Due studi statunitensi evidenziano che la pelle ha un suo sistema immunitario capace di produrre anticorpi
Se ci possiamo proteggere dalle malattie tramite i vaccini lo dobbiamo a Edward Jenner, medico di campagna inglese che, dedicandosi alla lotta contro il vaiolo, nel 1796 scoprì l’efficacia della tecnica basata sulla stimolazione della risposta immunitaria agli agenti infettivi da parte dell’organismo.
Nel corso dei secoli, il numero di malattie coperte da vaccini è sempre più aumentato, così come si sono evolute le tecnologie relative alla produzione di questi farmaci, affiancando a quelle che utilizzano microorganismi uccisi o attenuati anche l’utilizzo di antigeni, di sostanze prodotte dagli agenti infettivi o di proteine ottenute attraverso l”ingegneria genetica.
Quello che, in tutto questo tempo non è sostanzialmente mai cambiato è il modo di somministrazione del vaccino, che deve essere iniettato per far sì che scatti la risposta del sistema immunitario dell’organismo della persona.
In questa prospettiva, però, la ricerca sembra ora aver aperto le porte a una soluzione del tutto nuova: inserire il vaccino in una semplice pomata spalmabile sulla pelle.
Il sistema immunitario della pelle
Sono 2 studi statunitensi, appena pubblicati in anteprima sulla rivista Nature, a gettare le basi di questa nuova opportunità, che potrebbe risultare importantissima. Facilitando la somministrazione del prodotto, renderebbe infatti più semplice la vaccinazione non solo e non tanto nei bambini che hanno paura delle iniezioni, ma soprattutto guardando alle zone in cui scarseggiano gli operatori sanitari richiesti per effettuare in sicurezza le inoculazioni dei vaccini.
La chiave di volta è legata alla scoperta che la nostra pelle dispone di un suo sistema immunitario autonomo rispetto a quello generale dell’organismo.
Lo evidenzia lo studio dell’Università di Stanford intitolato “La produzione autonoma di anticorpi della pelle regola le interazioni ospite-microbiota”.
“All’interno della pelle – si spiega nell’astratto dell’articolo – la simbiosi ospite-microbiota dipende dalla notevole capacità della pelle di agire come organo linfoide autonomo”.
A controllare la promozione di 2 risposte parallele in occasione dell’incontro con un nuovo colono microbico, è emerso dagli esperimenti sui topi, sono le cellule di Langerhans.
Il contatto con l’agente infettivo, si è dunque evidenziato, non solo induce la formazione di centri germinali classici all’interno del linfonodo, ma porta anche allo sviluppo di organi linfoidi terziari all’interno della pelle, in grado di sostenere una risposta sufficiente per controllare l’infezione già a livello epidermico. E le difese prodotte in questo modo persistono per almeno 200 giorni.
Verso una pomata-vaccino
Il “protagonista” di questo primo studio, l’innocuo e onnipresente colono della pelle Staphylococcus Epidermidis, è al centro anche del secondo lavoro, condotto dall’Istituto Nazionale statunitense per le Allergie e le Malattie infettive e riassunto nell’articolo di Nature intitolato “Scoperta e ingegneria della risposta anticorpale a un commensale cutaneo prominente”.
Si sa infatti che questo batterio suscita preventivamente una risposta alle cellule “T” in assenza di un’infezione.
Il nuovo studio ha dimostrato ora che “questo colono induce anche una risposta anticorpale potente, duratura e specifica che viene conservata negli esseri umani e nei primati non umani”: una considerazione che ha consentito agli scienziati di studiare soluzioni che possano eliminare le limitazioni alla possibilità di sfruttare questo stafilococco a fini terapeutici.
Si è provato, allora, a modificare S. Epidermidis inserendo al suo interno un frammento di tossina tetanica.
Nel gruppo di topi colonizzati con questo ceppo alterato, si è così visto che negli animali è stata suscitata una potente risposta anticorpale neutralizzante in grado di proteggerli dall’infezione.
È stato inoltre provato che lo stafilococco può essere coniugato con immunogeni ricombinanti.
Pertanto, si conclude, “l’immunità a un comune colono della pelle comporta una risposta coordinata delle cellule T e B e quest’ultima può essere reindirizzata contro gli agenti patogeni come una nuova forma di vaccinazione topica”.
Alberto Minazzi