Ettore Greco, artista del nostro territorio, si misura con il palcoscenico più prestigioso per l’arte contemporanea
Una Biennale di Venezia particolare, mastodontica, questa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, curata per la sezione italiana dal pluricriticato ma sempreverde Vittorio Sgarbi, incaricato di organizzare un padiglione nazionale allargato, allungato ed aperto ad oltre 200 artisti (i più rappresentativi del decennio 2001 – 2011) selezionati non da addetti ai lavori ma da personaggi di spicco del mondo della cultura e del pensiero nostrano; come obiettivo il “…risarcimento del rapporto fra letteratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte”. Tra i protagonisti esposti presso gli spazi dell’Arsenale, Ettore Greco, classe 1969, scultore padovano dal linguaggio artistico nervoso, vibratile ed emozionale, teso tra l’innocente freschezza di Donatello e le tensioni esistenziali di Medardo Rosso e Rodin, con base in Italia e in Francia, attualmente in mostra ad Asiago con la personale Le forme dell’umanità. Conosciamolo meglio.
Iniziamo con una provocazione… come ci si sente ad essere uno dei “soli” 200 artisti selezionati per rappresentare l’Italia a questa Biennale? «Non ho mai pensato di appartenere ad un’elite. L’idea di rappresentare il Padiglione Italia da solo o in compagnia di pochi selezionatissimi artisti mi avrebbe messo a disagio. Sono uno scultore con un ego contenuto…non una rock star».
Dai due artisti dell’edizione della Biennale di Ida Gianelli, alla ventina del duo Beatrice/Buscaroli all’ipertrofica compagine dell’edizione 2011. Estrema superficialità qualunquista del momento (d’altronde l’arte “è cosa nostra”) o fotografia della ripresa di un sistema artistico italiano libero finalmente da imposizioni pressanti (e spesso opinabili) di galleria? «Mi hanno sempre infastidito le Biennali super selettive ma forse questa biennale lo è troppo poco; in ogni caso non credo che le imposizioni di mercato di quattro anni fa siano finite con questa Biennale».
Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia, sostiene che la manifestazione è “…come una macchina del vento… ogni due anni scuote la foresta, scopre verità nascoste…”. Tutti d’accordo nel riconoscere che questi siano stati gli intenti all’origine della sua nascita ma oggi, a tuo avviso, è ancora così? È ancora, per un artista, il palcoscenico più ambito della contemporaneità o intravedi altre situazioni più vive e rappresentative? «Ogni artista a mio avviso dovrebbe inventarsi e sognare un suo percorso “romantico” slegato dalle realtà quotidiane di mostre, mercati, critici… in poche parole dovrebbe crescere in libertà senza sentire l’obbligo di raggiungere obiettivi quali biennali, musei e curatori, visti soprattutto come guru che ti indicano la strada giusta per sentirti un artista “giusto”… ecco, avendo sempre ragionato così non sono in grado di rispondere correttamente a questa domanda».
Parlaci del tuo rapporto con Giordano Bruno Guerri, il tuo “intellettuale selezionatore” nonchè presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani” «L’ho conosciuto un anno e mezzo fa grazie all’amico comune Flavio Arensi e insieme abbiamo immaginato il San Sebastiano da posizionare sotto il Mausoleo del Vittoriale e da dedicare a Debussy e D’Annunzio, autori nel 1911 de Le Martyre de Saint Sébastien! L’esperienza è stata bellissima, la scultura che ne è sortita pure. Con Giordano Bruno Guerri è nata una vera amicizia perchè devo dire che se l’arte mi ha regalato qualcosa è proprio l’amicizia con certe persone speciali che arricchiscono la mia vita».
Ultima domanda, semplice e diretta… parlaci brevemente del tuo lavoro esposto alla Biennale. «In Biennale presento un’installazione di trecentoventi corpi su un tondo inclinato del diametro di tre metri…è il mio modo di rappresentare l’umanità attraverso questo mio lavoro continuo e forse un po ossessivo, iniziato nel 2006, di modellatore di figure dai continui e mai uguali movimenti. Ne presento una piccola parte per motivi di spazio anche se questa mia umanità conta fin’ora più di mille figure».
DI GAETANO SALERNO
DIRETTORE DI SEGNOPERENNE.IT
ETTORE GRECO – BIOGRAFIA
Ettore Greco nasce a Padova nel 1969 e nel 1992 si diploma presso l’ Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1994 apre il suo atelier padovano ed inizia ad esporre in personali e collettive. Le sue sculture sono in mostra in molte città italiane; all’estero espone a Bruxelles, Londra, New York, Lussemburgo e Parigi dove, nel 1999, vince il Grand Prix per la scultura al Salon Grands et Jeunes d’Aujord’hui. Tra i lavori più recenti la scultura per lo stilista Pierre Cardin “Arbre de la vie” (2009), per il castello del Marchese De Sade a Lacoste (Francia), “Uomo eroico” (2010), in occasione della mostra di Rodin in Italia, “San Sebastiano” (2011), posizionato al Vittoriale degli Italiani, la casa-museo di Gabriele D’Annunzio. Vive e lavora a Padova.