Mai alto come a gennaio il rientro nell’orbita dei dispositivi Starlink per Internet lanciati da Elon Musk
Garantire una connessione satellitare veloce a Internet in ogni angolo della Terra è l’ambizioso obiettivo perseguito da progetti come Iris2 dell’Unione Europea o Kuiper di Amazon. Prima di tutti ci ha pensato però SpaceX, la società di Elon Musk che ha dato il via nel 2019 ai lanci nello spazio dei satelliti di Starlink.
Materiale orbitante che, per la sua relativa vicinanza al nostro pianeta (circa 500 km dalla superficie), ha una prospettiva di vita operativa molto più limitata rispetto ai satelliti utilizzati per le previsioni del tempo o per la gestione dei sistemi Gps. E, non a caso, i primi “rientri” nell’atmosfera sono già iniziati.
Nel solo mese di gennaio 2025, anzi, se ne sono già registrati 120, quando nell’intero 2024 ne erano avvenuti appena 33. Una pioggia record di frammenti di satelliti, 4 in media al giorno, che preoccupa. Tanto più pensando che, quando ce ne saranno in orbita più degli 8 mila attuali, il ritmo aumenterà.
Una “pioggia” di satelliti
A sottolineare i dati (dei 4.700 Starlink di prima generazione ne sono già rientrati sulla Terra oltre 500) e a lanciare l’allarme in rete è stato il ricercatore del Centro per l’Astrofisica di Harvard, Jonathan McDowell. Allarme non tanto per i possibili impatti dannosi con persone o cose, visto che i satelliti si disintegrano completamente prima di arrivare al suolo.
A rischio sarebbe piuttosto la fascia d’ozono.
Proprio l’incenerimento del satellite a contatto con l’atmosfera terrestre genera infatti materiali inquinanti sotto forma di polvere di metalli.
Tra questi, l’ossido di alluminio, che ha tra le sue caratteristiche la capacità di corrodere lo strato che ci protegge dalle radiazioni solari. E ogni satellite Starlink produce circa 30 kg di ossido di alluminio, con un potenziale notevole impatto ambientale.
Starlink e l’internet satellitare
Dopo il lancio dei primi 60 satelliti, la costellazione di Starlink di Elon Musk ha superato quota 7 mila, di cui circa 6 mila ancora in funzione, ma destinati progressivamente a essere sostituiti e integrati da quelli di nuova generazione, puntando a regime ad avere un contingente di 12 mila unità. Si tratta di satelliti miniaturizzati, che non superano i 2,8 metri di lunghezza e gli 1,4 di larghezza, per 260 kg di peso.
Sono costruiti da Space X per fornire a imprese e privati, ma anche per scopi militari e scientifici, una connessione a banda larga in bassa latenza.
Pur non raggiungendo la velocità e la stabilità della fibra ottica, comunicando via radio con ricetrasmettitori terrestri, scambiano cioè dati in frazioni di secondo. Risultato ottenibile grazie alla gravitazione in orbita terrestre bassa, da cui vengono fatti rientrare dopo circa 5 anni di utilizzo.