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La forza di Michelangelo tra arte e potere

La forza di Michelangelo tra arte e potere
Giuliano Bugiardini, Ritratto di Michelangelo, 1522, Olio su tela, Firenze, Fondazione Casa Buonarroti, @ Simone Lampredi

Nella sede di Palazzo Vecchio, a Firenze, un’esposizione che guarda oltre: “Michelangelo e il potere”

Per nessuno è un segreto il valore di Michelangelo artista, scultore, architetto, pittore e poeta. Questa volta però la mostra che prende il via il 18 ottobre, e che si potrà visitare a Firenze nella sede di Palazzo Vecchio fino al 26 gennaio 2025, va oltre. L’esposizione infatti pone l’attenzione sul Maestro come anche grande uomo di potere, che esercitava attraverso la sua arte, il suo genio. Perché, come spiega il curatore della mostra Sergio Risaliti, non c’è stato artista che, come Michelangelo, abbia avuto nella sua vita rapporti così stretti e così continui con i potenti della terra: da Lorenzo il magnifico a papa Paolo III, da Giulio II, Il papa guerriero a Cosimo I duca di Firenze e molti altri.

“Michelangelo e il Potere”

Michelangelo e il Potere”, questo il titolo della mostra, si sviluppa al secondo piano di Palazzo Vecchio, edificio dalle origini medievali ad oggi sede del potere cittadino. Proprio tra queste mura si sono avvicendate nei secoli la storia e il potere della dinastia medicea.  Una location dunque che già per il suo ruolo dà l’imput a una rilettura in questa chiave della vita e delle opere di Michelangelo. Palazzo Vecchio è anche custode di opere meravigliose capaci di dialogare con quelle in esposizione trasportando così chi visita l’esposizione in una suggestiva atmosfera. Un contesto particolare in cui anche le opere d’arte più celebri e i documenti più noti possano esprimere nuovi significati.

 

Scontroso, irascibile e ribelle, Michelangelo ha sempre avuto un rapporto privilegiato e conflittuale con papi, cardinali e regnanti a cominciare dai Medici, tra amore e odio per le sue idee repubblicane. Sapeva tener testa a tutti. Anche a re, illustri letterati e filosofi e la mostra approfondisce proprio questo aspetto nuovo e particolare. E per la prima volta entra nelle sale di Palazzo Vecchio quello che si può considerare un manifesto politico di rara potenza, il busto in marmo di Bruto commissionato a Buonarroti dagli avversari dei Medici, fuggiti da Firenze dopo la caduta della Repubblica popolare.

Michelangelo Buonarroti con la collaborazione di Tiberio Calcagni, BRUTO post 1537, Marmo, Firenze, Museo Nazionale del Bargello, ©Antonio Quattrone

Il percorso espositivo

In mostra vi sono una cinquantina di opere tra sculture, dipinti, disegni, lettere autografate e calchi in gesso.
Tuttavia protagonista assoluto dell’esposizione è proprio il celebre busto di Bruto, ritratto ideale del tirannicida, eccezionalmente concesso in prestito dal Museo Nazionale del Bargello.
La collocazione della scultura all’interno del palazzo del governo fiorentino assume un forte significato politico mettendo in evidenza il confronto tra il pensiero politico di Michelangelo e il potere mediceo.

L’allestimento in Sala dei Gigli ricrea invece la rete di incontri, confronti e scontri di Michelangelo con il potere: attorno al ritratto dell’artista eseguito dall’amico Giuliano Bugiardini, posto al centro della stanza, vi sono ritratti di uomini e donne illustri tra i quali quelli di Girolamo Savonarola, di Fra’ Bartolomeo e di Pier Soderini attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio assieme a quelli Cosimo I in armatura, di Agnolo Bronzino, di Vittoria Colonna, del cardinale Reginald Pole in conversazione con Paolo III e quello di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Innocenzo Cibo, sempre del Bugiardini.

 

A rappresentare i diversi rapporti di Michelangelo con i potenti incontrati vi sono anche altre importanti opere come quelle concesse dalla Fondazione Casa Buonarroti.
Tra queste un disegno raffigurante un Torso di nudo di spalle, studio per la Battaglia di Cascina; quattro Disegni di fortificazioni, eseguiti nel periodo dell’assedio di Firenze al servizio della Repubblica e due Disegni progettuali realizzati per il complesso di San Lorenzo.
A questo significativo nucleo di disegni si aggiunge la Pianta della Basilica di San Pietro, conservata alle Gallerie degli Uffizi, lavoro che tenne occupato Michelangelo dal 1546 fino alla sua morte, avvenuta nel 1564, in un confronto non sempre facile con quattro papi, da Paolo III a Pio IV.

In mostra anche una sorta di gipsoteca con calchi di alcune delle maggiori opere di Michelangelo, legate per varie ragioni ai suoi rapporti con i grandi dell’epoca: tra tutte la riproduzione in gesso della Pietà Vaticana, realizzata a Roma per il cardinale Jean Bilhères De Lagraulas.

Silvia Bolognini

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