosi limitate potremo usarle nei primi mesi del prossimo anno. E solo nella seconda metà dell’anno prossimo saranno a disposizione in grande quantità”.
Sono felice e fiducioso grazie a tutti VOI