Lo psichiatra: “Tutte le feste aumentano la solitudine: anche una passeggiata o un caffè al bar possono aiutare”
Per la stragrande maggioranza delle persone, “Natale” è sinonimo di “festa”, di “gioia”.
Ma c’è anche una buona fetta della popolazione italiana che vede nelle festività di fine anno il momento più triste dell’anno, una pagina che ci si augura finisca presto. E, nell’attesa dell’Epifania, c’è il rischio di sprofondare nella depressione o di farsi prendere dall’ansia.
Un apparente paradosso che, secondo lo psichiatra Paolo Crepet, è però da considerarsi assolutamente normale, legandosi a una condizione che non si presenta solo in queste giornate, ma che proprio a Natale pesa di più: la solitudine.
Le feste: un amplificatore della solitudine
“Si tratti di Natale o ferragosto – illustra Crepet – le feste in generale aumentano la percezione della solitudine da parte di chi si trova in questa condizione. Di certo non aiuta, vedere l’altra gente che si incontra, che organizza le cene con i parenti, mentre tu, per varie ragioni, non puoi farlo. Penso soprattutto alle persone non più giovanissime. E anche al momento che stiamo attraversando in generale, con tanti motivi per essere tristi: la festa non aiuta, ma anzi amplifica questa tristezza”.
Crepet, al proposito, ricorda un episodio avvenutogli in passato. “Parliamo – sottolinea – di tanti anni fa, a testimonianza del fatto che questa tendenza non è strettamente legata alle più recenti evoluzioni della società. In quel periodo, tenevo una rubrica in radio e decisi di andare in onda anche il giorno di Natale, accorgendomi così di quanta gente sola mi telefonava. La cosa, lo ammetto, mi sorprese molto, perché invece pensavo che non ci sarebbe stato nessuno disponibile al dialogo o a farmi delle domande”.
Gli italiani e gli antidepressivi: un segnale
Paolo Crepet invita dunque a leggere con i piedi di piombo le considerazioni di chi afferma che il fenomeno della “depressione di Natale” sia in aumento.
“In Italia – ammonisce – queste stime vengono fatte sempre a occhio, basandosi per esempio sulle esperienze che facciamo incontrando le persone. Non c’è nessuno che faccia una statistica scientificamente attendibile su quanti sono coloro che, a Natale, siano presi dall’ansia piuttosto che dalla depressione”.
Più concreti, invece, sono per lo psichiatra i dati, sia pur generali e non limitati a questo periodo dell’anno, con cui l’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, sottolinea nell’ultimo rapporto Osmed relativo al 2023 un aumento annuo del +3,1% del consumo degli antidepressivi, per i quali sono stati spesi oltre 432 milioni.
“Va però detto – sottolinea – che è da tempo che gli italiani sono grandi consumatori di psicofarmaci, comprese le benzodiazepine per i disturbi del sonno e le forme d’ansia. E che i dati di vendita sono indicatori indiretti, perché altra cosa è poi il loro consumo effettivo”.
I consigli dello psichiatra contro la depressione del Natale
Che fare, allora, se il Natale ci porta ansia?
Il primo consiglio dello psichiatra è semplice: “Credo sia sempre indicabile uscire il più possibile di casa, anche solo per fare due passi o prendere un caffè al bar. Possono sembrare banalità, ma di certo queste attività non aumentano la tristezza e, al contrario, aiutano a stare un po’ meno “da soli con sé stessi” come invece avviene quando si preferisce stare ore davanti alla tv o a smanettare sui social”.
Il torinese (di nascita) Crepet oggi vive nel Centro Italia e quindi il clima di quelle regioni può aiutare a mettere in pratica il suo consiglio. Che, però, è valido secondo lui anche al Nord. “Una volta – conclude – a Natale c’era sempre neve o, quantomeno, nevischio. Adesso è più comune la nebbia, che però, per i residenti, ci può stare, facendo parte dell’atmosfera del paesaggio. Certo sconsiglierei una marcia di 20 km sull’argine se c’è un muro di nebbia. Ma nulla vieta di spostarsi in città. E magari andare a piedi in chiesa: anche se non si è particolarmente religiosi, sono convinto che in questo periodo possa aiutare”.
Alberto Minazzi