I porti veneti, Venezia e Chioggia, sono una realtà fondamentale per l’economia locale e dell’intero Paese. L’impatto del nostro sistema portuale Veneto è infatti di 21 miliardi di euro, con oltre 92.000 occupati.
Lo evidenzia uno studio innovativo sulle ricadute dirette e indirette dei nostri scali sul sistema economico regionale e italiano.
A realizzarlo e illustrarlo, in un convegno a Porto Marghera, Autorità Portuale e Camera di Commercio. “Questo studio rappresenta la base scientifica per affermare che il sistema portuale veneto, per valore economico-produttivo e per ricadute occupazionali, è un patrimonio di rilevanza nazionale”, ha commentato il presidente dell’Autorità, Pino Musolino.
I numeri
Dall’analisi effettuata sul tessuto produttivo emerge che le aziende direttamente coinvolte dalle attività portuali sono 1.260 a Venezia e 322 a Chioggia.
Gli addetti sono 21.175, che diventano 92.284 comprendendo anche l’indotto.
Di questi, il 61% opera in ambito metropolitano, il 13% nel resto della regione e il 26% nel resto d’Italia.
Il valore di produzione diretto sviluppato dalle aziende coinvolte è pari a 6,6 miliardi di euro, pari al 27% dell’economia comunale e al 13% di quella metropolitana.
Con l’indotto, si arriva a 21 miliardi di euro di produzione ricollegabile al sistema portuale.
Ovvero 11,7 miliardi di produzione diretta, 7 miliardi di produzione indiretta e 2,3 miliardi di indotto.
Circa 10,6 miliardi della produzione totale rimangono nella città metropolitana, 3,9 nel resto del Veneto e i rimanenti 6,4 nel resto del Paese.
A conferma che il sistema portuale è aperto e interconnesso col sistema economico generale italiano, il fatto che le principali ricadute economiche indirette e indotte vanno a beneficio di altri territori.
Un sistema portuale “multipurpose”
I porti di Venezia e Chioggia si confermano tra i leader italiani per diversi aspetti.
Venezia, con 1,56 milioni di passeggeri movimentati, è il primo homeport nazionale per le crociere.
Chioggia, invece, è seconda solo alla siciliana Mazara del Vallo nel settore della pesca, con 16,788 tonnellate di pescato e oltre 5.500 tonnellate di stazza complessiva della flotta peschereccia. Come scalo mercantile, Venezia è invece al settimo posto in Italia con oltre 26 milioni di tonnellate di merci movimentate.
Gli studiosi, riferendosi al sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale, parlano dunque di una spiccata vocazione di porti multi-purpose. Porti, cioè, dove nessun ambito prevale sull’altro in modo rilevante e dove la filiera agroalimentare si affianca a quelle siderurgica, chimica, energetica, commerciale, turistica e a quella della pesca.
Una flessibilità da leggere come valore aggiunto rilevante: i nostri scali, infatti, sono in grado di fronteggiare i cambiamenti repentini e imprevedibili dell’economia. E questo si traduce in un sostegno alla crescita del territorio e delle sue imprese.
Un “protocollo sedimenti” per il futuro dei porti
Anche per questo, la funzionalità dei nostri scali va garantita, includendo il sistema portuale all’interno delle future scelte strategiche, infrastrutturali ed economiche. In caso contrario, ne deriverebbero importanti danni per l’intera economia dell’area e dell’intero Veneto. Lo studio “L’impatto economico e sociale del sistema portuale veneto”, innovativo nella metodologia, si propone così di fornire al decisore politico un mezzo per aiutarlo a definire strategie di sviluppo che garantiscano i migliori risultati possibili in termini economici e occupazionali. Un supporto, nel contempo, per definire le priorità infrastrutturali e l’allocazione dei fondi disponibili.
Nel convegno alla Heritage Tower, il presidente della Camerta di Commercio di Venezia e Rovigo, Giuseppe Fedalto, ha ricordato le possibilità che deriverebbero dall’isituzione della Zona Logistica Semplificata. Ma, in parallelo, va ricordato che servono anche interventi fisici, oltre che legislativi, per continuare a garantire l’accessibilità portuale.
“Il porto di Venezia è motore economico non solo del nostro territorio, ma anche del Veneto e dell’intera Italia – ha commentato l’assessore comunale allo Sviluppo economico del Territorio, Simone Venturini – Oggi però è minacciato non solo il suo presente, ma anche il suo futuro, per le mancate scelte dei governi attuali e precedenti: speriamo che ‘Roma’ prenda decisioni ormai non più rinviabili, a cominciare dallo scavo dei canali. Non esistono ‘piani B’: un porto non può operare senza navi, e le merci devono comunque arrivare qua. Sviluppando il porto, in tutte le sue realtà (merci, passeggeri, pesca, stazione marittima) si creano i presupposti per nuovi posti di lavoro e per continuare l’opera di disinquinamento di altre aree di Marghera”.
Tra le questioni importanti, il nuovo “protocollo sedimenti” che sembra finalmente in dirittura d’arrivo per sostituire il vecchio “protocollo fanghi” del 1993. Nel documento ancora in atto, solo il 3% del materiale scavato può essere utilizzato in Laguna. Parlando di “sedimenti”, la percentuale si eleverebbe di molto. Al proposito, il tavolo tecnico governativo si è chiuso qualche giorno fa. L’iter prevede ora il passaggio all’Istituto superiore di Sanità per il necessario parere e poi, dopo circa un paio di settimane, si potrà finalmente arrivare ai decreti attuativi dei due Ministeri.