Mancano due mesi a Natale ma nei supermercati della grande distribuzione iniziano già a fare capolino tra gli scaffali loro, i re incontrastati della tavola natalizia: il panettone e il pandoro.
Due concentrati di grassi e carboidrati ai quali non si può proprio rinunciare.
Ce ne sono per tutte le tasche e gusti, dai più commerciali a quelli firmati dai più famosi pastry chef italiani, dai panettoni senza canditi a quelli senza glutine.
Sembra che il mondo dei golosi, a Natale, si divida in due metà: quelli che mangiano il pandoro e quelli che mangiano il panettone anche se, diciamocela tutta, chi dice di mangiare solamente l’uno, poi finisce per assaggiare anche l’altro…
La nascita del Pandoro di Verona
Il mese di ottobre è un mese importante per gli amanti di questi dolci, infatti è proprio in questo mese che 126 anni fa nasceva ufficialmente sua Maestà il pandoro.
A crearlo, il pasticcere veronese Domenico Melegatti. Nell’ottobre del 1894 inventò la ricetta e il nome di questo dolce lievitato per il quale fu rilasciato il brevetto, che allora si chiamava “certificato di Privativa Industriale dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia”.
Se la paternità del panettone è lombarda, quella del pandoro è assolutamente veneta.
Un dolce brevettato
La storia infatti narra che il pasticcere Melegatti abbia inventato questo dolce prendendo spunto da un’antica tradizione natalizia veronese secondo la quale le donne si riunivano nelle cucine delle corti creando “il levà” un impasto composto da farina, latte e lieviti.
A questo, Melegatti aggiunse il burro e l’uovo e voilà ecco il pandoro! A dare la caratteristica forma a stella poi ci pensò Angelo Dall’Oca Bianca, un pittore che creò lo stampo a piramide con otto punte modificato poi a 5.
Da quel momento ci furono diversi tentativi di imitarlo e così Melegatti lanciò la sfida delle mille lire: chiunque fosse riuscito a portargli la vera ricetta avrebbe ricevuto la posta in palio. Non si presenterà nessuno!
Le altre ipotesi sulla forma del Pandoro
C’è tuttavia un’altra ipotesi sulla storia del Pandoro che trarrebbe ispirazione dal dolce a forma di stella, sempre di origini veronesi, il “Nadalin”.
Il dolce viene fatto risalire alla seconda metà del 1200 e fu ideato per onorare l’investitura di due famiglie nobili di Verona (i Signori di Verona appunto e i Della Scala). Il Nadalin aveva 8 punte ed era glassato. Alla fine dell ‘800, però, scomparve la glassa e le punte divennero 5 a opera del pasticcere Domenico Melegatti, con una lunga lavorazione e tempi di lievitazioni dilatati a diversi giorni per un gusto inconfondibile.
Il “pane d’oro”
Ben prima del 1200 ci sono attestazioni della presenza di questo dolce tradizionale, ovvero nel I secolo d.c. Gaio Plinio Secondo, meglio noto come Plinio il Vecchio, infatti scrive di un tale Vergiluis Stefanus Senex, una specie di pasticcere ante litteram, che creava una sorta di pane dolce fatto con burro, olio e farina.
Il pandoro deve il suo nome al “pane d’oro”. Anche sul nome, tuttavia, ci sono due diverse scuole di pensiero.
Qualcuno lo lega ai pasticceri austriaci che lavoravano anche a Verona i quali preparavano un lievitato a base di uova che conferivano il classico colore giallo paglierino aggiungendovi all’interno il burro, che permetteva di aumentare la lievitazione alzando il dolce.
Altri sostengono che Pandoro derivi da un’antica tradizione dei nobili veneziani che, durante la Repubblica Serenissima per ostentare la propria opulenza, impreziosivano i pani con vere e proprie foglie d’oro.
Pandoro o Panettone? Un sfida che dura da secoli
La sfida tra pandoro e panettone risale già al XVI secolo.
Già nel 1549, infatti, un cuoco di Ferrara, tale Cristoforo di Messisbugo, in un suo ricettario parla di un dolce fatto dalle parti di Milano, a base di farina, burro, zucchero uova e latte. Certo mancavano ancora uvette e canditi, ma l’impasto era esattamente lo stesso.
La Pasticceria, un’arte antica
L’arte della pasticceria è una delle più antiche ed è citata addirittura nell’Antico Testamento.
Forse non tutti sanno che il termine pasticceria racchiude in sé la preparazione non solo di alimenti dolci ma anche salati.
Nel corso dei secoli si sono scoperti nuovi ingredienti e materie prime arricchite che hanno portato quest’arte a sfornare (è proprio il caso di dirlo) veri e propri capolavori, re e regine incontrastati delle tavole degli italiani.
Nei mesi scorsi, che ci hanno visti purtroppo costretti in casa, ci siamo avvicinati alla cucina: tellie, mestoli, spatole, fruste e “sac a poche” sono attrezzi che, anche chi non aveva nemmeno mai sentito nominare, si è cimentato a utilizzare grazie alle dirette video dei maestri pasticceri che spiegavano passo passo le ricette.
Certo non si improvvisa nulla, è un’arte, non a caso i pasticceri sono definiti Maestri. Ogni capolavoro è un equilibrio di pesi, temperature tempistiche.
Soprattutto se si vuol dar vita a un Pandoro. La lievitazione è lunga e richiede attenzione all’impasto. Se vi volete quindi cimentare in una produzione casalinga, sappiate che vi ci vorrà molto tempo e un ingrediente imprescindibile: il lievito madre. La lievitazione è fondamentale e lenta: 12-13 ore.