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Chi guida taxi e ambulanze muore meno di Alzheimer

Chi guida taxi e ambulanze muore meno di Alzheimer
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Lo dicono le statistiche analizzate da un gruppo di ricercatori di Harvard, che ipotizzano un collegamento legato allo sviluppo dell’ippocampo del cervello

Nel cervello dei taxisti di Londra, la regione del cervello chiamata ippocampo è più sviluppata rispetto al resto della popolazione generale. Lo ha evidenziato già da tempo uno studio specifico.
L’ippocampo, del resto, è utilizzato per la memoria spaziale e la navigazione: requisiti fondamentali per questa professione. Ma l’ippocampo è anche una delle prime regioni cerebrali ad atrofizzarsi nel morbo di Alzheimer, portando a un sostanziale declino cognitivo man mano che la malattia progredisce.
Un gruppo di ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston ha così provato vedere se ci siano connessioni tra professioni specifiche e la protezione da questa malattia, che ha visto un raddoppio dei decessi negli ultimi 3 decenni, con prospettive di un ulteriore aumento con l’invecchiamento della popolazione. E il risultato ottenuto, pubblicato su The British Medical Journal, lo conferma: se, per lavoro, conducete un taxi o un ambulanza, è statisticamente meno probabile che sviluppiate l’Alzheimer e che questo, progredendo, diventi la causa del vostro decesso.

 

Alzheimer: taxisti e conducenti di ambulanze muoiono meno

La premessa, sottolineata dagli stessi ricercatori, è che lo studio è meramente osservazionale e quindi servono ulteriori approfondimenti per trarre conclusioni con valenza scientifica sull’esistenza di un nesso causale tra occupazioni, cambiamenti neurologici nell’ippocampo o rischio di mortalità per Alzheimer. I risultati epidemiologici su larga scala ottenuti non sono dunque conclusivi, ma semplici “generatori di ipotesi”, in quanto “sollevano nuove domande sul legame tra la guida di taxi e ambulanze e la mortalità per malattia di Alzheimer”.

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Il potenziale legame suggerito dell’analisi ha però basi solide. Le professioni considerate sono state infatti ben 443 e il campione alla base dello studio è stato di quasi 9 milioni di persone decedute nel triennio 2020-2022.
Di queste, il morbo di Alzheimer è stato elencato come causa di morte per il 3,88% del totale.
Un tasso che scende allo 0,74% (allo 0,91% dopo l’adeguamento statistico) per i conducenti di ambulanze e all’1,03% (che non muta effettuati i correttivi basati su età alla morte, sesso, razza, gruppo etico e livello di istruzione) tra i taxisti.

Ma non tutti i guidatori professionisti sono più protetti (e c’è malattia e malattia)

La tendenza, precisa lo studio, “non è stata osservata in altri lavori legati ai trasporti che sono meno dipendenti dall’elaborazione spaziale e di navigazione in tempo reale”.
Per esempio, i piloti di aerei sono risultati addirittura al 4° posto tra le professioni con più alto tasso di mortalità (4,57% non rettificato, 2,34% rettificato) per Alzheimer, i capitani di navi si sono classificati al 23° posto (2,79% e 2,12% con dati aggiustati), mentre i conducenti di autobus hanno fatto registrare un tasso del 3,11% (che scende a 1,65 con l’adeguamento, per la 263^ posizione assoluta).

Va aggiunto che il modello di bassa mortalità per la malattia di Alzheimer tra i conducenti di taxi e ambulanze non è stato inoltre osservato quando sono state valutate forme di demenza diverse dalla malattia di Alzheimer. È proprio questa scoperta, affermano gli studiosi, a suggerire che siano proprio i cambiamenti mediati dall’ippocampo, probabilmente legati a frequenti compiti di navigazione ed elaborazione spaziale, a ridurre il rischio di Alzheimer nelle 2 categorie.

Alberto Minazzi

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