Legambiente punta i riflettori su un tema sempre più al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale
Non si sentono protetti. E si sentono invece traditi e abbandonati dal mondo degli adulti.
Sono bersagli di attacchi di panico, insonnia e pensieri ossessivi.
Alcuni cadono in preda di ansia, depressione e disturbi da uso di sostanze.
Il male di viver del nostro secolo colpisce le giovani generazioni catapultandole in una condizione di stress cronico, che può favorire il successivo emergere di psicopatologie a provocare alterazioni permanenti nella struttura del cervello.
Chi pensa che tra le conseguenze negative dei cambiamenti climatici ci siano solo il surriscaldamento della Terra e l’aumento degli eventi meteorologici estremi, sbaglia.
Alla lista deve infatti aggiungere possibili implicazioni di livello psicologico (secondo i dati dell’Istituto Noto il 72% degli italiani sono preoccupati per il climate change) che possono anche tradursi in conseguenze fisiche e che si riassumono in un “nuovo” termine: ecoansia
Cos’è l’ecoansia
La Treccani definisce l’ecoansia come una “ profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali”.
Una condizione di cui in ambito psicologico, come ricorda, tra gli altri, un articolo pubblicato nel 2021 su “Bolive” dell’Università di Padova, si parla in realtà da un decennio come, così la definì David W. Kidner nel 2012, di una “forma subclinica di inquietudine, senso di colpa e depressione”.
Sull’ecoansia Legambiente ha recentemente ha invitato alla riflessione in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, sottolineando che a soffrirne maggiormente sono le nuove generazioni.
I giovani e i cambiamenti climatiici: lo studio su The Lancet
Per chi si approccia al tema, un punto di riferimento fondamentale è lo studio, pubblicato in preprint su The Lancet a settembre 2021, intitolato ““Le voci dei giovani sull’ansia climatica, il tradimento del governo e il danno morale: un fenomeno globale”.
Il lavoro del gruppo di studiosi facente capo ad Elizabeth Marks e Caroline Hickman dell’Università di Bath è stata infatti la prima indagine su larga scala sull’ansia climatica nei bambini e nei giovani a livello globale e sulla sua relazione con la risposta del governo.
“Il cambiamento climatico – sottolineano nell’abstract – ha implicazioni significative per la salute e il futuro dei bambini e dei giovani, ma essi hanno poco potere per limitarne i danni, rendendoli vulnerabili all’aumento dell’ansia climatica. Studi qualitativi mostrano che l’ansia climatica è associata alla percezione di un’azione inadeguata da parte degli adulti e dei governi, a sentimenti di tradimento, abbandono e danno morale”.
Sono stati quindi intervistati 10 mila giovani tra i 16 e i 25 anni di 10 Paesi.
Il “sentiment” dei giovani sui cambiamenti climatici
Dalle risposte ricevute è emerso che il 59% degli intervistati si è detto molto o estremamente preoccupato per il cambiamento climatico e l”84% almeno moderatamente preoccupato. Non solo. Più del 50% ha affermato di sentirsi triste, ansioso, arrabbiato, impotente, impotente e colpevole e oltre il 45% ha ammesso che i propri sentimenti riguardo al cambiamento climatico hanno influenzato negativamente la propria vita quotidiana e il suo funzionamento.
Se in molti, poi, hanno segnalato un elevato numero di pensieri negativi sul cambiamento climatico, fa riflettere il fatto che i partecipanti al sondaggio hanno valutato negativamente la risposta dei Governi al cambiamento climatico e hanno riferito più sentimenti di tradimento che di rassicurazione.
I giovani italiani e la preoccupazione per il clima
Con riferimento alla specifica realtà italiana, sono stati pubblicati, a maggio 2023, anche i risultati del sondaggio “Il futuro che vorrei”, in cui l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha interpellato 6.500 giovani tra i 12 e i 18 anni.
Nel nostro Paese, quasi la metà (il 48,3%) dei teenager è preoccupata per i cambiamenti climatici, con una percentuale che sale al 53,5% tra i liceali.
L’81,6% ritiene poi che la politica metta in campo troppo poche azioni contro i cambiamenti climatici.
L’Associazione culturale pediatri, che dedica all’ecoansia un ampio articolo in uno dei suoi “quaderni” del 2024, evidenzia che i risultati sono in linea con analoghi sondaggi svolti in Finlandia, Gran Bretagna e Usa. E sottolinea che “decenni di ricerche hanno dimostrato che eventi meteorologici estremi determinano un aumento dei disturbi da stress post traumatico, di depressione, ansia, abuso di sostanze e violenza domestica. I bambini soffrono maggiormente di questi eventi estremi”.
La “paura cronica del destino ambientale”
Nel suo intervento, Legambiente ricorda, riguardo all’ecoansia, che “si tratta di un fenomeno emergente, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale sempre più diffuso e ancora difficile da indagare. Sebbene non sia attualmente considerata una condizione medica, l’American Psychological Association (APA) l’ha definita una “paura cronica del destino ambientale”. Per approfondire il tema, cita quindi la statunitense Susan Clayton, una delle maggiori esperte di psicologia ambientale.
Secondo Clayton, sono quattro le situazioni che collegano le condizioni psicologiche al clima: gli eventi acuti, come disastri naturali ed emergenze; i cambiamenti graduali, come aumento delle temperature, siccità e qualità dell’aria, per cui sono documentate le correlazioni dirette e con aumento dello stress cronico e problemi emotivi, cognitivi e comportamentali; per via indiretta, le minacce sociali legate ai cambiamenti climatici, dalla perdita del lavoro ai danni materiali; la vera e propria “ecoansia”. Riguardo a cui l’associazione ambientalista suggerisce l’efficacia di contrasto di volontariato e attivismo ambientale.
Alberto Minazzi