I dati delle Ulss confermano la crescita delle richieste per proteggere i propri bambini. Palma (Bambino Gesù): “Si sta superando l’iniziale scetticismo”
I vaccini intramucosali, ovvero quelli somministrati attraverso un’inalazione per via nasale, sono una delle strade più promettenti per difenderci dagli agenti patogeni che minacciano il nostro organismo. E se il mondo della ricerca continua i suoi studi per allargare sempre più lo spettro di situazioni in cui è possibile mettere in campo questo tipo di protezione, è già realtà la crescente diffusione nel nostro Paese di prodotti di questo tipo già pronti.
È il caso del cosiddetto “vaccino” contro il virus respiratorio sinciziale, agente virale altamente contagioso e particolarmente pericoloso nei bambini più piccoli. “Nel primo anno di vita – ricorda Lorenzo Moretta, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – può provocare bronchioliti serie, che a volte necessitano di terapie intensive, perché l’ossigeno scende in maniera drammatica, e causano tra 15 e 20 morti accertate ogni anno”.
Il boom dei vaccini intramuscosali nel Veneziano
Un esempio virtuoso di utilizzo di questi “vaccini spray” si sta registrando in questo autunno 2024 nelle Ulss 3 e 4 della provincia di Venezia. Qui la campagna vaccinale è iniziata da 3 settimane e le dosi del prodotto sono state richieste dal 46% di chi ha diritto alla somministrazione, che viene effettuata, sia dai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica (Sisp) che dai pediatri. Che si sono posti l’obiettivo di riuscire a immunizzare l’80% dei bambini.
Pur non rientrando dei livelli essenziali di assistenza, la Regione Veneto ha infatti promosso le terapie monoclonali contro il virus sinciziale. La somministrazione intramucosale offre infatti il vantaggio di evitare i problemi legati alla paura delle iniezioni da parte dei bambini e consente di ridurre la pressione che, in caso di mancata protezione, rischia di aumentare il carico di Pronto soccorso e ambulatori, già sotto pressione in questo periodo dell’anno.
I vantaggi del vaccino intramucosale
“Gli studi – commenta Paolo Palma, responsabile Uoc di Immunologia clinica e Vaccinologia del Dipartimento pediatrico universitario ospedaliero del Bambino Gesù – hanno dimostrato non solo la riduzione degli accessi in Pronto soccorso, con le annesse problematiche di gestione, ma anche l’efficacia nei confronti della riduzione della circolazione del virus all’interno delle famiglie. Sono prodotti sviluppati da qualche anno, ma di cui è stato possibile solo negli ultimi anni implementare l’accessibilità logistica”.
I vaccini intramucosali sono dunque attualmente “una delle tipologie più considerate, in primo luogo per la loro facilità di somministrazione, rispettando la tendenza della vaccinologia futura di implementare la ricerca su vaccini che intervengono dove si realizza il primo contatto con l’agente patogeno”. “L’iniziale scetticismo da parte della popolazione – chiude il cerchio il medico – sembra ormai superato. E sta aiutando a capire l’importanza della vaccinazione”.
Vaccini spray : i limiti e le prospettive
Palma tiene in ogni caso a chiarire un aspetto: “Il loro target è quello di una popolazione pediatrica sana, tra i 2 e i 7 anni, alla quale può dare vantaggi attraverso l’effetto-barriera che produce una protezione a livello di mucosa nasale. In questi casi, che riguardano fortunatamente gran parte della popolazione pediatrica, l’efficacia è elevata. Ma non sono adatti per pazienti cronici, per esempio quelli ospedalizzati e sottoposti a terapie immunosoppressive, visto che si tratta di vaccini vivi attenuati, il cui virus quindi un minimo lavora, nell’organismo, e dunque servono le difese”.
Guardando al caso veneto, il medico fa poi un’altra riflessione. “Si tratta di una regione particolarmente virtuosa, che ha investito per promuovere questo tipo di vaccinazioni. Che indubbiamente stanno aumentando, ma non dappertutto. Al Bambino Gesù, per esempio, abbiamo implementato l’offerta, ma devo dire che la risposta, che pure non è mancata, è stata inferiore alle attese. Il Lazio, del resto, pur sentendo molto l’importanza scientifica ed economica della vaccinazione dei bambini sani, ha preferito puntare più sui pediatri di famiglia che sulle vaccinazioni intraospedaliere”.
Vaccino? Non esattamente…
Riguardo ai cosiddetti “vaccini spray”, c’è infine da fare un’ultima considerazione.
“Tecnicamente – spiega Lorenzo Moretta – non si tratta di vaccinazione, ma di immunoterapia con anticorpi monoclonali, introdotti per inalazione invece che iniettati per via sintetica. Per questo, pur non essendomene occupato specificamente, devo ricordare che questi prodotti hanno costi elevati, da tenere sicuramente in considerazione nella pianificazione della prevenzione”.
L’immunologo, in ogni caso, concorda sulla bontà della scelta di portare avanti l’idea di vaccini somministrati per via nasale. “Attraverso l’inalazione – illustra – proteggono nella maniera più diretta dai microbi in generale che arrivano per via respiratoria. Nelle mucose, le difese sono infatti mediate dall’immunoglobina Iga, che viene prodotta in prossimità dall’organismo. Non richiedendo la fase di produzione, è dunque chiaro che il monoclonale agisce subito.
Alberto Minazzi