La Fondazione Gimbe analizza in un rapporto il fenomeno della mobilità sanitaria, che ha toccato livelli record. Il Veneto, tra le regioni al top con Lombardia ed Emilia-Romagna, è riuscito però a ridurre le liste d’attesa
Un “giro d’affari” da 5,04 miliardi di euro. A tanto ammontano, secondo la Fondazione Gimbe, che ha analizzato il fenomeno, le somme mosse dalla mobilità sanitaria interregionale, che nel 2022 ha toccato il record, superando del +18,6% le cifre dell’anno precedente.
Un flusso di pazienti per il quale le elaborazioni dei dati effettuate dalla Fondazione confermano che gli spostamenti soprattutto sull’asse Sud-Nord.
Mettendo insieme Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto si concentra infatti ben il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria.
Parliamo, cioè, della differenza tra le somme ricevute dalle Regioni per curare pazienti di altre regioni e quelle versate per i cittadini che hanno scelto di farsi curare fuori dai confini di residenza. Con un conseguente chiaro sovraccarico per le strutture sanitarie.
Eppure, nonostante questa situazione, unita alle croniche carenze di personale, non faciliti il quadro per le realtà più attrattive nei confronti di chi ha necessità di cura, il Veneto, come ha sottolineato il presidente Luca Zaia, grazie all’organizzazione è comunque riuscito a tagliare le liste d’attesa.
Mobilità sanitaria attiva e passiva
Nel totale dei pazienti che hanno cambiato regione per curarsi, il 50,6%, sottolinea la Fondazione Gimbe, ha scelto una struttura lombarda (nel 22,8% dei casi, con un saldo positivo di 623,6 milioni), emiliano-romagnola (17,1%, 525,4 milioni di saldo) o veneta (10,7%, 198,2 milioni).
Al quarto posto c’è il Lazio (8,6%), che però è nel contempo al primo posto, con l’11,8%, per i debiti generati dalle cure ricevute dai propri residenti in altre regioni.
Sul podio, in questo caso, seguono Campania (9,6%) e Lombardia (8,9%), con esborsi in tutti i 3 casi superiori ai 400 milioni di euro.
La conferma dello squilibrio tra Nord e Sud è confermata dal fatto che Puglia, Calabria e Sicilia, posizionate dal 4° al 6° posto per mobilità passiva, hanno visto nel 2022 un ulteriore aggravio della propria posizione. Ma ancor più dalla considerazione che, se si uniscono a queste 3 regioni i dati di Campania (prima per saldo negativo con 308,4 milioni), Puglia e Lazio si arriva al 78,8% del saldo passivo totale. “Il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale”, commenta il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.
![GIMBE](https://www.metropolitano.it/wp-content/uploads/2022/03/Nino-Cartabellotta-fondaz-gimbe.png)
Saldi regionali e considerazioni sulla mobilità sanitaria
A far registrare un saldo positivo sono state 7 realtà territoriali, con i valori minimi nelle due Province autonome di Bolzano (2,2 milioni) e Trento (7,1 milioni). Nelle restanti 14 Regioni, invece, il saldo è risultato negativo, con il Piemonte (-6,3 milioni) più vicino alla parità.
“Questi numeri – riprende Cartabellotta – certificano che la mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde diseguaglianze nell’offerta dei servizi sanitari regionali”.
“Sempre più persone – prosegue il presidente della Fondazione – sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate, con costi economici, psicologici e sociali insostenibili. La mobilità sanitaria rappresenta dunque un segnale di allarme, che impone interventi urgenti per riequilibrare i diritti delle persone”.
Il tutto aggiungendo anche un’altra considerazione, di tipo organizzativo emersa dalle analisi: la stretta correlazione con gli adempimenti sui livelli essenziali di assistenza, con le prime 5 Regioni per punteggio totale Lea tra le prime 6 per saldo di mobilità sanitaria.
Veneto tra mobilità sanitaria e taglio delle liste d’attesa
Il Veneto, con quasi 507 milioni di crediti, è al 3° posto in Italia, mentre è appena 7° per debiti, che ammontano a oltre 308,5 milioni. La “macchina organizzativa” sanitaria veneta ha però dimostrato di poter continuare a funzionare al meglio, nonostante i carichi. “Abbiamo fatto un lavoro strepitoso – dichiara il presidente Luca Zaia – e ringrazio tutti i 64 mila dipendenti della sanità, in particolar modo i 12 mila medici”.
Ringraziamento che guarda soprattutto all’“87% di abbattimento delle liste d’attesa” sottolineato dal governatore.
“Faccio solo un esempio: nella categoria “D” siamo passati da oltre 80 mila attese a 10 mila”.
Risultati possibili anche grazie all’impiego dell’Ai, “che ci ha permesso di fare pulizia nelle liste”. Ciò, però, non toglie le criticità. “In Italia – conclude Zaia – mancano 50 mila medici e da noi 3.500. Abbiamo fatto 212 concorsi, uno ogni 3 giorni, ma non siamo riusciti ad assumere medici come avremmo voluto, perché non ci sono”.
Il ruolo del privato e i ricoveri
Il Veneto si è collocato al 6° posto in Italia anche per il volume di ricoveri e prestazioni specialistiche nelle strutture private: quelle venete erogano il 57,4% (la media italiana è del 54,4%) del valore totale della mobilità sanitaria attiva regionale. Nel nostro Paese, del resto, 1.879 milioni finiscono nelle casse della sanità privata accreditata, con dati in crescita e valori ai massimi livelli in Molise (90,6%), mentre in coda c’è la Basilicata (8,9%).
“È un indicatore – rileva Cartabellotta – dell’indebolimento del servizio pubblico”.
Il rapporto della Fondazione si conclude con un focus dedicato al tema dei ricoveri ospedalieri, che superano i due terzi della mobilità totale. Ed è emerso che il 78,5% di questi dipende dalla scelta del paziente, mentre il 17,4% legato a prestazioni in urgenza. Solo l’11,6% della mobilità volontaria ha però coinvolto strutture entro i 50 km o 60′ dalla residenza. “Questo dato – conclude il presidente di Gimbe – dimostra che lo spostamento dei pazienti verso altre Regioni per ricevere cure in regime di ricovero è una necessità dettata dall’assenza di un’offerta sanitaria adeguata”.
Alberto Minazzi