Salute +

Dormire bene fa bene alla memoria: ecco perché

Dormire bene fa bene alla memoria: ecco perché

Uno studio tedesco svela come le onde cerebrali durante il sonno profondo rendano il cervello più ricettivo, favorendo la formazione di ricordi duraturi

Il “consiglio della nonna”, secondo cui farsi una bella dormita prima di un esame universitario è molto meglio che passare la notte in bianco a ripetere per l’ennesima volta gli argomenti oggetto di studio, ha un fondamento scientifico da almeno 20 anni.
Come le onde elettriche lente e sincrone che si producono nel cervello durante il sonno profondo supportino la formazione di ricordi era però finora un mistero.
Lacuna che ora è stata colmata dai risultati raggiunti da un team di ricercatori della Charité – Universitätsmedizin Berlin, pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Un lavoro, quello degli studiosi tedeschi, che va oltre la semplice conoscenza accademica. Partendo da questo studio, spiega l’università tedesca nel dare la notizia, si potrebbe infatti aiutare anche l’ottimizzazione degli approcci terapeutici che hanno lo scopo di supportare la formazione della memoria dall’esterno.

Le onde lente e la ricettività dei neuroni

Le onde cerebrali lente, è la conclusione cui è giunto il gruppo di lavoro, renderebbero la neocorteccia, ovvero la posizione del cervello in cui risiede la memoria a lungo termine, particolarmente ricettiva alle informazioni. Secondo la teoria sulla formazione dei ricordi permanenti formulata dai ricercatori, mentre dormiamo il nostro cervello riproduce gli eventi della giornata, spostando le informazioni contenute nella memoria a breve termine dell’ippocampo.

dormire
In questo processo, le oscillazioni di tensione elettrica nella corteccia, cioè le “onde lente” generate quando la tensione elettrica in molti neuroni sale e scende contemporaneamente una volta al secondo, misurabili attraverso un elettroencefalogramma, giocano un ruolo fondamentale. Analizzando il tessuto cerebrale umano intatto, il team ha infatti scoperto che influenzano la forza delle connessioni sinaptiche tra i neuroni nella neocorteccia e la loro ricettività.
“Le sinapsi – illustra il primo autore, Franz Xaver Mittermaier – funzionano in modo più efficiente immediatamente dopo che la tensione sale da bassa a alta. Durante quella breve finestra temporale, la corteccia può essere considerata come se fosse stata messa in uno stato di elevata prontezza. Se il cervello riproduce una memoria esattamente in questo momento, viene trasferita alla memoria a lungo termine in modo particolarmente efficace”.

Le possibili applicazioni della scoperta

Per lo studio sono stati utilizzati campioni di tessuto neocorticale prelevati da 45 pazienti che avevano subito una neurochirurgia per trattare l’epilessia o un tumore al cervello, sui quali sono state simulate le fluttuazioni di tensione tipiche delle onde cerebrali lente durante il sonno profondo nel tessuto, passando poi alla misurazione della risposta delle cellule nervose, utilizzando il metodo noto come “tecnica multipatch”.

I 10 sensori installati per tracciare il sonno profondo @Charité -Sabine Grosser

“Il sonno a onde lente – spiega Mittermaier – rende la neocorteccia particolarmente ricettiva per molti brevi periodi di tempo”. “Quando il sonno a onde lente viene aumentato artificialmente dall’esterno – aggiunge Jörg Geiger, direttore dell’Istituto di Neurofisiologia della Charité e capo dello studio – la memoria migliora. Ma finora non sapevamo esattamente cosa succede nel cervello quando questo accade, perché è molto difficile studiare i flussi di informazioni all’interno del cervello umano”.

Sonno e memoria: la stimolazione cerebrale per combattere il declino cognitivo

Una nuova conoscenza che potrebbe essere utilizzata per migliorare la memoria, per esempio in una lieve decompromissione cognitiva negli anziani. Sono diversi, in tutto il mondo, i gruppi di ricerca che stanno provando a elaborare metodi per utilizzare sottili impulsi elettrici o segnali acustici per influenzare le onde lente durante il sonno. “Le nostre scoperte – conclude Geiger – potrebbero aiutare in questo, consentendo, per la prima volta, lo sviluppo mirato di metodi di stimolazione per aumentare la formazione della memoria”.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.