“Credevo che il giorno dopo aver ascoltato la mia opera i veneziani mi avrebbero trattato da pazzo: adesso sono tranquillo, i veneziani sono più pazzi di me”.
Anno 1813.
Autore: Gioachino Rossini.
A più di 200 anni di distanza il commento del celebre musicista, che pazzo non era ma di genio ne aveva da vendere, potrebbe essere lo stesso.
Perché le sue opere continuano a trovare favore di pubblico e critica a Venezia e perché se ne traggono sempre dei capolavori.
L’ultimo successo, nell’ambito della programmazione per il Carnevale del Teatro La Fenice di Venezia, è L’italiana in Algeri, dramma giocoso in due atti proposto con la regia di Bepi Morassi, scene di Massimo Checchetto, light design di Vilmo Furian, e direzione musicale di Giancarlo Andretta alla testa dell’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice.
L’ italiana in Algeri
Rossini aveva appena 21 anni quando compose la musica di questo dramma giocoso tratto dal testo di Angelo Anelli e che si ispirava a un fatto di cronaca accaduto nel 1805.
La milanese Antonietta Frapolli fu rapita dai corsari e portata nell’ harem del Bey di Algeri Mustafà -ibn-Ibrahim, riuscendo infine a ritornare in Italia.
Messa in scena per la prima volta al Teatro San Benedetto di Venezia, l’opera ebbe un successo strepitoso e per tutto il 1800 continuò ad essere proposta nei migliori teatri lirici europei.
Della nuova messa in scena veneziana de “L’italiana in Algeri” Metropolitano.it ha voluto seguire la genesi, assistendo un po’ a ciò che accade dietro le quinte prima che alla Fenice si apra il sipario.
Lo sciopero che ha fatto saltare la prima il 24 febbraio è stato solo uno dei tanti colpi di scena e forse, vista l’agitazione sindacale in corso, il più scontato. In realtà il meglio è venuto prima e dopo, durante la frenesia dei preparativi e la perfezione dell’esecuzione che ne ha decretato, ancora una volta, il successo.
Un’ ottima stagione
“Questa stagione sta andando bene. Abbiamo avuto un buon responso di pubblico e di critica ma soprattutto vediamo la fiducia che il pubblico ci dà per le cose che dobbiamo ancora fare -ha commentato il Sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Fortunato Ortombina- Registriamo un’affezione sempre crescente del pubblico veneto prima di tutto ma anche di un pubblico italiano in crescita rispetto agli altri anni. Infine, c’è il pubblico di tutto il mondo, che si fidelizza sempre di più a questo luogo magnifico che è la Fenice. Questo teatro è fantastico ma la cosa più bella qui è l’acustica, è come si ascolta la musica e come si vedono gli interpreti dalla sala”.
Quindi il Modello Fenice funziona?
“Direi di sì. Combinare l’idea della stagione, come una volta si faceva con un gruppo di otto, nove titoli nuovi e un balletto insieme a un’idea di repertorio, quindi di una serie di opere che si ripetono, trova ampio riscontro –ha confermato Ortombina- La commistione tra il vecchio sistema all’italiana e il sistema di repertorio alla tedesca per una città come la nostra è la combinazione più favorevole perché ci consente di espletare la nostra missione. Noi siamo un servizio pubblico e quindi dobbiamo essere in grado di proporre al pubblico l’offerta culturalmente più completa e varia.”
Come nasce un’opera?
Metropolitano.it l’ha scoperto frequentando il
dietro le quinte de
“L’italiana in Algeri”.
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Macchinisti e carpentieri al lavoro poco prima delle prove generali de “L’Italiana in Algeri” di Gioachino Rossini. Teatro La Fenice di Venezia. © Andrea MEROLA