Dal Settecento, ogni notte, l’infelice gentildonna Dauli
siaffaccia al campanile di Dolo per guardare la villa dell’innamorato
di Alberto Toso Fei
La Riviera del Brenta, in qualunque senso la si percorra, presagisce comunque a qualcosa.
Se si risale il fiume, prima o poi comparirà Padova, con la sua aura di santità e sapienza. A ridiscenderlo, lungo il Naviglio del Brenta, malgrado i “tagli” e i lavori di arginamento effettuati dalla Serenissima tra Quattrocento e Seicento per deviarne il corso principale dalla Laguna, prima o poi i campanili di Venezia emergeranno dal loro orizzonte d’acqua, e la città si mostrerà in tutta la sua prorompente bellezza.
Questo tratto di territorio, al tempo dei Dogi, si percorreva soprattutto in barca.
Anzi, in Burchiello, una tipologia di imbarcazioni abbastanza lussuosa – destinata a trasportare la posta e i passeggeri – dotata di un‘ampia cabina e tre o quattro balconi, usata dai veneziani facoltosi per raggiungere le loro ville in campagna.
Già, la civiltà di Villa. In pochi luoghi come la Riviera del Brenta questa invenzione tutta veneta ha raggiunto una concentrazione e una sublimazione di architettura e buon gusto.
In mezzo a questo cammino ideale tra Venezia e Padova, che è tutto fuorché un luogo in cui transitare e basta, si incontra Dolo, cittadina d’acqua fatta di chiuse e di canali un tempo utilizzati per approvvigionare d’acqua fresca proprio Venezia.
Lì, accanto al duomo di San Rocco, si erge – stretto e appuntito – un campanile del Settecento, secondo in altezza solo a San Marco.
Il fantasma del campanile
Ebbene, ogni notte, a Dolo, il fantasma di una gentildonna sale sull’alto campanile del centro e da lì contempla la casa dove ha vissuto il suo innamorato.
Il fantasma non ha un nome: si sa solo che è quello di una contessa della famiglia Dauli, che aveva numerose proprietà nella zona.
Né il suo innamorato era un amante comune: giovane delicato e di bellissimo aspetto, aveva però l’imperdonabile difetto di essere un povero stalliere al servizio di un’altra importante casata veneziana che aveva grandi possedimenti a Dolo e a Sambruson: i Badoer.
Sebbene questa storia prenda vita all’inizio del Settecento, il secolo dei lumi, un’unione del genere non poteva avere nessuna fortuna.
E infatti finì in maniera tragica: l’uomo fu allontanato e morì di stenti senza poter mai più vedere la sua innamorata; e anche quest’ultima, per la disperazione, si lasciò morire, e fu sepolta nel vecchio cimitero di Dolo, ai piedi del campanile.
Ma fin dai primi tempi, di notte, il fantasma non rassegnato della Contessa Dauli veniva visto lasciare il suo sepolcro e salire sulla torre campanaria per guardare villa Badoer, dove il suo innamorato aveva abitato.
Una consuetudine che non è venuta meno neanche dopo lo spostamento del cimitero, avvenuto nel corso dell’Ottocento in seguito alle disposizioni degli occupanti francesi.
Sebbene la maggior parte dei resti mortali siano andati dispersi, il fantasma della Contessa ancora oggi non cessa, con l’arrivo della notte, di salire sul campanile per ammirare, in eterno, la villa dove aveva conosciuto il suo povero stalliere.