Per il secondo giorno consecutivo, le barriere del Mose si sono alzate contemporaneamente a tutte le bocche di porto.
La terza volta in assoluto in condizioni di emergenza in questo ottobre 2020 contrassegnato da una serie di maree sostenute.
E anche stavolta la Laguna di Venezia è stata salvaguardata dall’acqua alta.
«È uno spettacolo, direi», commenta il responsabile del Centro Maree, Alvise Papa, di fronte ai dati che confermano l’efficacia del sistema di paratoie mobili.
Previsioni e variazioni del tempo
«All’interno della Laguna – spiega Papa – il livello dell’acqua si è mantenuto stabilmente poco sopra i 40 centimetri. Cioè una differenza di 70-80 cm rispetto a quanto registrato in mare». Un merito che va ascritto sicuramente al Mose, anche la marea naturale è rimasta leggermente sotto i 125-130 cm della previsione iniziale. Un errore senza alcuna “colpa” ascrivibile agli studiosi. Perché i modelli sono sempre più accurati, ma pur sempre di modelli si tratta e la realtà mutevole della natura può poi determinare in concreto situazioni diverse.
L’evoluzione della situazione
«La nostra previsione per il 16 ottobre – riprende Papa – si basava sulla considerazione che il canale d’Otranto sarebbe rimasto bloccato tutta la notte per forti venti da sud. Questo avrebbe di conseguenza aumentato la sessa che si sarebbe presentata a Venezia. Stranamente, però, il vento oggi è girato a nord, favorendo il deflusso delle maree. Per di più, i radar hanno riscontrato nell’alto Adriatico, davanti alla costa croata e fino al delta del Po, alcuni forti temporali e tempeste, piccoli ma profondi. E questo, come avveniva anche prima del Mose, ha interrotto i flussi. L’acqua è stata richiamata così in altre direzioni. E la marea si è abbassata di 7-8 cm rispetto alle previsioni».
Un’altra acqua alta evitata
Senza Mose, ai 125 cm previsti inizialmente sarebbe andato sotto acqua il 40% della città insulare.
Anche ai 117 cm effettivamente toccati, però, pur riducendo la percentuale di allagamento del centro storico al 25%, l’impatto sarebbe stato significativo.
«L’acqua alta – ricorda il responsabile del Centro Maree – non si sarebbe presentata solo a San Marco o Rialto. Sarebbero stati interessati tanti tratti piccoli ma molto trafficati. Dalla Ca’ d’Oro all’inizio di Lista di Spagna, da San Marcuola all’Ospedale, dalla calle della Mandola a San Canciano o alla Giacinto Gallina. E ciò avrebbe creato molto disagio alla vita della città».
Una comunicazione in via di evoluzione
I test di questi giorni si stanno rivelando importanti non solo in considerazione della salvaguardia diretta della città.
Altrettanto importante è la comunicazione a residenti e ospiti della città.
Il Comune, dal 13 ottobre, ha già introdotto una novità.
Nel comunicato ufficiale, come richiesto in particolare dagli albergatori, è stata inserita non solo la misura prevista, ma anche le ripercussioni reali.
Ad esempio, con la previsione di un’alta marea a 135 cm, è stato ricordato che a San Marco ci sarebbero stati circa 40 cm d’acqua dal piano di calpestio e Rialto circa 25 cm. Precisazione importante soprattutto per i turisti, che sono meno abituati dei Veneziani a questo tipo di calcoli.
Per i residenti, invece, si sta valutando di aggiornare il sistema di segnalazione, per comunicare anche se il Mose si è sollevato o si sta sollevando.
Le indicazioni tecniche dei test
Sperimentare in concreto l’effetto del Mose è fondamentale anche per il lavoro dei tecnici.
Dai due test di questo inizio ottobre, per esempio, sono arrivate almeno tre indicazioni importanti. Ne è convinto Giovanni Cecconi, già responsabile della Control Room del Mose e oggi fondatore e punto di riferimento di Wigwam, il laboratorio veneziano per la resilienza in cui tutti i cittadini possono dare il proprio contributo.
Nelle ore in cui le barriere sono state alzate, più di una dozzina di persone si sono attivate per misurare in vari punti della Laguna gli effetti riscontrabili sulla marea. «I modelli matematici su cui abbiamo lavorato fin da una ventina d’anni fa – sintetizza Cecconi – messi alla prova stanno confermando i risultati. E dando così importanti suggerimenti per il miglior utilizzo delle barriere».
Laguna calma e ancor più bassa
Sono almeno tre i punti su cui si sofferma Cecconi. Il primo riguarda un effetto, provocato dalle barriere, che consente di avere all’interno della laguna un livello di marea ancor più ridotto rispetto a quello legato semplicemente al mancato afflusso dell’acqua dal mare.
«Il livello della marea in canale– spiega Cecconi – è diverso da quello ai moli. In altri termini, per il disturbo dovuto al vento e alle onde che frangono, in mare si registrano 20-30 cm più che all’interno della laguna. Quando la Laguna si assesta, cioè, “spalmando” l’acqua in orizzontale una volta chiuse le barriere si guadagnano altri centimetri».
La riapertura delle barriere
Il secondo ragionamento riguarda la riapertura delle barriere, che deve avvenire quando i livelli di mare e laguna sono pressoché uguali, per evitare una sorta di “mini-tsunami”. Per di più, non bisogna attendere troppo, perché un livello in Laguna di molto superiore a quello del mare rischierebbe di sollecitare troppo le paratoie, che quindi potrebbero ribaltarsi. «In questi giorni, si è potuto riscontrare che il livello sui moli e a centro canale può differire anche di una ventina di centimetri. Per decidere il momento, va dunque presa in considerazione la rilevazione in canale».
Il sovralzo a Chioggia
Un altro dei temi studiati in questi giorni è quello del sovralzo che si determina a Chioggia per effetto della bora.
«Proprio per questo motivo – ricorda l’ingegnere – si è pensato di proteggere ulteriormente la città con il mini-Mose, garantendo una protezione di 20 cm superiore a Venezia». Il timore, paventato da alcuni, che con il Mose in servizio il sovralzo sarebbe arrivato ad almeno 60-70 cm, non si è verificato.
«Gli studi dei modelli matematici e del professor D’Alpaos sono stati confermati: a paratoie chiuse, il sovralzo praticamente raddoppia, ma non va oltre».
L’allagamento registrato giovedì a Chioggia non è stato infatti dovuto alla laguna, ma a una vera e propria bomba d’acqua scesa dal cielo. E la tromba d’aria su Sottomarina è invece legata a un fenomeno, lo scontro della bora con lo scirocco in alta quota, che normalmente si verifica un po’ più a sud, all’altezza del delta del Po.