Con oltre 40.000 volumi, Italo Calzavara propone a Mirano la sua biblioteca allestita nella stanza delle assemblee del condominio
In fila indiana sugli scaffali, impilati sopra panche di legno, appisolati agli angoli delle scrivanie o affacciati dalle mensole che sfiorano il soffitto. Ce ne sono praticamente dappertutto. «Non so più dove metterli» confessa Italo Calzavara mentre gira la chiave nella serratura. Sulla porta, che intanto si schiude, c’è un cartello che recita: Centro promozione lettura “via Don Minzoni”. È la biblioteca che Italo ha allestito ormai 13 anni fa nella sala riunioni del condominio “Amerigo Vespucci” di via Don Minzoni, a Mirano, al civico 38/bis.
«Volevo portare l’amore per i libri e per la cultura tra gli abitanti del mio quartiere. Ci sono quasi quattromila volumi» dice orgoglioso. E con lo sguardo fa come per accarezzarli.
«L’idea mi è venuta – racconta Italo, classe 1940, ex ferroviere in pensione dal 1996 – verso la fine degli anni Novanta. All’inizio non sapevo bene come fare, ma ci sono riuscito. Perché quando mi metto in testa una cosa poi devo farla. Era il 2005. Ho iniziato ad allestire questa stanza, che è la stanza condominiale adibita alle assemblee, con una manciata di scaffali. Mi sono detto: “Basteranno, sono anche troppi”. Appena cominciato, ho scritto a 99 case editrici di tutta Italia per chiedere se avevano libri da regalare e qualcuna ha risposto. La Biblioteca di Mirano ha donato i titoli che aveva doppi, le sedie invece sono del Comune. Molti libri sono arrivati anche da privati cittadini. Poi si sono aggiunte oltre 350 videocassette, che ho sistemato in ordine alfabetico allegando a ciascuna una scheda, e quasi mille cd, che erano di un appassionato di musica sinfonica scomparso qualche anno fa. Un po’ alla volta, ho dovuto procurare altri ripiani, ne ho costruiti io stesso e ho preso una scala per quelli più in alto. Senza contare le enciclopedie, i volumi registrati e catalogati ad oggi sono quasi quattromila, ma ce ne sono tanti ancora senza etichetta, perché continuano ad arrivare».
Perché una biblioteca di quartiere? «Nella mia famiglia siamo grandi lettori, mia moglie finché ha potuto ha divorato libri a decine. Vede tutti quei gialli lassù? Erano i suoi. Leggevo molto anch’io, ora meno perché non ho tempo. Abito in questo quartiere da quasi 40 anni. Ho pensato che una biblioteca potesse arricchirlo. Mi sono reso conto, però, che trasmettere l’importanza della lettura non è facile. Sono molte le persone che mi hanno ringraziato per questa iniziativa, ma la biblioteca purtroppo è poco frequentata. Qualcuno viene, mi chiede un libro, firma il registro dei prestiti, lo legge, poi lo riporta. Ma sono sempre i soliti, perlopiù inquilini del condominio o dei palazzi vicini».
Quanto impegno richiede gestirla? «Le cose da fare non mancano. Per la classificazione dei volumi consulto il sito della Biblioteca Nazionale, è un lavoro che faccio da casa. Ogni libro è catalogato secondo il sistema Dewey e ha la sua etichetta, che compilo e stampo. Questo è il posto – Calzavara indica con il dito la parete che ha alle spalle – della narrativa americana, i libri di religione invece vanno dall’altra parte. Nel computer ho un file Excel con l’inventario dei libri registrati: storia, filosofia, testi per i più piccoli, economia. C’è tutto. La biblioteca è aperta i lunedì (14 -15.30). Fosse per me starei sempre qui, ma in casa c’è bisogno di una mano. Se solo avessi qualche giovane di buona volontà ad aiutarmi, potrei tenere più aperto» sospira. Poi aggiunge: «Finché la mente mi sostiene, io vado avanti».(V.R.)