Intervista ad Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar
Chissà se anche Anna Foglietta e Cate Blanchett, madrina e presidente della Giuria della Mostra del Cinema 2020, faranno una tappa all’Harry’s Bar?
In un anno particolare qual è questo 2020, con una Mostra del Cinema incastrata tra le norme anti Covid, un red carpet murato per evitare gli assembramenti e una platea internazionale estremamente ridotta, a ricordare il glamour che ha sempre contraddistinto il Festival sono i locali storici di riferimento dei vip.
Tra questi, soprattutto l’Harry’s Bar. Non solo perché da sempre amato dai divi del grande schermo e non solo perché Arrigo Cipriani conserva l’entusiasmo di sempre nell’attenderli ma anche perché quei famosissimi 40 metri quadrati di storia di Venezia fanno parte anche della storia della Mostra del Cinema.
Proprio lì, nel corso delle Giornate degli Autori, un film documentario sull’Harry’s Bar è stato presentato come evento speciale.
Correva l’anno 2015. Ma l’Harry’s era stato consacrato “patrimonio nazionale” già dal 2001.
Nel corso dei suoi 90 anni di vita tanti artisti si sono seduti ai suoi tavoli: scrittori, pittori, re, regine, registi e divi del cinema, assieme a molti altri buongustai.
Da Hemingway ad Eugenio Montale, Onassis e Agnelli, Giorgio De Chirico, Arturo Toscanini, Frank Sinatra, solo per iniziare il lungo elenco di illustri nomi.
Ci sono anche Orson Wells, Woody Allen, Richard Gere, Liz Taylor, Maria Callas e Naomi Campbell.
Tra divi del cinema e buongustai
L’Harry’s bar è un locale piccolo ma denso di storia. Oltrepassata la porta che ricorda quella di un saloon, ci si immerge subito in un’affascinante atmosfera.
Arrigo Cipriani sta conversando con dei clienti quando Metropolitano.it arriva. Ci accomodiamo al piano superiore per fare l’intervista con più tranquillità, sorseggiando un Bellini, il famoso cocktail nato tra queste pareti.
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Siamo in periodo di Mostra del Cinema e ai tavoli di questo locali si sono seduti anche tanti divi. Come vede quest’anno, con un’emergenza sanitaria in corso?
«Ho perso il conto di quanti siano stati. Attori, attrici, registi e personalità del cinema frequentano ogni anno l’Harry’s Bar. Ma frequentare è forse un termine riduttivo, perché molti di loro sono diventati quasi “clienti fissi”. Sono venuti a trovarci diverse volte e continuano a ritornare quando ritornano a Venezia. Questo locale è sempre stato legato a ogni manifestazione culturale. C’è una sorta di filo diretto sia con il cinema che con architettura e arti visive. La pittura maggiormente esprime la spiritualità di Venezia. Allora si vedono gli artisti e il bello e il brutto del mondo attraverso le loro rappresentazioni. Gli artisti vengono a trovarci e noi siamo felici di accoglierli. Anche nei momenti più difficili non bisogna comunque lasciarsi abbattere: si guarda al mondo con fiducia».
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C’è qualche momento particolare che ricorda legato al cinema?
«Richard Gere, l’ultima volta che è venuto a Venezia è stato nostro ospite per quattro volte di seguito. A un certo punto si è seduto sulla scala del personale di servizio e ha voluto parlare con me. Mi ha chiesto che cosa c’è di speciale in questo locale perché aveva avvertito quella che io chiamo la “spiritualità” tra queste pareti. Credo che in modo particolare in questo momento ci sia bisogno di staccare dalla materialità e andare a fare un ragionamento sull’immaterialità, sull’intangibilità delle cose».
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Harry’s Bar è stato anche protagonista di un documentario, presentato proprio alla Mostra del Cinema
«L’ha diretto Carlotta Cerquetti, che ha voluto omaggiare un luogo simbolo di Venezia conosciuto in tutto il mondo. La narrazione è affidata alle voci dei vari personaggi coinvolti nelle vicende veneziane e alla mia per le storie più legate al locale. Un insieme che svela quali sono gli elementi che fanno di Harry’s Bar un posto unico. In questo locale sono state anche girate scene di film famosi – “Eva contro Eva” è uno che mi viene in mente».
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Lei ha vissuto ogni anno di attività e crescita di questo punto di riferimento per chiunque arrivi a Venezia: qual è il segreto del suo successo che continua ininterrotto dal 1931?
«E’ fatto da un insieme di cose, prima di tutto la passione per il proprio lavoro. E poi Harry’s Bar è il figlio della libertà. Ho abbastanza anni per aver visto la città liberata nel 1945. Ho bene in mente quello che è successo: da un mondo che era ucciso dalla guerra e soprattutto dalla dittatura, c’è stata un’esplosione di vitalità nel giro di poche ore quando è stata riconquistata la libertà. Ecco, ho pensato che è proprio la libertà uno dei fattori fondamentali nella vita che fa andare avanti e avere successo».
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Il complimento più bello che ha sentito o le piacerebbe sentire sul suo locale?
«Le posso dire il commento che ha fatto un cliente mangiando la trippa. “Commovente”, ha esclamato. Se un piatto può commuovere questo è un bel complimento che dice tutto sul nostro lavoro».