Se qualcosa di buono possiamo trovare fra le macerie lasciate dal coronavirus, è forse l’occasione per discutere del futuro di Venezia con occhi diversi.
Abbiamo la possibilità di metterci a tavolino partendo quasi da zero, elaborando nuove idee e nuove opportunità, nuovi schemi, nuovi paradigmi urbanistici, economici e sociali.
Possiamo ridisegnare, come davanti a un foglio bianco, i modelli che finora hanno tratteggiato la storia recente della nostra città.
È un esercizio che ci siamo permessi di fare raccogliendo le risposte di molti cittadini, anche acquisiti o d’elezione. Partendo dal Primo Cittadino e cercando di sondare tutti gli ambiti di questa grande realtà che, come sempre, e sempre più spesso in questi ultimi mesi, si asciuga le lacrime, si rimbocca le maniche e si rimette al lavoro.
Da oggi, un intervento al giorno per 10 giorni, pubblicheremo i contributi di quanti hanno condiviso con Metropolitano.it idee e suggestioni, immaginando con noi le prospettive e il futuro di una città che si reinventa.
Non sarà facile affrontare questo passaggio.
Il mio studio laboratorio è a San Trovaso e spesso amo pranzare in un’osteria vicina e oggi mi chiedo come farà questo ristoratore e come lui gli altri di Venezia che lavorano in locali piccoli, ad adattarsi alle nuove misure di sicurezza imposte dal decreto ministeriale.
Sarà difficile per tutti. Dovrem o un po’ reinventarci.
Io mi auguro che nella Venezia del futuro possano finalmente sparire le centinaia di negozi di cianfrusaglie e chincaglierie e che le botteghe possano tornare in mano agli artigiani, ai commercianti che svolgono attività rivolte alla residenza.
Stessa cosa per mi auguro per la miriade di appartamenti a uso turistico improvvisamente vuoti a causa della altrettanto improvvisa scomparsa del turismo. La città tornerà ad essere visitata dagli stranieri timidamente, un po’ per volta e comunque il turismo di massa sarà per molto tempo un lontano ricordo. In questo momento di pausa, che mi auguro diventi anche un momento di riflessione, mi piacerebbe che tutti questi appartamenti vuoti fossero messi a disposizione e affittati sia ai Veneziani, che così non sarebbero più costretti a trasferirsi in terraferma, sia agli studenti, in modo da incrementare l’immagine di Venezia come città universitaria, rivolta alla ricerca e alla cultura. Quando si tornerà alla vera normalità, bisognerà inventarsi nuove strategie di promozione e puntare su un tipo di turismo diverso, non di massa bensì un turismo qualificato, consapevole e soprattutto rispettoso.
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