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Il gatto: un pericolo per la biodiversità

Il gatto: un pericolo per la biodiversità

Da noi è un animale diffusissimo e molto amato. Ma ha il suo forte impatto ecologico e in certe aree del mondo è specie aliena invasiva

Qual è l’animale che ha estinto o sta estinguendo il maggior numero di altre specie sulla Terra?
Non sorprende che la letteratura scientifica ci dica che siamo proprio noi, esemplari di “homo sapiens”.
Decisamente meno scontato, e forse anche un po’ inquietante, è sapere che al secondo posto per l’impatto ecologico sono animali che circondano la nostra quotidianità: i gatti.
Il tema è al centro di un video su YouTube del biologo evoluzionista laureato alla Scuola Galileiana di Padova e divulgatore scientifico attivo sul web Giacomo Moro Mauretto, di Entropy for Life, che approfondisce come la realtà felina abbia e possa ancora sconvolgere molti ecosistemi.

I gatti: un miliardo di coinquilini sul nostro pianeta

Secondo i dati di “The Ecology Global Network”, i gatti sono una delle specie più diffuse sul nostro pianeta per abbondanza e distribuzione. Sulla superficie terrestre ne sarebbero presenti un numero compreso tra 600 milioni e 1 miliardo.
Di questi, circa 100 milioni sono selvatici, 480 milioni randagi e 373 milioni i gatti domestici, in gran parte meticci.

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In occasione della giornata internazionale dedicata, l’8 agosto, il Rapporto Assalco Zoomark 2024, citando dati Eurispes, ha evidenziato come siano più di 10 milioni i gatti presenti nel 38% delle famiglie italiane, con una leggera prevalenza (40%) di proprietarie femmine. Un dato, per di più, in crescita. L’Italia ha dunque, sottolinea Moro Mauretto, un’enorme densità di questi felini per km quadrato.
Negli Usa, infatti, i gatti sono 70 milioni, ma su un territorio vasto oltre 32 volte rispetto al nostro.

Il gatto: una specie invasiva

Ci sono per di più delle zone della Terra in cui i gatti sono da considerarsi a tutti gli effetti delle specie aliene invasive, al pari, per esempio, del granchio blu o della zanzara tigre alle nostre latitudini.
Una di queste aree è l’intero continente oceanico.
Qui, nel paesino di Omaui, nella regione meridionale neozelandese del Southland, nel 2018 si è cominciato addirittura a ragionare dell’introduzione di un divieto di introdurre gatti.

Una scelta finalizzata proprio alla protezione della biodiversità, visto che, non essendo presente questo animale in natura, le altre specie non sono abituate a sviluppare strategie di difesa nei confronti dei gatti. E questi, così, hanno una elevatissima potenzialità distruttiva sotto forma di danni ambientali. Sempre Moro Mauretto ricorda, del resto, che si stima, per difetto, che i gatti predino in giro per il mondo circa 2 mila specie, con una certa preferenza per gli uccelli.

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Le specie estinte dai gatti

Su quanto incidano i gatti sul rischio di estinzione, il divulgatore scientifico cita quindi uno studio del 2016, che conclude come siano legati alla scomparsa dalla Terra di 63 specie di uccelli tra le circa 200 specie di animali estinti negli ultimi 500 anni.
L’esempio riportato è quello dello scricciolo di Lyall, un piccolo passeriforme che sarebbe scomparso a causa della discendenza addirittura di una singola gatta. E le specie attualmente minacciate sarebbero 430.

Il discorso è diverso in Italia e nel continente eurasiatico.
Qui il gatto selvatico, da cui deriva il gatto domestico, è presente in natura e quindi non si conoscono tante specie che siano state estinte. L’impatto ci può comunque essere. Per esempio, Moro ritiene verosimile un qualche ruolo dei gatti nel forte calo dei passeri italiani, tra i più cacciati con lo scoiattolo rosso.
Soprattutto nel nostro Paese, pesa il numero fuori scala di gatti rispetto a quello di predatori naturali. Anche perché per i gatti domestici non vale il meccanismo ecologico che tende ad equilibrare il numero di predatori e prede.

Quante prede può catturare un gatto?

Tra le considerazioni affrontate nel video rientra anche uno studio italiano, per quanto su un campione statistico molto piccolo (21 gatti), che ha fotografato circa 2 mila predazioni di vertebrati selvatici di 207 specie diverse, tra cui il 17% in qualche modo minacciate nel loro stato di conservazione. La riflessione di Giacomo Moro Mauretto è che è probabilmente esagerato pensare che ogni gatto possa ammazzare 100 altri animali. Ma, anche se fossero solo 10, moltiplicati per il numero di gatti, si toccano numeri enormi.

I numeri, comunque, sono in linea con stime di altri Stati, come quelli del Canada, dove i gatti sono 10 milioni e si calcola che uccidano complessivamente ogni anno tra i 100 e i 300 milioni di uccelli, o i già citati Stati Uniti, con numeri che salgono a 2 miliardi di uccelli e 14 miliardi di piccoli mammiferi. Per quanto elevati, comunque, tali dati possono non arrivare al punto di estinzione di una specie, soprattutto se negli stessi territori sono stati eliminati altri predatori.

Dalle malattie alle minacce per gli stessi gatti selvatici

Dove il gatto è specie aliena, invece, può trasmettere malattie, a partire dalla toxoplasmosi, che spesso raggiunge i mammiferi marini come cetacei, foche, leoni marini e lontre di mare attraverso il dilavamento delle feci. Per esempio, sempre in Nuova Zelanda, rimangono solo una sessantina di delfini di Maui con il recupero seguito al blocco della pesca che sta venendo vanificato proprio dalla toxoplasmosi.

E anche se i nostri gatti di casa, attraverso un processo di domesticazione, derivano dal gatto silvestre, per la loro grande autonomia e la possibilità di inselvatichirsi rendono possibile un’ibridazione, con cambi a livello genetico e di caratteristiche dell’animale selvatico. Tant’è che proprio la possibilità di incroci è considerata una delle principali fonti di minaccia attuali per questa specie.

Le possibili risposte

Il lungo e articolato video di Giacomo Moro si conclude provando a individuare le possibili soluzioni.
In alcuni casi, secondo il biologo, andrebbero  messe in campo azioni anche forti come interventi di eradicazione. Interventi che, specie nelle isole, hanno un buon tasso di successo: l’88% su 1.550 tentativi, secondo una ricerca recente incentrata soprattutto sui ratti.

Insieme a strumenti meccanici, dal classico campanellino che avvisa la possibile preda a pettorine che impediscano al gatto di effettuare balzi, va poi ridotto il numero di gatti che possono circolare liberamente, in particolare di notte e nelle stagioni più calde, quando avviene il maggior numero di predazioni. Non solo gatti randagi, dunque, ma anche quelli delle colonie feline e, in fondo, anche il nostro micio di casa.

Alberto Minazzi

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