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L'arte invade il centro commerciale: 'Inferno. Esiste una via d'uscita?'

L'arte invade il centro commerciale: 'Inferno. Esiste una via d'uscita?'

Una mostra trasforma Verona UNO in un viaggio nell’inferno moderno, invitando i visitatori a riflettere sul cambiamento e sulla possibilità di un futuro migliore

Se quando pensate a una mostra associate solo il pensiero di chiudervi in un museo, vi sbagliate.
Vi sono infatti anche altre location che possono rivelarsi i posti giusti per ammirare delle opere d’arte.
Magari vi sembrerà strano ma tra questi può esserlo anche un centro commerciale.
E’ il caso della mostra “Inferno. Esiste una via d’uscita?” che ha trasformato il primo piano del Centro Commerciale Verona UNO di Sal Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona in un viaggio attraverso le molteplici sfaccettature dell’inferno moderno.

Il percorso espositivo

La mostra, curata da Paolo Mozzo e Filippo Bontempi, riunisce 12 artisti internazionali (Afran -Francis Natan Abiamba-, Julia Bornefeld, Arturo Castelli, Luigi Dellatorre, Gianfranco Gentile, Umberto Mariani, Matteo Mezzadri, Alberto Salvetti, Carlo Pasini, Jorge R. Pombo, Giusi Rampini e Alessandro Zannier) che presentano 30 opere tra installazioni monumentali, dipinti, sculture, fotografie e videoarte.
Sei di loro hanno partecipato alla Biennale di Venezia negli ultimi due anni e quasi tutti sono stati invitati alle Biennali internazionali Italia – Cina e di Curitiba in Brasile, oltre ad aver esposto in Musei e Fondazioni internazionali.

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Sacro Pomodoro – Gianfranco Gentile

“La mostra, a dispetto del titolo che potrebbe rimandare alla Divina Commedia, non ha riferimenti danteschi – spiega Paolo Mozzo, uno dei due curatori dell’esposizione e presidente MAT Museo d’Arte Trasformativa -, salvo una piccola citazione alla fine del percorso. Gli argomenti trattati sono quelli dell’inferno sulla Terra. Si parla quindi sfruttamento del lavoro, criminalità organizzata, incuria della politica, distruzione dell’ambiente, inquinamento, deforestazione arrivando a parlare dei danni alla cultura che causano le guerre, senza tralasciare gli aspetti dei social e delle fake news. Alla fine del percorso il visitatore si trova di fronte alla “morale”, il messaggio finale: il cambiamento è possibile ma ci vuole l’impegno di tutti.

Paolo Mozzo

Tra le opere più significative in mostra “Sacro Pomodoro” di Gianfranco Gentile, una grande installazione che mette a nudo il mito della pasta al pomodoro; “Nel Multiverso” di Alessandro Zannier, una rivisitazione della scena finale di “2001: Odissea nello spazio”; “Cucire il mondo” di Luigi Dellatorre, un’imponente barchetta di carta realizzata con necrologi, che naviga su un fiume di tela jeans in un simbolico viaggio in cerca di redenzione.

Multiverso – Alessandro Zannier

Il centro commerciale diventa luogo sociale e di cultura

“L’idea di questa esposizione – continua Paolo Mozzo – è partita da una sfida lanciata dal responsabile del centro commerciale, convinto che questi luoghi non siano solo destinati allo shopping, ma che possano essere anche luoghi sociali per tante categorie di persone, dagli anziani ai giovani e alle famiglie. Perché dunque non offrire anche progetti e spazi culturali?
La risposta a questa domanda è stata una mostra d’arte contemporanea che avesse due caratteristiche: la densità di contenuti sociali attuali e al tempo stesso potesse essere visitabile da tutti, compreso chi mai ha visto prima una mostra d’arte e con particolare attenzione per i più piccoli”. In un luogo come un centro commerciale, una mostra d’arte tradizionale avrebbe magari suscitato poco interesse.

Cucire il mondo – Luigi Dellatorre

Per questo, come racconta il curatore, si è pensato di introdurre la narrazione considerato che piace almeno un po’ a tutti farsi raccontare e rimanere coinvolti in una storia. Così, pur mantenendo anche la modalità di visita tradizionale, arricchita da una ventina di QR code che portano al dietro alle quinte delle opere con interviste che fanno entrare il visitatore nell’atelier dell’artista  o immagini e aneddoti riguardo l’origine di un’opera e i luoghi nei quali è stata esposta, è stata aggiunta la possibilità di visitare l’esposizione  accompagnati da una voce narrante professionale e una fiabesca per i bambini: una sorta di un compagno di viaggio con il quale scoprire le opere, condividendo gli aspetti emotivi, le denunce e le speranze.

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L’ arte come esperienza immersiva e multidimensionale

Attraverso una serie di stanze tematiche, il visitatore è dunque invitato a confrontarsi con le realtà “infernali” della contemporaneità. “Ad accomunare gli artisti – sottolinea Paolo Mozzo – è il fatto che con le loro opere cercano sempre un connubio importante, ossia di conciliare l’estetica, si tratta sempre di arte visiva, quindi la bellezza mai deve andare in secondo piano, con l’etica, perché ogni opera è pensata per comunicare contenuti importanti e per coinvolgere chi la sta ammirando nel cambiamento che ciascuno si auspica.
“Il MAT Museo d’Arte Trasformativa – conclude Paolo Mozzo – è un museo d’arte itinerante che può avere più di una sede attiva contemporaneamente e che crea mostre in spazi non istituzionali, come appunto un centro commerciale, frequentati da un grande pubblico. L’obiettivo è quello di creare mostre in cui le opere siano oggetti proattivi che trasformano le idee in un dialogo con il pubblico seguendo tre direzioni: pensiero, emozione e ricordo”.
Tra i progetti per un prossimo futuro vi è la progettazione di una mostra che parla di economia e globalizzazione, utilizzando il mondo del giocattolo, non come oggetto in sé, ma come soggetto di un progetto artistico con marco Bertin che ha acquistato nel corso di 17 anni oltre 7.500 giocattoli di foggia occidentale ma rigorosamente made in China, li ha fotografati e resi protagonisti di alcune opere molto significative.

 

Silvia Bolognini

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