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FREE ZONE A VENEZIA? SI PUO’ FARE!

FREE ZONE A VENEZIA? SI PUO’ FARE!

La creazione di un’area defiscalizzata nel nostro territorio è tutt’altro che fantascienza. È quanto sostiene l’avvocato padovano Filippo Fasulo che sulla questione ha condotto un’ approfondito studio giuridico di fattibilità.

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Una Free Zone, ovvero un’area defiscalizzata, a Venezia, si può fare, anzi forse di dovrebbe proprio fare. A sostenerlo è un avvocato padovano Filippo Fasulo, classe 1948, esperto di diritto dei trasporti e di diritto della comunità europea, con alle spalle prima della carriera da avvocato 20 anni come dirigente in Aviazione Civile, che sulla questione ha condotto uno studio giuridico di fattibilità approfondito.  Per capire meglio di cosa si tratti siamo andati a parlare proprio con l’avvocato nel suo studio di Fossò, con l’obiettivo anche di valutare le possibilità e i benefici di una Free Zone nel Territorio metropolitano e gli abbiamo chiesto innanzitutto di spiegarci di cosa si tratta. «Una Free Zone è una zona franca» – spiega Filippo Fasulo – «dove vigono cioè particolari condizioni di detassazione e di agevolazioni fiscali e che nasce normalmente per stimolare ed incentivare il commercio nel territorio in cui si colloca ma anche nell’area circostante. Esempi ne esistono in tutto il mondo in particolare negli Emirati Arabi che stanno spingendo molto in questa direzione. Un esempio su tutti è la Free Zone di Dubai che interessa una vasta area commerciale e che punta a diventare una porta fondamentale per lo scambio di merci tra oriente e occidente». In effetti è semplice verificare come nei soli Emirati Arabi si contino ben 36 aree franche in cui è possibile, non solo godere della detassazione della merce, ma anche delle aziende e delle persone fisiche per certi periodi, dove gli scambi commerciali possono avvenire con burocrazia estremamente ridotta e si agevolano le operazioni per l’assunzione di personale. Semplificazioni esistono anche per il modello di tassazione internazionale e per la tassazione tra casa madre e filiali, il che consente alle aziende internazionali di operare finanziariamente con maggiore linearità e semplicità».
Lei ha fatto uno studio per l’apertura di una di queste aree franche in Veneto. Perché e da cosa è nata questa ricerca? «In realtà il tutto è nato da un incontro con un ingegnere del Politecnico di Milano che mi segnalava quali grandi opportunità potessero avere questo tipo di aree e quindi per prima cosa mi sono chiesto se esistesse la possibilità dal punto di vista giuridico e normativo di realizzarla e in effetti ho potuto appurare che si può. Le due normative cardine sono il regolamento CEE del 450/2008 che prevede che “ogni stato membro possa destinare una porzione del proprio territorio a zona franca” e il Codice Doganale Italiano che prevede la possibilità di realizzare depositi e punti Franchi nel territorio. Certo non sono le uniche normative che riguardano questo tipo di aree in Europa e in Italia, ma la questione però è che la Free Zone si può fare. Peraltro chi si occupa di import export sa bene che esistono aziende che hanno al loro interno aree doganali in cui i materiali possono arrivare, essere visionati e rimpatriare senza sdoganamento. Tanto più che non si tratterebbe dell’unica area in Italia. Sia la Regione Sardegna che la Lombardia hanno presentato delle proposte di legge in Parlamento. La Sardegna per tutto il suo territorio, mentre la Lombardia per la provincia di Varese, ovvero la più adiacente alla Svizzera, allo scopo di limitare il fenomeno transfrontaliero».
«Una Free Zone è una zona franca,
dove cioè vigono particolari condizioni
di detassazione e di agevolazioni fiscali
e che nasce normalmente per stimolare
ed incentivare il commercio nel
territorio in cui si colloca ma anche
nell’area circostante»
Quale sarebbe la procedura per poter attivare la Free zone e quale potrebbe essere il luogo ideale per collocarla in Veneto? «Il luogo ideale dovrebbe essere un crocevia logistico, è evidente, ma sostanzialmente si tratta di una questione politica quindi di una decisione che non spetta ai tecnici. Per quanto riguarda l’iter, invece, la Regione dovrebbe presentare una proposta di legge, e in effetti noi ne avremmo studiata una per comprendere bene i meccanismi, anche se nessuno ce l’ha ad oggi richiesta o commissionata, con i necessari allegati tecnici per lo sviluppo del progetto. La proposta di legge segue il normale iter, quindi prima le commissioni competenti, poi i passaggi parlamentari fino a diventare norma dello Stato. Poi si tratterà di definire le parti tecniche di applicazione. A dirla tutta l’attuale legge di stabilità potrebbe aiutare in quanto prevede ai sensi dell’art 382 bis che lo Stato debba fornire alle Regioni risposta entro 60 giorni per ogni questione che riguarda il governo del proprio territorio».
Quali vantaggi porterebbe a Venezia e alla nostra Regione un’area di questo tipo? «Sicuramente potrebbe stimolare gli investimenti. Sostanzialmente potrebbe sostenere le imprese di trasporto, attirare filiali di imprese estere, agevolare quelle locali troppo oberate di burocrazia. Qualunque azienda vorrebbe avere la possibilità di operare in una zona defiscalizzata, in particolare in Italia».
 
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L’Avvocato: Filippo Fasulo

 

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