L’esempio di Salvatore Coco: superare le difficoltà con la forza della volontà e della fede
Crescere due figli. Lavorare come sviluppatore-analista che si occupa di software in un’azienda all’avanguardia come Venis (tra l’altro informatizzando, partendo da zero, il sistema della pubblica istruzione, asili nido e scuole dell’infanzia). Dare (con ottimi risultati per i suoi allievi) ripetizioni di matematica e fisica. Prendere le redini di un’associazione importante come l’Aism del Lido di Venezia e curarne le varie iniziative. Organizzare i pellegrinaggi alla Madonna della Salute per i malati. Comporre musica e suonare l’organo in chiesa (pur senza saper leggere una nota!). Cimentarsi con la vela. Imparare a guidare l’auto “con le mani”, prendendo una patente speciale, e rendersi così il più indipendente possibile, anche per coltivare il proprio amore enorme per la montagna. (E, sicuramente, qualcosa ci è sfuggito…).
Diteci chi, tra voi lettori, riesce a inserire, nella propria vita tutte queste attività. Eppure c’è chi lo fa. Ed è una persona che, lo scorso 26 febbraio, ha “festeggiato” (e usiamo volutamente questo termine apparentemente contraddittorio) i dieci anni nel mondo della disabilità. Disabilità al 100%. Disabilità pesante, limitante in maniera potenzialmente gravissima anche in quelle che sono le più semplici attività quotidiane. E disabilità accompagnata per di più, a livello familiare, da una serie di tragici avvenimenti, che non vogliamo ricordare qui (perché il protagonista di queste righe è tutt’altro che uno che si piange addosso), ma in grado di destabilizzare anche la più solida delle persone tradizionalmente considerate “normali”. Già da queste poche righe, si capisce che Salvatore Coco è “oltre” la “normalità”. “Straordinariamente normale”, lo si potrebbe definire. Perché Salvatore riesce a vivere, nonostante la sua disabilità, una vita quanto più simile a quella di coloro che non si trovano a fronteggiare i limiti che gli impone la malattia. Ma una vita che può, al tempo stesso, risultare straordinaria. Lo fa prima di tutto con la forza di una grandissima fede in Dio, che gli ha permesso di trovare, anche nella sua malattia, anche nelle sue sciagure, la capacità di cambiare le regole del gioco che il destino beffardo sembrava aver scritto per lui. «L’amico GianAndrea Seguso – sottolinea Salvatore, citando un commento al suo post su Facebook per ricordare il decennale di quando la malattia ha preso il sopravvento – ha scritto: “Sei riuscito non solo a tenere i tanti colpi della vita, ma ti sei ricostruito restando sensibile alle opportunità della vita senza perdere la tua stupenda umanità”. Ecco: queste parole mi riassumono perfettamente».
«Il mio cervello è una sorta di multiprocessore che viaggia, ma che mi tiene vivo. Parlando con il neuropsicologo che mi segue, mi ha detto che è proprio l’aver iniziato a fare ripetizioni e l’aver continuato a studiare, tenendo così sempre attivo il mio cervello, il segreto che mi ha aiutato ad andare avanti». Così Salvatore, pur lavorando prevalentemente da casa, ci tiene ad andare una volta a settimana nella sede di Venis, organizzando in quella giornata tutte le attività che può svolgere solo in ufficio. E, pur potendo sfruttare il servizio di mobilità all’interno del territorio comunale Sanitrans (che il Comune di Venezia mette a disposizione dei disabili al 100% con accompagno), lui lo utilizza solo dove non ha alternative: «A Mestre mi arrangio con la mia macchina, che sono tornato a poter guidare dopo aver conseguito la patente speciale».
Insomma: Salvatore, nelle sue sfortune, è riuscito a diventare un esempio vivente. Per tutti, non solo per i disabili. «Il messaggio che mi sento di lanciare è di non perdere mai la speranza, di guardare avanti, cercando sempre il bicchiere mezzo pieno: le strade si possono trovare, anche se sei alle prese con qualcosa che sembra più grande di te».