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TRADIZIONE E INNOVAZIONE PER VEDERCI CHIARO

TRADIZIONE E INNOVAZIONE PER VEDERCI CHIARO


Vittorio Tabacchi, recentemente eletto alla presidenza Federazione Europea dell’Industria dell’Ottica, racconta l’occhialeria veneta
Settantuno anni e una vita dedicata all’industria dell’occhiale. Il Cavalier Vittorio Tabacchi è considerato il “padre” dell’occhialeria veneta. Dal 1970 è stato alla guida del colosso Safilo rivestendo diversi ruoli fino a divenirne presidente nel 1993. Oggi riveste la carica di Presidente Anfao (Associazione nazionale fabbricanti di articoli ottici) e Mido (Mostra Internazionale di Ottica, Optometria e Oftalmologia) è ed stato nominato lo scorso luglio nello stesso ruolo anche da Eurom I, la Federazione Europea dell’Industria dell’Ottica.Una carica di strategica importanza, in un periodo in cui si stanno affrontando delle sfide fondamentali per l’industria dell’occhiale.
Qual è oggi la situazione dell’occhialeria europea? «La presidenza di Eurom ha per me un valore particolarmente importante considerata anche la situazione economica che stiamo vivendo. Mi permette, infatti, di farmi portavoce delle esigenze del comparto non solo a livello nazionale, come presidente Anfao, ma anche a livello europeo con EUROM. Eurom è infatti la Federazione Europea dell’Industria Ottica, associazione che rappresenta gli interessi comuni delle imprese europee operanti nel settore dell’occhialeria di cui sono membri i maggiori paesi europei con gli Stati Uniti come membro aggregato. Riunisce 8 associazioni nazionali di produttori di lenti ottiche, montature e dispositivi per ottici, rappresenta l’85% dell’industria ottica europea, si fa portavoce degli interessi dei produttori nelle loro relazioni con le istituzioni dell’Unione europea, con le altre associazioni europee (ECOO, ESA, EUROMCONTACT, ecc.) e con le organizzazioni straniere (Vision Council – USA). Uno degli obiettivi della Federazione è quello di accrescere la consapevolezza dell’importanza di una vista sana, rimarcare l’esigenza di utilizzare prodotti per la cura della vista e tutelare le aziende del comparto».
E più nello specifico qual è invece la situazione dell’industria veneta dell’occhiale? «La situazione dell’occhialeria veneta rispecchia l’andamento complessivo del settore a livello mondiale: ha inevitabilmente risentito della crisi economica dell’ultimo biennio, con un calo della produzione e una diminuzione dei posti di lavoro. Ora però, è in atto una ripresa lenta, ma costante. I dati parlano chiaro: nei primi sei mesi dell’anno l’export complessivo del comparto ha registrato una crescita del 13,7% rispetto allo stesso periodo del 2009. La crisi finanziaria ha travolto tutti noi e ha messo in discussione l’intero sistema economico-sociale. Però nonostante tutte le difficoltà, dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno: la crisi ci ha stimolato a ripartire, con rinnovato entusiasmo facendo ancora più leva sugli elementi che hanno portato al successo il nostro settore ovvero qualità, ricerca e innovazione. Al tempo stesso ci deve servire da sprone a trovare sempre nuovi ambiti produttivi, cercare di conquistare ulteriori mercati – soprattutto tra i Paesi emergenti – e a intensificare la ricerca stilistica per offrire prodotti sempre nuovi e competitivi».
Cos’è stata l’occhialeria per il Veneto e cos’è stato il Veneto per l’occhialeria? «L’occhialeria è uno dei fiori all’occhiello dell’industria veneta. Basta rileggere la storia della nascita degli occhiali, per rendersi conto quanto sia profondamente radicata nel territorio. Fra le diverse interpretazioni e congetture sulla creazione di questo oggetto, sembra prevalere quella che attribuisce l’invenzione degli occhiali ad un anonimo veneziano, intorno alla metà del XIII secolo. Posso quindi affermare che il prestigio, acquisito negli anni dall’occhiale italiano, raggiungendo il primato sui mercati di tutto il mondo, nasce da una secolare tradizione che affonda le radici proprio in Veneto. Le prime testimonianze storiche, infatti, si rintracciano a Venezia, per poi spostarsi nell’entroterra della regione dove, nel XIX secolo, nacquero alcuni laboratori di occhialeria che diedero vita a un tessuto produttivo sviluppatosi nel distretto industriale di Belluno. Proprio nel Veneto si concentra oggi l’80% dell’intero settore italiano e le aziende venete esportano in tutto il mondo. Veneto e occhialeria costituiscono dunque un binomio di successo: la regione ha messo sul piatto lo spirito imprenditoriale, il genio creativo, l’artigianalità delle maestranze venete, la loro infaticabile dedizione al lavoro, l’occhialeria ha ripagato il territorio dando vita a un settore sano e vitale – al di là delle cicliche crisi economiche come quella appena attraversata – in grado di dare vita a un accessorio che nel tempo si è diffuso anche all’estero, posizionando la produzione italiana nei più alti livelli di qualità e tradizione manifatturiera».
Cos’ha contribuito maggiormente secondo lei a fare la storia dell’occhialeria veneta e cosa potrebbe fare la differenza per il futuro? «Una tradizione che, abbracciando nuovi stimoli d’innovazione e di ricerca tecnologica, ha saputo plasmarsi in armoniche linee di design secondo i dettami della moda. Da semplice strumento funzionale, con il passare degli anni, l’occhiale italiano si è così trasformato in un accessorio fashion, scelto nel mondo per la sue caratteristiche e per il suo indiscusso stile. Il futuro dell’occhialeria deve necessariamente fondarsi su questi valori fondamentali che l’hanno portata al successo, con un occhio sempre rivolto al futuro, all’innovazione, alla ricerca. Tradizione, design e qualità: sono questi i valori che hanno favorito l’affermazione dell’Italian Style sui mercati internazionali, dove l’occhiale italiano vanta una posizione di assoluto protagonista». Più volte ha detto che è necessaria una maggior rappresentanza dell’occhialeria veneta all’interno delle istituzioni europee».

Cosa intende quando parla della necessità di unire le forze a livello nazionale ed Europeo? È un richiamo ad essere più uniti a livello territoriale per essere più competitivi sul mercato?«Direi più che dell’occhialeria veneta, del comparto in generale. La mia idea, da sempre, è che l’unione fa la forza, per questo penso che sia fondamentale un confronto continuo tra le associazioni nazionali dei produttori dei singoli Paesi e che Eurom rappresenti l’anello di congiunzione tra le diverse istituzioni. Quindi quando parlo di unire le forze a livello nazionale ed europeo, intendo la necessità di costituire una linea comune di azione tra le varie associazioni non solo nazionali, ma anche settoriali (dialogo continuo tra produttori, ottici, optometristi e oculisti) con l’obiettivo, già ricordato, di accrescere la consapevolezza dell’importanza di una vista sana, rimarcare l’esigenza di utilizzare prodotti certificati e di qualità per la cura della vista e di tutelare le aziende del comparto dal punto di vista economico-sociale».
Quali sono secondo lei i metodi più efficaci per combattere la contraffazione e quanto possono essere d’aiuto in questo senso anche azioni dimostrative che possono sensibilizzare l’opinione pubblica come la distruzione di occhiali contraffatti come avvenuto a Venezia e a Roma lo scorso luglio nell’ambito della giornata contro la contraffazione? «In aggiunta ad una scrupolosa vigilanza delle istituzioni e delle forze dell’ordine, ritengo che la lotta alla contraffazione abbia bisogno di un mutamento culturale profondo che derivi da una sensibilizzazione del consumatore, cioè di tutti noi. Proprio perché la contraffazione colpisce tutti – imprese, governo, istituzioni, cittadini – l’azione di sensibilizzazione più importante comincia dalla vita quotidiana, tutti noi possiamo veicolare il messaggio ai nostri collaboratori, ai nostri familiari, a tutti coloro con cui veniamo in contatto: comprare il falso fa male, alle nostre tasche e, soprattutto nel caso degli occhiali, alla nostra salute. Da parte nostra, come ANFAO e come Commissione Difesa Vista, sosteniamo ogni iniziativa che possa divulgare questo messaggio il più possibile e che lo renda motore di una specie di rivoluzione culturale che induca il pubblico a ripudiare il contraffatto. L’evento di Venezia è stato la prima vera azione dimostrativa “forte” che ha voluto attirare l’attenzione sul problema che è purtroppo diffusissimo e molto spesso “tollerato” dal consumatore, soprattutto per scarsa conoscenza».
La questione del “made in”. Lo scorso novembre l’occhialeria è stata ufficialmente esclusa dall’elenco che obbliga a dichiarare il paese di produzione e più di qualcuno l’ha accusata di essere tra i sostenitori di questa esclusione. Cosa comporterà questa esclusione e come si spiega questa accusa? «Trovo questa accusa totalmente ingiusta e gratuita. Si tratta infatti di un discorso che parte da lontano, ben prima che io diventassi Presidente di EUROM1. Bisogna tornare a cinque anni fa, quando fu proprio Anfao a chiedere che l’occhialeria fosse inserita all’interno dei settori considerati da quello che poi è oggi il Regolamento Europeo 661, approvato nel dicembre del 2005, e che disciplina la marcatura d’origine obbligatoria per alcuni prodotti provenienti dai Paesi extra-UE. Quando è stato approvato ed emanato il regolamento attuale, è stato seguito il processo di audizione dei vari settori industriali a livello europeo e al regolamento è stato così conferito un approccio settoriale che prevede la marcatura d’origine obbligatoria solo per alcune categorie di prodotti provenienti dai paesi extra-UE. I settori inclusi sono, infatti, quelli che allora hanno espresso effettivo interesse, nel dettaglio: tessile, calzature, mobili, gomma, ceramiche, rubinetteria e oreficeria. La federazione europea del nostro settore, EUROM1, si è espressa in modo negativo da subito, nonostante le richieste italiane. Questo perché, siamo noi parte dell’Unione Europea e ricordo che solo Eurom 1, quale rappresentanza delle associazioni europee dell’industria dell’occhialeria riconosciuta a Bruxelles, è abilitata a trattare presso la Commissione Europea la materia in questione. Tornando a tempi più recenti: nel settembre scorso al Parlamento Europeo (Commissione Commercio Internazionale INTA) è stato presentato e messo al voto un documento contenente vari emendamenti al Regolamento Europeo 661 del 2005 che disciplina, come appunto dicevamo prima, la marcatura d’origine obbligatoria per alcuni prodotti provenienti da Paesi extra-UE. La relazione presentata dall’Onorevole Cristiana Muscardini conteneva, tra gli altri, l’emendamento dell’Onorevole Francesco Speroni che chiedeva l’inclusione del settore dell’occhialeria per tutti i codici doganali afferenti al settore (lenti a contatto, lenti oftalmiche in vetro, lenti in materiali diversi dal vetro, montature per occhiali, occhiali correttivi e protettivi). L’emendamento era stato votato e approvato in prima fase nella commissione commercio internazionale del Parlamento Europeo lo scorso 29 settembre. Il settore, non solo a livello nazionale, ma nemmeno europeo era però stato interpellato per esprimere la propria posizione. Proprio per questo motivo è stata molto forte la pressione diretta esercitata dai singoli Paesi contrari all’emendamento, ad esempio la Francia che si è mossa attraverso la sua Confindustria o la Germania. Sappiamo che questi Paesi hanno scritto direttamente ai loro Parlamentari Europei, i quali in occasione della votazione successiva si sono espressi di conseguenza su quella che è ancora oggi la posizione dell’industria del settore a livello europeo e l’emendamento che riguardava l’inclusione dell’occhialeria è stato bocciato».
Lei è stato il principale fautore della realizzazione del  Museo dell’Occhiale che ha sede a Pieve di Cadore in provincia di Belluno. Quanto sono importanti per lei i simboli che sono testimonianza di storia e tradizione? «Assolutamente fondamentali. La storia, la tradizione, ma anche l’innovazione sono questi gli ingredienti di successo del nostro settore. Il Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore è il più importante al mondo per completezza e rarità delle collezioni. È il giusto tributo a un oggetto che rappresenta, al giorno d’oggi, una delle eccellenze italiane nel mondo. Il Museo è la testimonianza di un’arte che sposa perfettamente le più antiche competenze artigianali e le più moderne abilità tecniche e si esprime nella capacità di conciliare le indicazioni più all’avanguardia in termini di design, forma e colore. Il Museo è la testimonianza del nostro operato e di chi ci ha preceduto con l’obiettivo di permettere a un pubblico sempre più vasto di conoscere la storia dell’occhiale, espressione della nostra cultura, delle nostre tradizioni e di un pezzo del nostro passato. Gli occhiali sono manufatti che racchiudono in sé, design, qualità e tecnologia, caratteristiche che hanno permesso loro di superare la connotazione di accessorio correttivo, per trasformarsi in oggetto fashion, conquistando le fasce alte dei mercati di tutto il mondo».

DI FEDERICO BACCIOLO
 

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