Stabile del Veneto e Fenice continuano lo sviluppo attenti alla qualità dell’offerta
Il Teatro Stabile del Veneto e La Fenice sono due grandi realtà, conosciute sia a livello nazionale, sia internazionale. Ma questo non basta: come enti di produzione culturale devono necessariamente essere virtuosi, creando ogni anno dei palinsesti piacevoli ma di spessore, classici ma contemporanei, coinvolgendo attori di qualità sempre ad alto livello. La concorrenza estera è serrata, ma la tradizione culturale italiana che si sta proiettando al futuro è sempre vincente e mai doma. Il direttore del Teatro Stabile del Veneto e il sovrintendente del Teatro La Fenice, con cortesia e professionalità, ce ne forniscono un quadro complessivo con prospettive dalle ampie vedute.
MASSIMO ONGARO, DIRETTORE TEATRO STABILE DEL VENETO
Cosa rappresenta oggi il Teatro Stabile per il Veneto, per l’Italia e per il mondo? «Il Teatro Stabile del Veneto è uno dei sette teatri riconosciuti dal Ministero dei Beni culturali e Turismo, in seguito al decreto 1/7/2014, che ha rivoluzionato la scena della prosa italiana. Siamo una delle principali istituzioni di produzione teatrale della nostra Nazione. Il Teatro Stabile del Veneto si declina su tre grandi città d’arte: Venezia, Padova e Verona. Una sorta di “teatro metropolitano”, che può svolgere una funzione culturale legata alla produzione di spettacolo che non ha eguali nella regione. Sedi prestigiose con più di settecento posti ciascuno. Alla programmazione, creiamo una produzione di spettacolo che ci caratterizza e distingue rispetto altri teatri regionali. Dal territorio cerchiamo di trarre gli elementi che possano arricchire le nostre elaborazioni. Stiamo concentrando gli sforzi per fare in modo che la creazione di teatro e spettacolo dal vivo possa diventare un volano di riferimento per gli artisti del territorio e per tutte le maestranze».
Il teatro è un bene comune. Ma può appartenere a tutti? «Il teatro è un’esperienza che appartiene a tutti perché si può vivere ogni giorno e ovunque. Intendo un teatro come strumento d’indagine e lettura della società che ci circonda. Non sempre ha tale ruolo, in quanto permette anche di passare una serata senza pensieri intrattenendosi anche con amici. Il teatro può consentire la comprensione della lettura del mondo contemporaneo: dovrebbe ritrovare tale ruolo smarrito. Dunque, un’esperienza di tutti che deve ritornare ad essere di tutti, per persone vive».
Il pubblico va solo intrattenuto o anche educato? «Entrambe le cose. Un giusto mezzo si può trovare: non si deve escludere l’intrattenimento e l’impegno puro. Sono situazioni che possono vivere e trovare spazio pubblico all’interno del teatro».
Parafrasando, il Veneto è un teatro dove va in scena la commedia non più dei soli Veneti ma del Mondo intero. Il turismo risponde agli eventi? «Fondamentale è che il mondo conosca maggiormente la nostra capacità di elaborazione teatrale. Città quali Venezia, Padova e Verona hanno flussi turistici importanti. A Verona, “Romeo e Giulietta” in lingua originale e, a Venezia, “Il servitore di due padroni” con supporti bilingue sono iniziative cui il pubblico ha risposto. Produciamo prosa e il problema della lingua diventa fondamentale da affrontare verso un pubblico estero. Un lavoro più difficile rispetto all’opera lirica. Però, lavorando su tali città, ritengo doveroso e indispensabile proporre, confrontandosi con il turismo».
Il legame con il territorio, la valorizzazione – anche a livello internazionale – della grande tradizione teatrale della nostra regione… «Dobbiamo riuscire a far conoscere quello che produciamo a livello internazionale. Abbiamo iniziato a costruire relazioni con altri teatri europei. Il patrimonio culturale in nostro possesso può essere valorizzato fuori dall’Italia».
Un sogno da realizzare nel Teatro Stabile? «Tra i tanti, sicuramente due. Il primo vede un aumento di consapevolezza e apprezzamento del valore per l’esperienza teatrale e del ruolo sociale per la crescita di una società. Tutti devono lavorare per una diffusione. Storicamente e statisticamente, come bilancio, la nostra Regione investe in cultura meno rispetto ad altre in Italia: c’è molto da fare. Il secondo invece sottintende l’obiettivo di creare una grande compagnia stabile».
CRISTIANO CHIAROT, SOVRINTENDENTE TEATRO LA FENICE
Cosa rappresenta oggi la Fenice per la città di Venezia, per l’Italia e per il mondo? «È difficile dire cosa la Fenice rappresenti per la sua città, perché vi è la volontà di essere impegnati in tanti aspetti della vita culturale e civile. La Fenice vuole essere il centro della Città metropolitana, rappresentando la sua anima. Per questo motivo non si organizzano solo spettacoli, ma usciamo nel territorio per portare le nostre esperienze artistiche attraverso collegamenti con scuole e gruppi legati alla cultura. Siamo un teatro internazionale con più di 15.000 spettatori paganti. Un centro importante che permette di assistere a spettacoli di alta qualità, anche per coloro i quali scelgono Venezia come meta turistica. Vogliamo essere un teatro per i giovani, attraverso vari accordi con le università e soprattutto a 360 gradi: moderno con un sito internet e vari social».
Il teatro è un bene comune. Ma può appartenere a tutti? «I teatri non possono appartenere ad un’élite. L’opera e il teatro hanno immediatamente un contatto diretto con il pubblico, in quanto senza di esso nulla potrebbe esistere. Dal 1600 proprio a Venezia gli spettacoli uscirono dai palazzi per entrare in spazi quali i teatri. La rappresentazione divenne popolare: cantanti, scenografie e costumi furono fenomeni dell’epoca. Nacque proprio in questa città il sistema produttivo e compositivo di testi e musica che consentiva di affinare le capacità del mestiere da esportare poi in Europa. Il tutto si sviluppò come grande spettacolo popolare di critica storica, etica e sociale. L’opera è sempre stata una forma di dialogo culturale, data la compresenza di musica, canto e immediatezza: uno spettacolo per tutti».
Il pubblico va solo intrattenuto o anche educato? «I teatri non educano ma fanno delle proposte di spettacolo. Non ci si permette di educare, ma nelle stagioni che proponiamo si cerca di garantire al pubblico un’ampia visione di titoli della storia musicale dal 1600 a oggi. L’opera deve essere vivacizzata perché non è morta: ci sono nuovi titoli ed autori. Un’attività di scoperta senza mai sedersi su un repertorio sicuro. Quindi un’educazione all’ascolto e alla percezione di proposte all’interno delle quali ognuno compie una scelta. Per noi la formazione avviene soprattutto a livello scolastico, con un ruolo attivo, preparando le trame, le arie e contestualizzando un autore nel periodo storico. Essenzialmente, come età abbiamo un pubblico che parte dai nove mesi all’infinito».
Parafrasando, Venezia è un teatro dove va in scena la commedia non più dei soli Veneziani ma del Mondo intero. Il turismo risponde agli eventi? «La Fenice è stato sia il teatro dei Veneziani sia di altri. Quando si chiuse, in passato, perse tale caratteristica. Ci si confronta con l’internazionalità e si cercano dei prodotti caratterizzanti il nostro agire in modo unico ed esclusivo: la Fenice vuole essere un teatro veneziano solo per questo. Cerchiamo di creare un turismo interessato che si fermi alcuni giorni in città senza distinzioni di reddito. Il 40% della prevendita è già confermato per il 2016».
Il legame con il territorio, la valorizzazione – anche a livello internazionale – della grande tradizione teatrale della nostra regione… «Siamo una fabbrica culturale in costante attività. La nostra volontà, che diviene capacità, consiste nell’attirare pubblico internazionale: d’altronde le diverse tournée lo dimostrano. Ad ogni modo la Fenice richiama costantemente pubblico e tutti vogliono vedere i nostri artisti e spettacoli. Con il territorio circostante siamo aperti sia in entrata, sia in uscita».
Un sogno da realizzare alla Fenice? «Ogni giorno ci sono sogni da realizzare per il pubblico. Non ci sono anni a sufficienza per soddisfare possibili sogni. Cerchiamo di creare una scelta al fine di accontentare ogni desiderio».
MASSIMO ONGARO Nasce a Milano il 4 marzo 1968. La formazione avviene a Venezia, dove attualmente risiede, grazie alla laurea in Architettura presso l’Università Iuav. Le esperienze professionali sono diverse, a partire dalle attuali come direttore del Teatro Stabile del Veneto e segretario accademico dell’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia (entrambe dal 2014). In precedenza alla Fondazione La Biennale di Venezia ha avuto le mansioni di responsabile organizzativo dei settori danza, musica e teatro (2008 – 2012) e di consulente del direttore artistico per il 42° Festival Internazionale del Teatro (2013). È stato direttore artistico e organizzativo del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia (2003 – 2008). Altri incarichi come consigliere di amministrazione presso Iuav e fondatore, presidente, amministratore delegato di Costruendo Società Cooperativa Studentesca, Associazione Culturale Vortice e Vespro Srl.
CRISTIANO CHIAROT Nasce a Venezia il 2 dicembre 1952. Di formazione classica, si laurea in Storia e Filosofia presso l’Università Cà Foscari di Venezia. Professionalmente i suoi attuali incarichi sono di sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice (dal 2010), direttore marketing, comunicazione e commerciale della Fondazione Teatro La Fenice (dal 2001) e direttore generale della società Fest (Fenice servizi Teatrali, Presidente Fabio Cerchiai) costituita dal Teatro La Fenice e dalla Fondazione di Venezia per lo sviluppo del fund raising delle attività marketing e commerciali (dal 2007). È stato consigliere di amministrazione della Fondazione Emilio Ghirardi onlus (2013 – 2015). Ha lavorato come capoufficio stampa al Teatro La Fenice di Venezia (1981-1985 e 1991-2001 anche come direttore Archivio Storico e responsabile delle pubblicazioni, del settore produzione video e discografico) e come redattore presso l’Agenzia Ansa (1985 – 1991).