Uno studio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia per tutelare i monumenti
Sanificare sì, ma con un occhio di riguardo alla fragilità dei beni culturali.
Esiste un modo per tutelare la salute e, nel contempo, garantire l’integrità dei monumenti?
E’ a partire da questa domanda che il Laboratorio di Chimica del Restauro dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ha avviato uno studio sui prodotti per la sanificazione, sui loro vapori e sui potenziali effetti dell’applicazione su ambienti e materiali “a rischio”.
La base, insomma, per definire un protocollo di sanificazione per una città, quella lagunare, che rappresenta un ambiente unico al mondo per moltissimi aspetti, primo fra tutti la sua pienezza di grandi istituzioni culturali. Uno degli archivi più grandi al mondo (con 75km di documenti), alcuni dei musei più prestigiosi e ricchi, chiese di ogni epoca e strutture uniche, come le Scuole Grandi. Luoghi che non possono essere equiparati agli ambienti più comuni e per i quali occorre individuare un protocollo di sicurezza. Da tutti i punti di vista.
Lo studio tra esigenze sanitarie e tutela
Il team di ricerca per Scienze per la Conservazione, coordinato da Elisabetta Zendri, del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica è quindi al lavoro.
“Questo è il primo dei progetti che stiamo sviluppando sul tema degli effetti indiretti del COVID-19 sul patrimonio culturale – svela la docente -. Il Campus di Via Torino, a Mestre, diventa una fucina di idee per lo studio dei rapporti tra le sostanze. È importantissimo capire al meglio le reazioni che gli agenti sanificanti possono avere con i vari materiali, specie con tessuti e metalli, parte essenziale delle collezioni ma anche dei palazzi della città”.
Un protocollo utile anche sul piano nazionale
L’intervento della professoressa Zendri e del suo gruppo di ricercatori risponde a un’esigenza che sta cogliendo particolarmente la città di Venezia, ma che ha un eco in tutta la nazione.
Gli studi sui prodotti di sanificazione liquidi e suoi loro vapori a contatto con le superfici dei vari materiali, rientrano nelle linee guida di studio gettate dal Ministero.
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, ma non solo. Tra coloro che hanno contribuito a dettare la rotta per gli studi, ci sono infatti numerose strutture all’avanguardia nel mondo della conservazione dei manufatti artistici, come l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma.
L’Università in relazione con la città
“Siamo già partiti con l’attività, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e con le istituzioni cittadine per far fronte comune contro un’emergenza che ha colto tutti impreparati e che rischia di far perdurare i suoi effetti per molto tempo – spiega Elisabetta Zendri – .C’è uno stretto rapporto tra la città e l’università e la volontà di promuovere un sistema di gestione del patrimonio culturale veneziano unico nel suo genere ed esportabile a livello internazionale. In questo contesto diventa fondamentale il sostegno dato alla ricerca universitaria dal Patto per lo sviluppo della Città di Venezia”.
In un momento come questo, in cui l’emergenza sanitaria sembra rallentare, si disegna quindi una nuova “prima linea” per la difesa della città. Il lavoro dei ricercatori, fino a oggi poco conosciuto, diventa così nuovamente fondamentale per conservare e salvaguardare la memoria di Venezia.