Il Giallo Mondadori, nel 2019, ha compiuto 90 anni. E ha scelto il Centro Candiani di Mestre per presentare la mostra che ripercorre la storia della collana.
“Il Giallo fa 90” è il titolo dell’esposizione, organizzata dal Settore Cultura del Comune di Venezia in collaborazione con la libreria Mondadori, che costituisce uno dei principali appuntamenti organizzati in occasione dell’anniversario della pubblicazione che ha determinato il boom nel nostro Paese del genere mystery.
Un genere letterario che, non a caso, si chiama “giallo” solo in Italia, mutuando il nome dal colore scelto nel 1929 per le copertine della collana. Ma non è un caso nemmeno il fatto che, adesso, si sia scelta la nostra città per questa celebrazione. Perché a Venezia, tra autori e location, c’è un vero e proprio “fermento giallo”. Non solo nel centro storico ma nell’intera realtà metropolitana.
Il Giallo a Venezia: tutto cominciò nell’Ottocento
Il fenomeno della scelta di Venezia come scenario in cui ambientare un racconto letterario non è certo una novità degli ultimi anni. E, ovviamente, non si limita al genere poliziesco. Uno studio, pubblicato online sul blog “Europa e cultura elettronica”, cita ben 114 titoli di romanzi ambientati a Venezia usciti tra il 2009 e il 2013.
Ma, anche nello specifico settore del mystery, la tradizione è ultrasecolare. Anzi, si può parlare di un “giallo veneziano” per un libro che è più corretto inserire tra i precursori del genere. Wilkie Collins , ritenuto uno dei “padri” del giallo insieme ad Edgar Allan Poe, nel 1878 pubblicò (a puntate) il romanzo “The Haunted Hotel”.
Tradotto ben cinque volte in italiano, con i titoli “L’albergo stregato” e “L’albergo dei fantasmi”, è una storia che unisce al soprannaturale elementi tipici del successivo giallo ad enigma. Ed è ambientato prevalentemente in un antico palazzo veneziano ristrutturato che ospita un hotel.
Il giallo veneziano oggi
Facendo un salto di quasi un secolo e mezzo, sono veramente tanti i romanzi e i racconti a sfondo veneziano che sono stati editi negli ultimi anni. Talmente tanti che, mettiamo le mani avanti, rischiamo di dimenticare qualcuno. In molti casi, anche gli autori che li hanno scritti sono “nostrani”. Citando alcuni titoli, senza alcuna pretesa di essere esaustivi, nel 2019 sono usciti ad esempio “Giallo Venezia” di Nathan Marchetti, “L’alchimista di Venezia” di G.L. Barone, “Scarlatto veneziano” di Maria Luisa Minarelli, “Venezia 1902 – I delitti della fenice” di Davide Savelli.
E, ancora, la raccolta di racconti “Indagini nella Venezia Metropolitana” di Guido Vianello (che fa seguito a “I racconti del commissario Silvestri” del 2018) e “Sogno in nero” di Mauro Scarpa. Del 2018 è “Le ombre” di Federico Povoleri. Del 2016 “La bottega dello speziale – Venetia 1118 d.C.” di Roberto Tiraboschi. Del 2017 i due racconti di Giulio Barbarigo “Un cadavere di mezzo” e “Senza scarpe”, così come il terzo libro di Paolo Forcellini, “Feste di sangue”, pubblicato dopo “La tela del Doge” (2013) e “Serenissima vendetta” (2015).
I gialli tra storia e modernità
Tra i titoli che abbiamo citato, si evidenziano chiaramente due linee editoriali ben precise. Tendenze che si uniformano con l’evoluzione fatta registrare dal genere negli ultimi anni.
Da un lato c’è il giallo storico, declinato nelle forme più varie. Si va dalla Venezia medievale, alla Serenissima, fino a quella dell’inizio del XX secolo. La vicenda del già citato romanzo di Savelli si svolge, ad esempio, in concomitanza del crollo del campanile di San Marco. E, anzi, il racconto romanzato di come le autorità della città interpretarono i segnali provenienti dal “paron de casa” è molto più di un semplice sottofondo alla vicenda gialla vera e propria.
La seconda scelta di campo dei giallisti che ambientano le loro storie a Venezia è quella del cosiddetto “giallo sociale”. Anche se, ultimamente, il classico giallo ad enigma della Golden Age (quello “alla Agatha Christie”, per capirci) si sta creando nuove nicchie tra gli appassionati, è evidente che il thriller moderno si è sempre più orientato verso tematiche più concrete. La “deliziosa improbabilità” dei villaggi di campagna inglesi ha lasciato il posto prima al mondo dei gangster statunitensi. Poi, però, anche il cosiddetto “hard boiled” ha segnato il suo tempo. E si sono diffuse storie con sempre più ampie articolazioni legate alle moderne tecniche scientifiche di investigazione e ai nuovi equilibri sociali. Questo è successo anche nel “nostro” giallo.
Guido Vianello, scrittore “metropolitano”
I nomi più famosi, anche a livello internazionale, provenienti dall’area metropolitana allargata, sono sicuramente quelli del padovano Massimo Carlotto e di Fulvio Ervas, di Musile di Piave.
Ma non sono gli unici. Con i racconti del suo commissario Silvestri, il veneziano Guido Vianello è riuscito ad aggiungere novità a novità. Non solo le sue opere ricadono perfettamente all’interno delle moderne tendenze di genere, ma anche la sua lettura del territorio è in linea con le recenti evoluzioni dell’area veneziana.
«Con i miei racconti – spiega Vianello – non ho intenzione di limitarmi al centro storico, ma ho cercato un approccio metropolitano. Ritengo infatti che anche la parte della terraferma che si affaccia sulla Laguna abbia specificità comuni alla città d’acqua. È la Laguna stessa il baricentro di un’area socio-politica molto più ampia, con vicende che interessano tutti gli abitanti del territorio. Vale anche per l’illegalità».
Partendo da questo presupposto, nella seconda delle sue raccolte di racconti Vianello ha così ulteriormente allargato la nozione della Venezia metropolitana. Mantenendo il fil rouge della Laguna, uno dei racconti è così ambientato a Chioggia e un altro al Cavallino.
Il giallo sociale di Vianello
Da autore, Guido Vianello interpreta così l’evoluzione della narrativa gialla. «Oggi, il giallo si presenta come un genere molto indicato per leggere le contraddizioni del contesto sociale. Si sta sempre più uscendo dagli schematismi formali, per assumere contenuti un po’ diversi. Le esigenze del lettore moderno non sono più soddisfatte da un giallo classico ad enigma, ma si orientano alla ricerca di chiavi interpretative, di tipo narrativo, che lo aiutino a decifrare il contesto reale».
Ed è proprio da qui, dalla cronaca, che lo scrittore veneziano trae gli spunti. «Il mio collegamento alla realtà sono fatti criminali reali accaduti nel nostro territorio, a cui mi ispiro leggendo i reportage su Digos, Dia o Ministero degli Interni».
Ecco allora che Vianello va anche oltre narrativa strettamente gialla. «Più che considerarmi un autore di genere, ho utilizzato il genere per raccontare quel che volevo raccontare. Non sono un “giallista professionista”, ma ho provato un approccio diverso. Perché ritengo che raccontare la mia città attraverso la finzione giallistica possa coinvolgere maggiormente il lettore, visto che, alla fine, è sempre lui a scegliere cosa leggere e cosa no».
Da qui deriva anche la scelta della forma letteraria, all’interno dell’irrisolta (e irrisolvibile) querelle su quale sia, tra racconto e romanzo, la dimensione più adatta al giallo.
«Ho scelto il racconto, perché mi sembra che si presti di più a raccontare una realtà unita ma diversificata come quella veneziana. Nel raccontare le tante sfaccettature della Laguna, il romanzo mi avrebbe dato più ancoraggi, vincolato di più con il suo progetto narrativo più ampio».
Centro storico e storia di Venezia
Il giallo che sta sempre più prendendo piede tra gli autori del nostro territorio predilige però la città storica come ambientazione. «La Venezia d’acqua – commenta Vianello – si presta per sua natura a fare da sfondo. Ma bisogna stare attenti, nell’approcciarsi a questa città. Non bisogna mai commettere l’errore di strumentalizzarla, di utilizzarla come veicolo per arrivare all’interesse del pubblico. Io sono un veneziano che ha trascorso metà della vita in centro storico e metà in terraferma, per cui ho troppo rispetto per questa città per “usarla” in questa maniera sbagliata. Preferisco viverla da dentro, anche nelle mie storie, ma in forma non invasiva. Uno sfondo di riferimento, un’ispirazione come la Parigi di Maigret per Simenon. Che è Parigi e non è Parigi. Perché è riconoscibile, dal punto di vista umano e culturale, ma al tempo stesso ha una sua dimensione letteraria».
Come nella Torino di Fruttero e Lucentini o della da poco riscoperta Gianna Baltaro, la letteratura gialla offre nel contempo la possibilità di consegnare alla memoria una fotografia molto tradizionale di una città che c’è stata e non c’è più o che c’è e in futuro, forse, non ci sarà. È il senso che si può trovare anche alla base del boom del giallo storico. «Come amante della storia, oltre che della mia città – ammette in conclusione Vianello – quella di scrivere un giallo storico è una mia grande tentazione. Gli ambienti della Serenissima, personaggi come Casanova e Marco Polo hanno una loro indubbia attrattività ».
Il caso Donna Leon
A Venezia, poi, è legato un fenomeno del tutto particolare, nella narrativa di genere. Si potrebbe quasi parlare di un “giallo nel giallo”, per il caso di Donna Leon. La scrittrice, nata 77 anni fa nel New Jersey, vive a Venezia dal 1981. La sua serie del commissario Brunetti, che conta 26 titoli dal 1992 al 2017, è ambientata nella nostra città. “Acqua Alta”, “Death at La Fenice”, “The Anonymous Venetian”, “A Venetian Reckoning” sono titoli che non lasciano dubbi. Così come le copertine, che riproducono non solo l’Area marciana, ma anche dettagli come la colonna del Todaro, ponti tipicamente veneziani, profili di gondole e leoni di San Marco.
Donna Leon scrive in inglese ed è tradotta in 23 lingue. Ma, per scelta della stessa autrice, non in italiano. Il commissario Brunetti è famosissimo soprattutto in Germania e, spesso, turisti tedeschi si sono sorpresi di non trovare i libri della Leon nelle librerie della città. Ma sono soprattutto i lettori italiani, e i giallofili in particolare, a risentire di questa scelta. Ancor più se si tratta di lettori veneziani, visto che gli spaccati di vita e della città racchiusi nelle pagine della scrittrice statunitense non sono solo quelli “da cartolina”, ma si addentrano in quella “Venezia nascosta” nota solo a chi la vive quotidianamente.
Il premio di scrittura “Giallo al Candiani”
In occasione dell’inaugurazione della mostra “Il Giallo fa 90”, gli organizzatori hanno lanciato il premio di scrittura “Giallo al Candiani”. Sulla base di indizi precisi e circostanziati, è stato chiesto ai potenziali partecipanti di scrivere un racconto giallo di massimo 6000 battute. Nonostante l’iniziativa sia stata pubblicizzata solo ai visitatori dell’esposizione, la risposta degli scrittori in erba è stata buona e qualitativamente di buon livello. Tant’è che, proprio in considerazione della bontà degli scritti arrivati, per stimolare gli scrittori locali, c’è tutta l’intenzione di riproporre il concorso anche nei prossimi anni. Magari all’interno di Mesthriller, la rassegna che, da qualche anno, porta in città importanti scrittori di settore a presentare i propri libri nel corso di incontri con il pubblico.
Un’iniziativa, il premio, che è nata quasi per caso, riuscendo a trasformare un evento negativo (una vetrata del Candiani misteriosamente sfondata nella notte) nello spunto per qualcosa di positivo e produttivo. «È merito degli organizzatori – ammette Valerio Varesi, scrittore di gialli e giornalista di Repubblica, che ha presieduto la giuria – aver colto le potenzialità “noir” di questo accidente». Tra i vari elaborati, ne sono stati selezionati 4, tra i quali Varesi ha scelto il vincitore. «L’ambientazione è molto locale e si capisce bene che si parla di Mestre, Venezia e del Veneto. Tutti i partecipanti hanno usato il classico meccanismo dell’incastro ad enigma, in stile Agatha Christie, probabilmente anche perché, in un racconto così breve, è difficile parlare di altro».
Lo sguardo esterno dell’esperto
Varesi è nato a Torino e vive in Emilia Romagna. Ma, pur con una prospettiva esterna, conosce bene il fermento giallistico della Venezia metropolitana e dell’intero Nord-Est. «Non devo certo presentare io uno scrittore come Carlotto. Che non è però l’unico autore di un noir moderno nel quale mi riconosco, scrivendo anch’io storie di questo tipo. Con i gialli attuali, il romanzo a indagine entra nella realtà e ne sviscera i contenuti, svelando le contraddizioni del nostro mondo».
In questo contesto, Venezia diventa «luogo letterario per antonomasia, con le sue calli e le sue ombre, che si prestano molto a una storia di questo genere». Una Venezia, anche per Varesi, da intendere in senso metropolitano. «Il Veneto è una terra in cui il benessere è arrivato in tempi relativamente recenti. Rispetto al classico triangolo Milano-Torino-Genova, il baricentro economico del nord Italia si è spostato tra Milano, Venezia, Verona e Bologna. Ma questo ha comportato anche l’arrivo di situazioni non legali, come la criminalità organizzata, le connessioni rischiose e gli intrecci corruttivi tra economia e politica». Terreno fertile, insomma, per un giallista moderno. «Questo tessuto sociale ed economico molto interconnesso – conclude Varesi – si presta molto a essere scandagliato con lo strumento giallo-noir, alquanto efficace in tale prospettiva. E l’entroterra veneziano offre così spunti aggiuntivi a quelli classici della città storica».
La mostra al Candiani
Il successo dell’esposizione al Candiani ha spinto a prorogare di una settimana l’apertura al pubblico. Inaugurata il 30 novembre 2019, “Il Giallo fa 90” propone anche pezzi storici della Fondazione Mondadori, a disposizione dei visitatori (dalle 16 alle 20, ingresso libero) fino a domenica 2 febbraio 2020, quando si terrà il finissage (inizio alle 17.30). Nell’occasione, sarà svelato il nome del vincitore del premio di scrittura e l’opera vincitrice sarà letta dall’associazione “Voci di carta”.
L’evento conclusivo sarà però aperto dalla presentazione dell’ultimo lavoro di Michele Catozzi, “Marea Tossica”. Un romanzo perfettamente in linea con le tendenze noir più recenti: all’indagine del commissario Aldani si intreccia il racconto dell’industrializzazione del Nord-est, tra sofferenze degli operai e ricadute sull’ambiente.
Catozzi, mestrino doc, è uno dei tanti esempi di successo della “Venezia del Giallo”.