Se Venezia è così ricca di opere, variegata nei suoi contenuti, importante, se Venezia è così unica, artisticamente parlando, lo deve a tutte le figure che hanno contribuito alla sua grandezza: artisti, poeti, compositori.
Tuttavia, spesso dimentichiamo di citare tutti coloro che, lavorando dietro le quinte, senza firmate tele o spartiti, hanno reso possibile tutto questo: i collezionisti.
Uomini e donne che hanno messo la loro fortuna economica a disposizione dei posteri, raccogliendo, ristrutturando e rendendo fruibili, opere d’arte e palazzi della città. Venezia ne conosce più di uno: la Dogaressa, Peggy Guggenheim, tanto amata dagli artisti contemporanei; il venezianissimo Teodoro Correr, che salvò un patrimonio unico destinato ad essere perso; e il torinese Giorgio Gioacchino Franchetti.
Quest’ultimo non si limitò a raccogliere le opere d’arte di suo interesse per esporle ma ricreò un ambiente filologico per ospitarle, dando nuova vita a uno dei palazzi veneziani più belli del Canal Grande: Ca’ d’Oro. Fu la sua residenza fino alla morte, nel 1922.
I Collezionisti di Venezia
La storia ci insegna che le vite di chi si addentra nel mondo dell’arte, spesso, non sono lineari, né semplici. I collezionisti e i mecenati di Venezia non fecero certo eccezione. Peggy Guggenheim ebbe svariate crisi familiari, Correr rincorse per tutta la vita le opere che il periodo napoleonico aveva disperso, Giorgio Franchetti morì suicida a 57 anni dopo essersi sparato nel proprio letto.
Era figlio di imprenditori di origine ebraica che avevano fatto fortuna nelle campagne risorgimentali. Laureato e sposato a una baronessa tedesca, viaggiò molto prima di decidere di fermarsi a Venezia.
A fine Ottocento acquistò Ca’ d’Oro, meraviglioso palazzo sul Canal Grande ed esempio di architettura quattrocentesca veneziana come pochi. L’ edificio aveva vissuto periodi più floridi e, nonostante il suo nome, che ricorda come, in origine, alcune parti della facciata fossero ricoperte con finiture in oro, versava in uno stato di logorio.
Ma Giorgio Franchetti se ne innamorò e, dopo averlo acquistato, lo restaurò, per eleggervi la propria dimora. Vi morì anche, non prima di averlo donato allo Stato italiano. Oggi porta il nome di Galleria Franchetti.
Giorgio Franchetti, il barone collezionista
Giorgio Franchetti ai posteri non ha lasciato solo il suo palazzo ma anche la sua rara collezione, perfetto mosaico di arte veneziana che illustra i passaggi storici tra un periodo artistico e l’altro.
La Statuaria risulta eterogenea e completa: opere classiche, neoclassiche, medioevali, in marmo, bronzo e pietra.
La collezione pittorica raccoglie il meglio della pittura veneziana.
Dal San Sebastiano dipinto da Mantegna nel 1506 (circa), a cui è stato dato una nicchia tutta sua, alle immancabili vedute di Guardi.
Di molte opere si identifica facilmente la provenienza o il luogo di originaria collocazione.
La Giuditta di Tiziano, proveniente dall’apparato di affreschi realizzati da Giorgione per il Fondaco dei Tedeschi, che decretò l’inizio delle ostilità tra I due artisti.
Oppure le Storie della Vergine di Carpaccio giunte dalla soppressa Scuola degli Albanesi.
Può sembrare un museo di arte veneziana comune ma la scelta dei pezzi fa capire con quanta cura e dedizione il barone Franchetti abbia lavorato per mettere insieme tanta bellezza.
Ca’ d’Oro e lo splendore del tardogotico
Le statue classiche sono state collocate nel cortile di Ca’ d’Oro, che resta uno tra i più suggestivi e curiosi palazzi della città. Forse non tutti sanno che, proprio dal cortile, si accede a un “passaggio segreto” che conduce alla calle vicina. Ripreso in diversi film, tra cui “Venezia, la luna e tu” di Alberto Sordi, questo passaggio spiega bene il mondo della ricchezza, della leggerezza, della segretezza della Venezia di un tempo.
Quello della Ca’ d’Oro è un edificio che meriterebbe uno sguardo anche solo per i suoi muri e per i suoi dettagli e che possiamo immaginare dorato e splendente, come doveva essere inizialmente.