Nel libro di Pittarello l’evoluzione della città di terraferma, tra scelte sbagliate e altre che invece guardano al futuro
Quello che è ora un parcheggio doveva essere, nelle intenzioni, il polmone verde di Mestre. Lo “scempio” di Parco Ponci avvenne la notte di Capodanno del 1947, quando tutti gli alberi del boschetto vennero rasi al suolo per far posto ad un’ipotetica area residenziale che poi non è mai nata.
Da questo episodio parte il racconto de “Il sacco bello”, il nuovo libro del giornalista Stefano Pittarello, che, tra fatti reali e situazioni verosimili, racconta l’evoluzione della storia di Mestre nell’ultimo secolo. Una città che, come scrive nel libro: “È giovane e antica al tempo stesso… in cui il futuro non aveva più bisogno del suo passato”.
«Ho raccolto piccoli e grandi fatti che, messi in fila come una collana di perle, tracciano la storia di Mestre e soprattutto di tante scelte sbagliate che ci si augura non si ripetano in futuro. Parco Ponci, ma anche Villa Erizzo, dovevano essere appunto il cuore verde di questa città e invece, grazie anche alla “disattenzione” del mondo politico, sono stati i primi ad essere cancellati nel dopoguerra, quando è iniziata la cementificazione del territorio. Una situazione certo non solo locale, ma che qui appare più che evidente. Mestre era un borgo, non era scritto che dovesse diventare una grande città; poi con la ferrovia, la costruzione di Porto Marghera, si è creata la necessità di dare ospitalità a tutta questa gente e lì si è iniziato a costruire e soprattutto a distruggere per costruire».
Il filo rosso del libro è la vita di Tano Zorzi, versione un po’ romanzata della vita di Gaetano Zorzetto, figura fondamentale nella storia recente di Mestre, ex assessore all’Ecologia e prosindaco di Mestre, scomparso nel 1995. «Ci sono alcune cose nella vita di Tano che non fanno parte della storia di Zorzetto, come ad esempio il nonno che costruì il Canale di Panama; ma molti altri fatti sono reali e attraverso queste esperienze ho voluto raccontare anche uno dei momenti più importanti della storia della città: il “sacco bello”. Un sacco questa volta positivo, quello della realizzazione di una “cintura verde” attorno alla città, del Bosco di Mestre e del Parco di San Giuliano, che Zorzetto non vedrà ultimato ma alla cui realizzazione diede certamente un forte stimolo. Una grande opera che Zorzetto vedeva comunque in una visione globale, che accomunava la città di terra e quella d’acqua».
Queste opere sono anche un simbolo di un momento fervido di Mestre, gli anni Novanta, con una forte spinta a trovare la propria identità, autonoma e complementare a quella della città storica. «Era il momento in cui diventava adulta la generazione del dopo boom economico, la prima generazione davvero mestrina, che sentiva fortemente il senso di appartenenza: basti pensare al derby nel basket, ad esempio. La città ora è molto differente, ci sono tanti immigrati che ovviamente non hanno questo senso di appartenenza. Non dobbiamo comunque guardare troppo al passato, ma certamente dobbiamo farne tesoro, cercando di pianificare le cose anche in prospettiva. Nel libro si racconta ad esempio di quando a Mestre arrivò la Coppa Davis in un impianto, quello di via Olimpia, che era già nato piccolo viste le oggettive peculiarità di quell’area. Stiamo vivendo un momento magico dello sport veneziano, con la Reyer campione d’Italia, il Venezia tornato ai primi posti della serie B e il Mestre in serie C ed è il momento di pianificare finalmente delle nuove strutture sportive. L’auspicio è che stavolta non si guardi solamente alla soluzione immediata, ma ad una scelta che guarda verso il futuro della città».