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TARTARUGHE, COMPAGNE D’AMARE

TARTARUGHE, COMPAGNE D’AMARE

Affidato alla Città di Venezia il ruolo di coordinamento nella salvaguardia dei 6000 esemplari presenti in Adriatico


Tra i cinque e i seimila esemplari. Tante sono le tartarughe la cui presenza è stimata durante la bella stagione nel nostro mare, tra le coste croate e quelle italiane. «E, quando gli animali si avvicinano tanto alle spiagge, sicuramente hanno qualche difficoltà ed è come se chiedessero aiuto» spiega Paolo Perlasca, dell’oasi WWF degli Alberoni, sull’isola del Lido di Venezia.
«Noi del WWF cerchiamo di soccorrerle e poi le portiamo al centro veterinario perché siano curate. Ne abbiamo perfino tratta in salvo una che stava soffocando dopo aver ingerito una cicala di mare. L’abbiamo fatta assistere dai professionisti dell’Università di Padova, con la quale collaboriamo».
Robusti carapaci preistorici, armonici e fragili, le tartarughe marine sono infatti sempre più vulnerabili alle insidie dei nostri mari. Le reti dei pescatori sono trappole mortali, all’interno delle quali muoiono annegate, perché non riescono più, nuotando, ad espellere l’acqua in eccesso all’interno dei polmoni. Le eliche dei natanti, che sfrecciano sempre più numerosi nelle nostre acque, squarciano, lacerano le corazze. Esemplari superstiti di millenarie specie, le tartarughe marine attraversano gli oceani compiendo percorsi incredibili, verso acque dai fondali più bassi, pescose e tiepide, quando si avvicina la stagione degli amori. E il rischio di entrare a contatto con le intense attività umane in Adriatico è diventato altissimo e preoccupante per l’incolumità degli animali. Il numero d’incidenti, anche mortali per l’animale, è dunque cresciuto. È chiaro che, all’interno di una popolazione così numerosa, alcuni decessi si verificano a causa di malattie o virus. Quando però la ragione dei decessi sono gli incidenti derivanti da intense e incuranti attività umane, allora emerge una responsabilità di tutti i Paesi che si affacciano sull’Adriatico e che hanno iniziato a riflettere e cooperare stabilmente sul fronte della salvaguardia di tartarughe e cetacei. In tal senso, la Città di Venezia ha dato vita nel 2012 ad una cooperazione trans-frontaliera con località della Slovenia, della Croazia, dell’Albania e Montenegro, finalizzata alla tutela e al monitoraggio delle tartarughe: il NETCET. Un programma cui collaborano, per il nostro territorio, anche la Capitaneria di porto, l’Università di Padova, il WWF e il museo di Storia naturale di Venezia. E la città lagunare coordina tutte le attività volte a prevenzione, cura, salvaguardia e studio delle specie animali presenti nel nostro mare.
«La prima azione messa in campo è una massiccia campagna d’informazione attraverso cui diportisti e marinai, tramite manifesti e volantini diffusi ovunque, vengono informati della consistente presenza di cetacei e tartarughe» racconta Luca Mizzan, direttore del museo di Storia Naturale di Venezia.
A seguire, si è provveduto ad organizzare corsi nelle scuole e dimostrazioni pratiche di azioni di primo soccorso per dare aiuti immediati agli animali trovati in difficoltà, feriti o disorientati. Si insegna ad esempio a prendere le tartarughe più piccole afferrando il carapace sui due lati opposti del corpo, ma di porre le mani all’altezza della nuca per spostare le più grandi, senza avvicinarsi alla bocca o ad altre parti del corpo, poiché gli animali si difendono mordendo, come sottolinea Mizzan.
Infine, sono stati previsti dei numeri di pronto intervento, per la segnalazione della presenza di eventuali tartarughe in pericolo o spiaggiate, senza che manovre improvvisate possano aggravare le patologie degli animali in condizioni critiche.
Al Lido di Venezia, sono presenti alcuni centri di ricovero per la cura delle tartarughe ferite, grazie all’opera di specialisti e veterinari che se ne prendono cura. Molte tartarughe vengono salvate, “battezzate” e liberate, durante eventi che diventano vere e proprie feste sulla spiaggia, sotto gli occhi entusiasti di bambini e adulti che assistono alla rinascita di carapaci altrimenti destinati alla morte. Molti esemplari che non ce la fanno vengono presi in carico e analizzati, mentre le cause di morte e le patologie entrano a far parte di banche dati, finalizzate ad approfondire la conoscenza sul fenomeno della presenza delle tartarughe marine. Le campagne di sensibilizzazione sono utili anche per la sopravvivenza delle nuove nate, dopo la deposizione delle uova. I piccoli sono fragili e privi di protezione di fronte ai mille pericoli dei nostri mari.
La convinzione è che una maggiore conoscenza, un maggior rispetto e attenzione alla presenza di altri esseri viventi nelle acque, siano fondamentali per una coesistenza animale-uomo difficile, intensa, ma anche possibile. Come, del resto, è possibile la prevenzione di eventi traumatici che interferiscono invasivamente sulla salute e il benessere delle tartarughe. Tenendo sempre presente che ignorare e non curarsi delle creature marine potrebbe costarci il non riuscire più a conservarle come specie, determinandone l’espulsione progressiva e l’estinzione.
Un rischio che come sistema organico e integrato, non ci possiamo permettere.



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