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L'archivio Zardini: un secolo di storia e immagini al Micurá de Rü

L'archivio Zardini: un secolo di storia e immagini al Micurá de Rü
Il negozio e laboratorio di fotografia Zardini in centro a Cortina negli anni '30

La raccolta fotografica della famiglia Zardini, testimone di tre generazioni e di un secolo di cambiamenti, trova casa in Val Badia. Sarà digitalizzata

Questa è una bella storia. Un lungo racconto per immagini con un lieto fine.
È la storia del prezioso archivio storico fotografico più che centenario della famiglia Zardini che finalmente ha trovato una casa. Una casa che è anche la conclusione di un percorso che da Cortina d’Ampezzo (oggi in Veneto, Italia, ma al tempo delle origini di questa affascinante vicenda di uomini e di donne, ricca anche di colpi di scena, era imperialregia, austro-ungarica) è approdata, transitando da Bolzano, all’istituto ladino Micurá de Rü in Val Badia che ne sarà affidatario, curatore e scrupoloso divulgatore.

archivio Zardini
La presentazione della partnership a Bolzano. Da sin. Werner Pescosta e l’assessore Daniel Alfreider

Un patrimonio di 300 mila pezzi … di storia

Sono le migliaia di fotografie originali su lastra, pellicola, in diapositiva e poi documenti, album di tre generazioni della famiglia Zardini.
Un tragitto attraverso tre secoli, con l’opera di conservazione, catalogazione e digitalizzazione avviata a fine Novecento e poi negli anni Duemila da Stefano Zardini, ultimo erede-fotografo di questa famiglia di montanari proiettati verso i cambiamenti e la modernità che si dispiegò proprio attraverso la fotografia.
Quando, nel 2019, Stefano morì lasciando questo patrimonio di 300mila pezzi, testimonianza di vita, guerre, sacrifici, passioni e rivolgimenti epocali e sociali, si pose il problema di una sua conservazione dinamica che significasse essa stessa storia. Responsabilità e impegno alla fine accolto dall’istituzione ladina. Come ladini sono gli ampezzani, come lo erano anche Stefano e i suoi genitori e i suoi nonni. Quindi, una scelta fatta nel solco di una tradizione e di una storia identitaria non tradita e di non frequente unità.

archivio zardini
La Cortina pubblica fotografata da Raffaele Zardini

Dal nonno Raffaele alle nuove generazioni

«Mio nonno Raffaele -ha lasciato scritto Stefano Zardini- iniziò a scattare nel 1890. Attività documentata dalle tante foto comprese nell’archivio. Nel 1902 fu allestito il vero laboratorio. Da una passione nata per caso, ben presto la fotografia divenne ragione di vita della famiglia. Per tre generazioni».
Valentina Vidali, moglie e compagna di Stefano, oggi vive a Vienna e racconta a Metropolitano.it come si sia arrivati all’istituzione ladina.
«Questo esito è di per se stesso un’eredità di Stefano e risponde al suo consolidato rapporto con il Micurá de Rü e nella consapevolezza che tale affidamento interpreta il suo progetto di valorizzazione e trasmissione alle generazioni future di una memoria storica per immagini che rischiava di andare perduta».
Eppure, «sarebbe un errore -avverte Valentina, vera compagna di viaggio del suo Stefano- considerarlo un fotografo di montagne. Certo le vette ci sono, tornano, fanno parte del dna di Stefano. Ma non sono le protagoniste assolute e non lo sono neppure nel ricchissimo archivio della famiglia».

Ritratto di famiglia ladina in un interno, due generazioni di fotografi Zardini

La storia a portata di tutti

Riavvolgiamo allora il nastro e interroghiamo le fotografie di inizio Novecento scattate da Raffaele, da un’eroica Antonia, sua moglie e nonna di Stefano. E poi dai figli Roberto (padre di Stefano), Rinaldo e Olga (Ofelia scelse invece un’altra strada). Compaiono persone, vicende, quadri familiari e scatti che oggi si potrebbero definire di cronaca: celebre l’entrata della prima pattuglia dell’esercito del Regno d’Italia nella Cortina “strappata” agli austro-ungarici alle 4 del pomeriggio del 28 maggio 1915.
Raffaele Zardini immortalò il primo Capodanno del 1900 in una gioiosa Cortina asburgica. E tutto questo è presente nell’archivio che ora verrà completamente digitalizzato e reso accessibile e consultabile (anche online) al grande pubblico, agli appassionati e agli studiosi.

Un mondo in uno scatto

C’è pure il Naturalismo di Rinaldo. Una sorta di Darwin della fotografia concentrato su biologia, geologia, paleontologia tanto da essere nominato ricercatore affiliato dello Smithsonian Institute di Washington DC.
Formidabili poi gli scatti “mondani” di Roberto, che da abile paparazzo ante litteram seguiva o catturava eventi, feste, gare, passerelle dei sempre più frequenti turisti e dei consortes, ovvero gli ampezzani doc.
Come un Bruce Chatwin della fotografia. «Allora si capisce -sottolinea Valentina- che anche questo modo di intendere la fotografia rappresenta una traccia storica, un’eredità che ha influenzato anche il lavoro di Stefano che potrei dire è stato fotografo di anime». Anime delle persone, anime della Natura, anime nell’Arte.

Stefano e Valentina Zardini

La storia di una comunità seguita per tre generazioni

Infatti, Stefano Zardini ha cercato sempre di coniugare la sua passione per la fotografia con la perenne scoperta attraverso il viaggio. Il suo passaporto era un vero e proprio atlante di visti e timbri e il suo cursus honorum professionale fatto di memorabili reportage per l’Onu e la Croce Rossa Internazionale, per Medici senza Frontiere e prestigiose testate mondiali come la tedesca Der Spiegel o il National Geographic.
Werner Pescosta, dell’Istituto Micurá de Rü conobbe Stefano e la sua opera nel 2009. Nacque subito amicizia e un profondo interesse archivistico e di ricerca.
«Devo dire che questo materiale è indubbiamente molto affascinante e molto bello. Abbiamo sempre condiviso l’interesse per la storia di una comunità e la storia attraverso le immagini».
Al termine di ogni viaggio, Stefano rientrava a Cortina. «E tornava l’immergersi rigenerante tra le sue montagne, il respirare quell’atmosfera che trasudava la tradizione della sua famiglia, della passione della famiglia per la fotografia» aggiunge Valentina.

Origini

Antonia (classe 1878), la moglie di Raffaele, il primo Zardini fotografo, era sempre vestita all’ampezzana (che ancora oggi vuol dire essenzialmente sobria eleganza e praticità).

Antonia Zardini nel 1916, prima fotografa d’Ampezzo

Figura centrale per la crescita dell’azienda (peraltro a lei intestata) costituita con licenza imperialregia nel 1909, non solo perché sostituì il marito internato tra il 1915 e il 1917 in piena Grande Guerra, ma perché riuscì con grande intraprendenza (pensiamo all’epoca storica) e intuito a gestire da vera esperta tutte le fasi dell’arte fotografica, che allora voleva dire anche precise conoscenze di chimica. E quattro marmocchi da tirare su. Sapere e abilità trasmesse alla figlia Olga che fino a tarda età amò proprio il lavoro di laboratorio sviluppo e stampa.
Nessuna emigrazione. Daniel Alfreider, assessore provinciale alla Cultura ladina di Bolzano, sintetizza allora con efficacia il valore di questa partnership non solo culturale: «È una porta che si apre su oltre cento anni di vite e di storia capace di unire, riconoscendosi, la grande famiglia ladina e attraverso la fruizione anche oltre i confini di due province autonome, Bolzano e Trento, e della provincia di Belluno».

Agostino Buda

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