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Coronavirus: il “semaforo” veneto a cinque colori

Coronavirus: il “semaforo” veneto a cinque colori

Una sorta di “semaforo” per distinguere le fasi dell’emergenza. Cinque colori per capire a che punto è il contagio e gestire il da farsi.
È questa la base del nuovo Piano sanitario predisposto e ora presentato dalla Regione Veneto.
Le cinque fasi sono basate sul numero di pazienti-Covid in terapia intensiva e in area non critica. Si irrigidiscono sempre più con il crescere dei numeri.
L’obiettivo è di non arrivare mai alla fase “rossa”, perché significherebbe bloccare l’attività ordinaria degli ospedali.

situazione attuale (20/10/2020)ospedali
situazione attuale (20/10/2020)ospedali

Le prime due fasi

Attualmente, con 61 ricoverati in terapia intensiva (+9 nelle ultime 24 ore). A fronte di queste cifre, il Veneto è in “fase 2”, quella azzurra.
Questo comporta l’attivazione di posti letto aggiuntivi, che si occupano in particolare di Covid, negli ospedali hub e una attivazione parziale di alcuni posti accessori negli ospedali spoke. Oltre a una riorganizzazione dell’attività ospedaliera, con la previsione di un’eventuale sospensione o ritardo dell’attività programmata.

Il superamento della “fase 1” (verde) è  avvenuta con la soglia delle +50 terapie intensive. Fino a questo livello, il Piano prevede l’utilizzo degli ospedali a macchie di leopardo, senza rivoluzioni. Ognuno, in altri termini, cura i suoi pazienti e non c’è sospensione di alcuna attività.
Le variabili prese in considerazione per la determinazione delle diverse fasi sono comunque 2.
L’indice di rischio viene determinato infatti non solo sulla base delle terapie intensive, ma anche dei pazienti in area non critica, con un rapporto di 1:6.
Ovvero con una prima soglia a 300 malati-Covid non in terapia intensiva.

Le altre fasi

Se si proseguirà sul trend più recente, arrivati alla 151^ terapia intensiva il Veneto entrerà nella terza fase “gialla”.
È allora che la Regione attiverà i Covid-hospital.
«Il 13 marzo – ha ricordato il presidente del Veneto, Luca Zaia – abbiamo attivato per la prima volta gli ospedali dedicati, a fronte di 111 contagi in 20 giorni dall’inizio dell’emergenza. Adesso la soglia è a 151, perché la situazione è ora completamente diversa. Allora era davvero un altro mondo: i ricoverati restavano in terapia intensiva 30-35 giorni e aspettavano in ospedale la negativizzazione. Ora non è più così».
In questa fase, si preserva ancora l’attività ordinaria negli ospedali spoke e hub. Si riduce invece nei Covid-hospital, con il trasferimento dell’attività d’urgenza.

fasi emergenza coronavirus
fasi emergenza coronavirus

Passando per una fase 4 “arancione”, tra le 251 e le 400 terapie intensive, oltre quota 400 scatta l’ultima fase, la temuta “5 rossa”.
Temuta perché la Regione sarebbe costretta a sospendere l’attività ordinaria degli ospedali hub, che si occuperebbero anch’essi solo di Covid.
«Il piano – riprende Zaia – prevede si arrivare a 1.000 terapie intensive, con spazi già determinati all’interno degli ospedali esistenti. Ma nessuno penso che voglia arrivare al limite, perché siginficherebbe la paralisi degli ospedali e il collasso totale del sistema sanitario».

Il Piano

Approvato dal Cts e firmato questa mattina da Domenico Mantoan, il Piano sarà depositato ufficialmente in unità di crisi per diventare «il portolano che tutta la sanità dovrà seguire», come l’ha definito Zaia. Ha una logica che prevede anche la dotazione di posti in terapia subintensiva e nei reparti ordinari per i malati-Covid. E verrà declinato da provincia a provincia in relazione alle strutture sanitarie a disposizione.

«Al momento – ha concluso il presidente – riusciamo a intervenire in maniera importante in terapia intensiva, abbiamo oltre il 96% di asintomatici (376 su 9.746 positivi a domicilio, ndr), ma non possiamo cantare vittoria, se nel frattempo gli ospedali si riempiranno. La vera emergenza del coronavirus è il rischio di non poter più curare i cittadini per le altre malattie».

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Tag:  coronavirus