Provate a immaginare Wall Street senza Goldman Sachs, senza Merrill Lynch, senza Morgan Stanley.
Non sarebbe più Wall Street, non sarebbe più il centro finanziario globale.
Come con una macchina del tempo, è questa la sintesi del ragionamento che fa Gino Mascari sull’epoca d’oro di Rialto, intesa come area allargata non solo di commercio e scambi mercantili, ma anche di banchi di prestito, di assicurazioni, di orefici e produttori di tessuti pregiati, di armatori.
Conclusione: “Se Rialto muore è una sconfitta per tutta la città e per la sua storia”.
IL PROGETTO
Gino Mascari è un commerciante, l’ultimo speziere rimasto a Venezia, e con pragmatismo rappresenta la sua categoria in seno al Comitato campo Rialto Novo che venerdì ha presentato alla cittadinanza, nella cornice ufficiale dell’Ateneo Veneto, il progetto di rivitalizzazione dell’intera area realtina e del recupero e utilizzo delle logge della Pescheria con destinazione museale.
“Stiamo lavorando sull‘idea di un museo di Venezia, della sua storia millenaria di commerci e scambi internazionali -spiega Gabriella Giaretta, presidente del Comitato-
Gli spazi ci sono, la voglia di impegnarsi pure, studi e analisi non mancano e il sindaco, anche nel nostro recente incontro si è detto entusiasta dell’idea”.
Per il momento a sostenere l’iniziativa ci sono oltre quattromila firme di cittadini, ma anche di “foresti” che non vogliono vedere Rialto dissanguata dal turismo mordi-e-fuggi, dai precari numeri della residenzialità residua, dalle speculazioni più o meno note (di pochi giorni fa la scoperta di un “dormificio” per turisti asiatici a Dorsoduro).
Una febbre misurata da un termometro che non sbaglia: in questo caso dal sempre più veloce declino dello storico mercato del pesce al minuto e di quello di frutta e verdura.
Certo, insigni docenti (Donatella Calabi dello Iauv e Luca Molà della WarwickUniversity) ed eccellenti architetti (Luciano Claut, che tra l’altro ha firmato il restauro di San Giorgio) partono dal dato storico e “intellettuale” per raggiungere il traguardo del Museo.
“ Ma la strada è stretta e tempo per invertire la direzione non ne abbiamo più” avverte allarmato Andrea Vio, portavoce dei pochi pescivendoli rimasti sotto le due famose logge del mercato.
I COSTI
Infatti, la strada per il museo è bellissima ma tutta in salita a cominciare dai costi.
Dati alla mano, l’ipotesi ottimistica portata dallo stesso Comitato è di 7 milioni di euro. Che facilmente possono arrivare a 10, si è spinto ad immaginare Claut.
Ma è il mercato che sta morendo, ed ecco la provocazione-WallStreet di Mascari.
LA SITUAZIONE
I numeri sono impietosi. Da inizio 2019 hanno chiuso altre due rivendite di pesce.
Sotto la loggia affacciata sul Canal Grande operano ormai fra mille difficoltà solo 2 banchi; sotto quella lunga sono ormai in quattro. Fine.
“Ancora a fine anni ‘80 eravamo in 18. Certo c’erano più veneziani, ma tutta Rialto era ancora in grande fermento e non per i soli turisti che andavano e venivano”, sottolinea Vio.
Oggi, mette in guardia un “frutariol” di Sant’Erasmo, di veri veneziani siamo rimasti in 3.
“Questa è l’ultima generazione che a Venezia vedrà un mercato del pesce e banchi ortofrutta” scandisce Vio che assieme a Mascari ripropone la soluzione già adottata in altre realtà (a Firenze nei mercati di San Lorenzo e di Sant’Ambrogio, alla Boqueria di Barcellona, in quello del pesce nel quartiere di Altona ad Amburgo) cioè dello streetfood a km zero per lo più con i prodotti in vendita nei banchi (quindi non orrendi take away che nessuno vuole).
Potrebbe essere un punto di raccordo e interscambio con il più ambizioso progetto museale: 1100 metri quadrati “preziosi” (aperti alla ristorazione tipica e ad eventi) che vanno salvaguardati e tutelati attraverso “la riqualificazione del mercato e la riappropriazione dell’intera area realtina” osserva Calabi. Due anime della stessa realtà che in attesa del concretizzarsi della cordata di investitori e donatori tra cui pare anche alcuni soggetti americani, potrebbe ispirarsi al modernissimo (inaugurato nel 2015) e unico ”HanseMuseum” di Lubecca. Tra le due città ci sono molti punti in comune in forza dei quali potrebbe aprirsi una “rotta” per un solido gemellaggio.
Sarebbe un sogno!! Riqualificazione del mercato, Street food di prodotti tipici un centro aggregativo!! Avanti tutta ragazzi!!