“L’estate di un ghiro”: l’urgenza di vivere una breve vita a mille prima dell’inevitabile letargo
“Premio Montale – Fuori di Casa”, prezioso riconoscimento che solitamente si tiene nelle città dove Montale ha abitato, è stato assegnato per la prima volta a Venezia per ricordare il legame particolare che Montale e Byron ebbero con la nostra città. Ad aggiudicarselo è stato Vincenzo Patanè, il docente di Storia dell’Arte, giornalista, scrittore e critico cinematografico che, nel suo libro “L’estate di un ghiro“, ha saputo restituire l’interezza della vita e della poetica di Lord Byron.
«Questo premio significa molto per me – dice il professor Patanè, che per 30 anni ha insegnato al Liceo artistico di Venezia – Mi ripaga dei tanti sacrifici fatti e dà una maggiore compiutezza alla mia attività di scrittore. Ma soprattutto spero che da ora in poi, a Venezia, si parli di più di Byron e soprattutto con maggiore cognizione».
Lord Byron, il mito romantico, ribelle ed eccentrico
Quindi, chi era davvero Lord Byron? Soprattutto: che legame aveva con Venezia? Per ricostruire la personalità del poeta, Patanè ha attinto alle sue opere ma anche ai diari e alle lettere, molte delle quali inedite in Italia. Il libro si articola in trenta capitoli tematici e sei appendici che ripercorrono le tappe salienti della sua vita breve ma straordinariamente densa di eventi.
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Professore, perché un libro su Byron?
«Byron è da sempre la passione più grande della mia vita. Ha vissuto molti anni, dal novembre 1816 fino al luglio 1823, in Italia, una terra che ha amato e dove probabilmente avrebbe vissuto per sempre se non fosse andato in Grecia (dove è morto nel 1824) a lottare per l’indipendenza di quella nazione. Ciò nonostante, l’Italia si è dimostrata un po’ ingrata nei suoi confronti, tanto che mai nessun italiano ha scritto una sua biografia (ne esistono invece numerose nei paesi di lingua inglese). Mi è sembrato giusto scriverne una».
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Quando è nato il suo interesse per Byron?
«Da molto tempo, per la precisione da quando avevo 11 anni. Anche prima di conoscere la sua opera poetica, sono rimasto conquistato da un personaggio che è talmente interessante e avvincente che è possibile appassionarsi alla sua vita indipendentemente dalla sua poesia».
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Che legame ha Byron con Venezia?
«Byron ha vissuto a Venezia dal novembre 1816 al luglio 1819. Ha vissuto intensamente, come suo solito, colorando con la sua impagabile energia la vita cittadina, che si appassionò alle sue avventure. Le sue giornate furono scandite da ritmi rigorosi: l’apprendimento dell’armeno nell’isola di San Lazzaro degli Armeni (che raggiungeva in gondola e che gli offriva un grande senso di pace), gli incontri galanti, il nuoto, le cavalcate al Lido e poi – dopo gli inevitabili riti del teatro e dei rapporti sociali – finalmente la scrittura, complice anche l’insonnia. Nonostante il ritmo un po’ flemmatico della città, quegli anni furono da lui vissuti in maniera esasperata, fra dissolutezze ed eccessi. Non ci volle molto affinché le sue avventure amorose e la sua vita, scandita da ritmi frenetici e con una certa teatralità, diventassero di dominio pubblico. Così tutti, a cominciare dai ragazzini, furono curiosi di vedere ‘l’inglese pazzo’. I gondolieri poi diffondevano notizie su di lui, ingigantite ad arte, specie ai turisti più che mai avidi di conoscere le novità sulle ultime imprese del reprobo Lord. In particolare, destò curiosità il rapporto con la sua amante, la Fornarina, tanto che si scommetteva su quando si sarebbe visto del sangue tra i due».
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Ci racconta una curiosità su questo personaggio dai mille volti?
«A Venezia Byron si rese protagonista di molte stravaganze, come il nuotare vestito nel Canal Grande – emergendo dall’acqua a pochi centimetri dalle gondole e spaventando così le signore – oppure il tornare spesso di notte a nuoto a Palazzo Mocenigo, con una torcia accesa in mano. Ma la cosa più famosa fu la gara di nuoto, durata quattro ore, dal Lido fino all’imbocco opposto del Canal Grande, vinta nel giugno 1818, in cui sbaragliò i suoi tre avversari, che si arresero molto presto. A Venezia, in ricordo dell’evento, ci fu la Coppa Byron fino agli anni Cinquanta del secolo scorso».
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Cosa emerge di Byron uomo e scrittore dai suoi studi?
«Da un punto di vista letterario è tra i più grandi scrittori della letteratura inglese. Molte sue opere romantiche sono tuttora godibilissime (come Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, Manfred, Mazeppa e alcune poesie), anche se ora si apprezzano di più le opere satiriche, briose e facete, come il Don Giovanni, il Beppo nonché i diari e le lettere. Sul piano personale, viene fuori a chiare lettere la sua grande personalità, lacerata da contraddizioni talora stridenti ma anche incredibilmente umane. Si rimane conquistati dalla figura potente e dalla vita emozionante di un personaggio seducente come pochi grazie a qualità non comuni. Di lui emerge l’energia vitale, il coraggio, il narcisismo, il mettersi continuamente in discussione, la forza di sfidare l’opinione pubblica e soprattutto la sua personalità schietta e mai incline all’ipocrisia».
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Lord Byron dunque, chi è in sintesi?
«Fu un grande scrittore, che vantò una notorietà eccezionale come nessuno mai fino a quel momento – tranne alcuni personaggi politici. Byron ha tuttora molto da dirci. Molte sue caratteristiche appaiono infatti quanto mai attuali: l’amore e il rispetto per la natura e gli animali, la difesa della libertà delle nazioni e degli uomini, in particolare gli indifesi e i succubi, la condanna della guerra e l’odio per la tirannia, la passione per il viaggiare, la trasgressività, la sessualità aperta e disinibita, l’energia, la forza, il rifiuto dell’omologazione del pensiero».
“L’estate di un ghiro“, corredato da note e parecchie illustrazioni a colori e in bianco e nero, mette in luce la personalità seducente e carismatica del poeta.
Numerose pagine sono dedicate ai tanti amori di Byron, compresi quelli omosessuali, documentati anche nel poemetto anonimo Don Leon, a più riprese sequestrato per oscenità, incluso in una delle appendici del volume. Il titolo? E’ tratto da una pagina del diario “the summer of a dormouse”, il breve tempo a disposizione del roditore prima di cadere nel lungo letargo. Ad indicare l’urgenza di vivere la vita a pieno ritmo, senza fermarsi mai un istante.
Il mito senza tempo
Lord Byron (George Gordon Byron, Londra 1788 – Missolungi, Grecia 1824) evoca il mito romantico per eccellenza. Poeta ribelle, eccentrico, amante del rischio e dei viaggi. Innamorato dell’amore e della bellezza. Erede della tradizione illuminista, la sua vita attraversata da scandali ed eccessi contribuì a creare la sua fama di dandy aristocratico sprezzante della morale comune. Byron fu il più influente tra i poetici romantici inglesi. La sua poesia esprimeva “il male del secolo”, l’inquietudine, la malinconia, l’irrequietezza e lo spirito di ribellione. Ma fu anche uomo autoironico e satirico, soprattutto nelle opere appartenenti alla seconda fase della sua attività letteraria. Sicuramente un personaggio dal fascino senza tempo.
Il Pensiero, quando è vero, grande, supera il Tempo. L’uomo, lo scrittore, che fu Byron merita la memoria e ringrazio coloro che si prodigano a diffondere il suo mito.