La precisazione dell’Oms: l’attuale epidemia respiratoria nel Paese orientale legata a un agente infettivo comune, noto dal 2001
Esattamente 5 anni fa, dalla Cina arrivavano le prime notizie dell’elevato numero di morti causate da un ancora ignoto virus respiratorio. Erano le prime avvisaglie della pandemia-Covid che rapidamente si sarebbe diffusa in tutto il pianeta, mettendo in crisi i sistemi sanitari.
Da allora, l’attenzione verso le epidemie registrate nelle diverse zone del Mondo è stata portata ed è ancora al massimo livello. Per esempio, basta pensare all’allerta scattata in autunno per il timore di un nuovo virus proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo.
Le stesse paure, negli ultimi giorni, si sono riproposte in seguito all’epidemia di una malattia respiratoria che ha creato situazioni di emergenza proprio in Cina. Una situazione riguardo alla quale, adesso, arrivano le precisazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’epidemia di Hmpv in Cina e l’analisi italiana
“Il metapneumovirus umano Hmpv non è un nuovo virus. Identificato per la prima volta nel 2001, è presente nella popolazione umana da molto tempo. È un virus comune che circola in inverno e in primavera. Di solito provoca sintomi respiratori simili al comune raffreddore”, ha chiarito, in un post sul profilo “X” dell’Oms la portavoce Margaret Harris.
I sintomi tipici dell’infezione da Hmpv sono simili a quelli dell’influenza: febbre, tosse, difficoltà respiratorie e respiro sibilante. Anche se, in alcuni casi, può evolvere, portando a complicazioni come bronchiti e polmoniti. E, per approfondire il tema, un gruppo di ricercatori italiani ha appena inviato un articolo a “The Lancet Infectious Diseases”.
L’obiettivo del testo, realizzato da Francesco Branda dell’Università Campis Bio-Medico di Roma in collaborazione con l’epidemiologo Massimo Ciccozzi e Fabio Scarpa, è quello di raccogliere e rendere disponibili alla comunità scientifica i dati contenuti nel report sul metapneumovirus e su altri virus respiratori realizzati dall’Istituto Superiore di Sanità.
Hmpv: cosa ne sappiamo
L’Hmpv è un “virus respiratorio appartenente alla famiglia Paramyxoviridae, nel genere Metapneumovirus”, si legge nell’articolo. E, dalla prima identificazione avvenuta nel 2001, “è stato riconosciuto come una causa significativa di infezioni respiratorie acute nei bambini, negli anziani e nelle persone con un sistema immunitario compromesso”.
La trasmissione del virus, proseguono i ricercatori, avviene principalmente tramite il “droplet”, cioè le goccioline respiratorie emesse dall’uomo che proprio il Covid ci ha insegnato a conoscere. Ma è possibile contrarre l’infezione anche attraverso il contatto con superfici precedentemente contaminate.
“Sebbene non esista un trattamento antivirale specifico per il metapneumovirus, il trattamento sintomatico è generalmente efficace nella maggior parte dei casi”, precisa quindi il testo, che ha incluso i dati su campioni, sequenze e rilevamenti di metapneumovirus disponibili a partire dalle stagioni influenzali 2022/23, “con numeri che mostrano un’incidenza crescente di casi in diverse settimane dell’anno”.
Virus: l’importanza di una risposta tempestiva e della condivisione
L’idea di proporre la pubblicazione del lavoro scientifico si basa proprio sulle considerazioni, emerse chiaramente con la pandemia, dell’importanza, per evitare la diffusione del virus, della gestione del tempo ai fini di una risposta tempestiva, provando a identificare rapidamente, ma con il supporto di dati solidi, i patogeni e le modalità del loro trattamento.
Serve, insomma, una comunicazione delle autorità sanitarie “chiara, trasparente e basata su prove”, per evitare che la diffusione di informazioni in tempo reale comporti al tempo stesso rischi di disinformazione e conseguente panico. “Dobbiamo riconoscere – spiegano gli studiosi – il ruolo fondamentale della condivisione dei dati nell’attenuare l’impatto di tali crisi”.
“Ci auguriamo – è la conclusione che le lezioni apprese guidino gli sforzi futuri per promuovere la cooperazione internazionale, migliorare la trasparenza dei dati e garantire che la comunità scientifica globale sia meglio attrezzata per rispondere alle future minacce per la salute”.
Alberto Minazzi