Arriva dalla ricerca veneta una possibile risposta nella cura del coronavirus.
Un farmaco utilizzato per i malati di cancro alla prostata sembra essere efficace per contrastare l’infezione delle cellule da parte del Covid-19.
“Se questa correlazione sarà confermata – ha commentato il presidente del Veneto, Luca Zaia, dando l’annuncio – potremmo essere di fronte a una delle più importanti chiavi di volta nella lotta al coronavirus. È una notizia che ci rende orgogliosi, con ovvi complimenti a chi ha avuto l’idea e a tutti quelli che hanno lavorato su questo studio”.
L’intuizione del professor Pagano
La ricerca, portata avanti dalla Fondazione per la ricerca biomedica avanzata e dall’Istituto veneto di medicina molecolare, in stretta correlazione con l’Università di Padova, sarà pubblicata dall’autorevole rivista inglese “New England Journal of Medicine”.
Lo studio muove da un’intuizione dell’esperto professor Francesco Pagano.
Nello specifico, dal fatto che i dati sui malati di coronavirus dicono che l’infezione colpisce i maschi in numero doppio rispetto alle femmine.
Il farmaco dello studio preliminare
L’esperto luminare ha così effettuato una valutazione di 130 pazienti malati di cancro alla prostata trattati con un farmaco specifico. E ha così riscontrato una importante correlazione tra questi soggetti e la malattia.
Lo studio preliminare, che ha portato alla pubblicazione in corso, rileva infatti che chi ha assunto questo farmaco non ha avuto problemi con il coronavirus.
Come funziona il farmaco
Il coronavirus, per infettare le cellule, utilizza come veicolo un particolare enzima. E si tratta proprio dello stesso enzima inibito da questo farmaco contro i tumori alla prostata.
Con un esempio, si può dire cioè che questo farmaco ferma il mezzo di trasporto che viene utilizzato sia dal cancro che dal Covid-19.
“Sono fiero di poter annunciare da Marghera – ha concluso Zaia – che esiste un farmaco che potrebbe fermare il coronavirus. Mi auguro che questo lavoro abbia fortuna, perché, oltre a far fare bella figura a noi Veneti, significherebbe fare il bene della sanità e dei cittadini”.
L’Agenzia Italiana del Farmaco ha intanto autorizzato la decima sperimentazione clinica di un farmaco per il Covid-19. Lo studio, coordinato dall’Azienda ospedaliera di Perugia, valuterà l’efficacia e la sicurezza della Colchicina, utilizzata abitualmente nei disturbi su base auto-infiammatoria e per la gotta.
Test sierologici e tamponi
A livello nazionale, va anche registrato che il Comitato Tecnico Scientifico ha definito le caratteristiche della tipologia di test sierologici da impiegare su scala nazionale.
Si partirà, in un paio di settimane, con controlli su un campione di circa 150.000 persone in tutta Italia. “Il Veneto – ha commentato il presidente della Regione – è stato il primo a partire, 20 giorni fa, quando le aziende non erano ancora aperte. Abbiamo comprato 700.000 kit e siamo assolutamente della partita”.
Il numero di tamponi effettuati, nella nostra regione, ha già raggiunto quota 222.544.
Il vicedirettore dell’Oms, e membro del Cts, Ranieri Guerra, ha sottolineato inoltre la necessità di un’esecuzione periodica dei tamponi sui lavoratori. “Siamo assolutamente d’accordo – ha risposto Zaia – ma il vero tema è la capacità di fare tamponi e mi auguro che ci si riesca a riassettare su una nuova capacità di eseguire questo tipo di controlli”.
Test rapidi
“Ma dico anche che – ha proseguito il governatore – se il kit funziona con buona attendibilità garantita, i test rapidi sono la soluzione migliore”. Non a caso, la Regione ha già effettuato 120.000 controlli di questo tipo e sta distribuendo altri 100.000 kit arrivati ieri.
“Stiamo testando – ha concluso il presidente – una partita da altri 400.000 pezzi. E penso che presto si arriverà a una certificazione molto più solida. Sono già in molti ad usare questo tipo di screening e sono già diverse le aziende sul mercato che propongono i loro test rapidi con una validità al 95%”.