Uno studio lancia l’allarme sull’impatto a lungo termine delle radiazioni da tomografia computerizzata
“Se le attuali pratiche di dosaggio e utilizzo delle radiazioni continuano, i tumori associati alla Tac potrebbero eventualmente rappresentare il 5% di tutte le nuove diagnosi di cancro ogni anno”.
È questo l’allarme lanciato da un gruppo di ricercatori della University of California San Francisco (UCSF) in uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine.
Una proiezione preoccupante, che avvicina il rischio oncologico legato alla tomografia computerizzata a fattori consolidati come il consumo di alcol (5,4%) e l’eccesso di peso (7,6%).
Quanti tumori futuri potrebbero derivare dall’esposizione alle radiazioni da esami annuali di tomografia computerizzata negli Stati Uniti?
La stima è superiore da 3 a 4 volte rispetto a quanto ipotizzato finora. E assume una rilevanza ancor più significativa in considerazione della sempre maggior diffusione di questo tipo di esame, che in molti casi può salvare la vita, ma potrebbe avere costi sanitari elevati a lungo termine.
Il boom della Tac (e dei rischi correlati)
Nello studio, intitolato Rischi proiettati di cancro per tutta la vita dall’attuale tomografia computerizzata, il gruppo di lavoro facente capo a Rebecca Smith-Bindman, prima firmataria, ha sviluppato, partendo da un campione multicentrico di esami assemblati prospetticamente tra gennaio 2018 e dicembre 2020, un modello di rischio da applicare alle Tac effettuate negli Stati Uniti nel 2023.
In quell’anno, a sottoporsi all’esame nel Paese nordamericano sono stati 61 milioni e 510 mila pazienti, per un totale 93 milioni di Tac totali (per l’Italia non esistono statistiche di questo tipo: un’analisi del 2023, su dati del 2021, dell’Osservatorio Parco Installato di Confindustria Dispositivi Medici si limita a quantificare in 2.178 i tomografi allora presenti sul nostro territorio).
Tornando agli Usa, a conclusione dell’analisi dei dati condotta tra ottobre 2023 e ottobre 2024 si è quindi arrivati a una proiezione di circa 103 mila tumori che saranno indotti in futuro dalle radiazioni assorbite attraverso gli esami effettuati nell’anno preso in considerazione.
Rischio più alto per i bambini e per i polmoni
I ricercatori hanno quindi approfondito il risultato, con stime specifiche legate all’età e al sesso dei pazienti, oltre che al tipo di tomografia e agli organi che possono essere colpiti dal tumore. È così emerso in primo luogo un rischio di cancro mediamente più elevato tra i bambini e gli adolescenti (in primis i tumori alla tiroide), che però rappresentavano solo il 4,2% del totale delle persone sottoposte a Tac. Per il maggior utilizzo dell’esame nei maggiorenni, la gran parte dei casi (93 mila su 103 mila) hanno però riguardato gli adulti, a partire dalla fascia tra 50 e 59 anni. I tumori più comuni sono risultati in generale il cancro ai polmoni (22.400 casi), quello al colon (8.700 casi), la leucemia (7.900 casi) e il cancro alla vescica (7.100).
Tra le donne, che rappresentavano il 53% del campione, il secondo tumore più comune (5.300 casi) è invece stato quello al seno.
Quanto invece alle diverse Tac, la più pericolosa nella prospettiva della cancerogenicità è quella all’addome e al bacino tra gli adulti (37,5 mila tumori, il 37%), peraltro molto comune (30 milioni di esami, il 32% del totale), seguita da quella del torace (21,5 mila tumori in 20 milioni di esami).
La Tac e la sua diffusione
Anche se le radiazioni ionizzanti utilizzate dalla Tac sono un noto cancerogeno, in grado di alterare il Dna, la tomografia computerizzata è un test di imaging medico indispensabile, con risultati superiori ad altri esami per quanto riguarda la diagnosi, e dunque ampiamente eseguito, per il quale i progressi tecnologici ampliano continuamente capacità e popolarità e, di conseguenza, anche l’utilizzo. Basata sull’idea, avanzata nel 1930 dal radiologo italiano Alessandro Vallebona, di utilizzare la stratigrafia negli esami radiologici, la Tac fu sviluppata dall’ingegnere inglese Godfrey Hounsfield che realizzò nel 1967 con il fisico sudafricano Allan Cormack la prima apparecchiatura: un’invenzione che valse ai due il Nobel per la medicina 1979.
In Italia, il primo macchinario arrivò nel 1974, all’ospedale Bellaria di Bologna.“La Tac – conclude lo studio – è spesso salvavita, ma i suoi potenziali danni sono spesso trascurati, e anche piccolissimi rischi di cancro porteranno a un numero significativo di tumori futuri dato l’enorme volume di uso negli Stati Uniti”.
Alberto Minazzi