“Non rinuncio a te per un pipistrello”: Diario del Virus di e con Paolo Puppa è il nuovo, appassionante progetto di Ateneo Veneto.
Un monologo inedito che è in realtà è una riflessione sul Covid-19, sul lockdown e sul ciclone di avvenimenti che ci ha travolto in questi mesi.
Se la pandemia fa paura, è bene esorcizzarla, portandola sullo schermo e, anzi, di più: dando voce proprio al virus che ha bloccato il mondo intero e che tiene le redini della politica, dei rapporti sociali, dell’economia e di tutti quegli aspetti della nostra vita su cui forse non ci eravamo mai soffermati davvero.
Nel racconto di Paolo Puppa, Virus è un personaggio neutro: non è né uomo né donna ma un’entità che si
racconta, utilizzando accessori originali e parlando delle sue prossime mosse in maniera elegante o irriverente, ma sempre incalzante e coinvolgente.
“Io non guardo in faccia nessuno e quello che mi esalta è il fatto che io mi sposto dal Canada all’Australia, senza faticare: pensate a tutto voi! Siete voi che mi portate: uno scaracchio, un fiato, una monetina di resto, un carciofo al mercato toccato senza guanti e questo è solo l’inizio! Vedrete fra poco! Che meraviglia però le strade vuote e questo silenzio così serio…”
Inizia così la prima parte del Diario.
Ascoltando le parole di Paolo Puppa, docente di storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Venezia, drammaturgo e scrittore, sembra di ripercorrere i mesi appena trascorsi, quando non si conosceva ancora la gravità del virus ma già si temeva il peggio.
Ricordare la genesi della pandemia è importante. Paolo Puppa parte così dall’inizio: dalla paura che ha colto il mondo di fronte al nuovo arrivato.
“Son contento perché ieri ho visto la paura addosso alla moglie del presidente”…”ho spiato il terrore sul muso vecchio e senza trucco”di un noto attore americano. Colpisco solo i vecchi? Vorrei evitarli. “Non c’è gusto con loro. Io punto in alto. Io voglio capi, voglio corone. Ho una lista. Vedrete cari miei che roba”.
Nella sua casa, in pieno lockdown, il drammaturgo ha così dato voce al mostro, registrato il suo monologo e l’ha offerto all’Ateneo Veneto, che ha intensificato nei giorni della quarantena la sua attività con i social.
Il Virus in arte: un monologo grottesco
Non appena sarà possibile, il video prodotto diventerà uno spettacolo teatrale a pieno titolo, che proprio nelle sale dell’Ateneo attenderà il suo pubblico dal vivo.
“L’idea di scrivere e interpretare questo monologo – racconta Puppa – è nata quando il presidente dell’Ateneo ha
lanciato una call con cui chiedeva di raccontare il periodo della pandemia con un contributo personale”.
Ne è uscito un monologo grottesco, paradossale, irrisorio verso le misure di cautela introdotte dall’uomo.
“Lo scopo – chiarisce il professore – è quello leopardiano delle Operette Morali: è l’uomo che vive male e si lamenta della vita, però è attaccato come una cozza sulla roccia. Questa è la contraddizione. E’ un mostro che parla. L’ho fatto morire (sperando di essere un buon profeta) ma, tra i tanti messaggi che ho ricevuto in questi giorni, ci sono anche quelli di chi mi ha detto che faceva il tifo per il virus contro l’altro mostro, che è l’umanità”.
Anche Virus, il cui viaggio tra gli uomini si articola su dodici stazioni terminando con un colpo di scena, ha una sua sfumatura umana che lo rende rispettabile: non vorrebbe “uccidere i vecchi”, solo che sono i più semplici da colpire.
Ma perché la scelta di far parlare lui, il mostro, in prima persona?
“I bambini giocano al lupo per vincere la paura del lupo. Come diceva Benjamin – spiega il professore – puoi sognare il lupo e non dormire per la paura o giocare e facendo il lupo lo esorcizzi. Io ho provato a cavalcare la paura e ho fatto questo capriccio per esorcizzarla.”