Ad Ambros e Ruvkun il premio per la Medicina 2024: la loro scoperta apre la strada allo sviluppo di possibili nuovi farmaci anche per tumori, diabete e malattie autoimmuni
Volendo parafrasare la celeberrima frase di Neil Armstrong dopo aver posato per primo un piede sulla luna, da un piccolo verme arriva un grande passo per l’umanità.
È stato infatti studiando il nematode C. Elegans, lungo appena un millimetro, che gli statunitensi Victor Ambros e Gary Ruvkun sono arrivati a scoprire il microRna e, adesso, a vincere il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2024.
Una scoperta la cui importanza è sottolineata Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma: “Può contribuire allo sviluppo di farmaci che permettano di far tornare le nostre cellule alla giusta regolazione di un fondamentale meccanismo”.
Come funziona il microRna
Per capire meglio il ruolo del microRna, Novelli ricorre a una metafora: quella del bruco e della farfalla.
“Com’è possibile – domanda – che due esseri così diversi abbiano lo stesso Dna? La risposta è che a cambiare è il modo con cui i geni si regolano. Ci sono infatti molecole, soprattutto Rna, che fanno accendere e spegnere determinati meccanismi”.
L’Rna, prosegue il genetista, non è uno solo, ma è composto da tante classi. E il microRna è “una delle più piccole, che funge però da regolatore fine di questa grande orchestra”. Come? “Un gene – illustra – è fatto di Dna, che contiene le informazioni per costruire le proteine, ma non esce mai dal nucleo. Per trasmetterle, si serve allora di un Rna “grande”, che invece può uscire dalla cellula”
Si parla così di Rna-messaggeri, come quelli utilizzati nei ben noti vaccini contro il Covid.
“I microRna – riprende Novelli – sono pezzi di questo Rna, simili ma più piccoli, che si possono legare ai messaggeri e bloccarli. Spegnendoli, un po’ come si farebbe schiacciando un interruttore, non si arriva alla produzione della proteina”.
L’importanza del microRna
I microRna esistono da almeno 50 milioni di anni. “Li hanno – ricorda Novelli– piante, funghi, uomini e tutti gli animali, proprio per questa loro importante funzione. Se, infatti, una proteina serve in una certa fase della vita, dopo potrebbe non servire più. E se continuiamo invece a produrla, in una situazione fisiologicamente normale, potrebbe essere un bel guaio”.
In altri termini, tornando alla metafora, il bruco non potrebbe mai diventare una farfalla.
Nell’uomo, invece, le conseguenze possono essere ancor più serie quando i microRna non funzionano in una situazione patologica. “Il meccanismo fine – fa notare Giuseppe Novelli – può essere facilmente soggetto a disregolazioni. Per esempio, in caso di tumori o metastasi, la produzione è alterata”.
Proprio Novelli ha trovato alterazioni di questo tipo anche in casi di diabete, aterosclerosi e Covid. Oltre che nelle malattie autoimmuni, anche in caso di infezioni i virus possono infatti sregolare il meccanismo. “Si può allora pensare di creare farmaci simili al microRna o che intervengono sul suo funzionamento. In altri termini, l’idea è che un domani potremo intervenire noi a regolare questi interruttori”.
Il Nobel “per la scoperta rivoluzonaria del piccolo verme”
Giuseppe Novelli lavora da una ventina d’anni sul microRna e ogni anno commenta in diretta negli studi di RaiNews l’assegnazione del Premio Nobel per la Medicina.
“Già lo scorso anno era andato a due ricercatori che si sono occupati di Rna e non mi aspettavo che accadesse di nuovo ma ne sono soddisfatto. Dopo gli exploit ottenuti con i vaccini, d’altra parte, ormai l’Rna è al centro dell’attenzione generale. Non che non ce ne occupassimo anche prima, ma il Covid ha dato senza dubbio un’ulteriore grande spinta”.
Il Nobel è stato assegnato congiuntamente ad Ambros e Ruvkun ufficialmente con la motivazione “per la scoperta dei microRNA e il loro ruolo nella regolazione genica post-trascrizionale”. “La loro scoperta rivoluzionaria nel piccolo verme C. Elegans – aggiunge l’Accademia Reale Svedese delle Scienze – ha rivelato un principio completamente nuovo di regolazione genetica, essenziale per gli organismi multicellulari, compreso l’uomo”.
L’importanza di un piccolo verme
I neo premi Nobel Ambros (nato ad Hanover in New Hampshire il 1° dicembre 1953) e Ruvkun (nato a Berkeley in California nel 1952) verso la fine degli anni Ottanta del Novecento erano borsisti post-dottorato nel laboratorio di Robert Horvitz, che vinse il Premio Nobel nel 2002, insieme a Sydney Brenner e John Sulston.
Fu proprio nel laboratorio di Horvitz che iniziarono a studiare il nematode che, nonostante le sue piccole dimensioni, possiede molti tipi di cellule specializzate come cellule nervose e muscolari presenti anche in animali più grandi e complessi, rendendolo un modello utile per studiare come i tessuti si sviluppano e maturano negli organismi multicellulari.
“Sono queste caratteristiche – conclude Novelli – che lo rendono il più studiato da chi si occupa di queste materie. In appena 959 cellule, l’organismo di questo piccolo verme risulta infatti il più facile da studiare”. E dai primi risultati pubblicati nel 1993 in 2 articoli sulla rivista Cell, inizialmente accolti nel silenzio dalla comunità scientifica, passando per un’altra importante scoperta dello stesso gruppo di lavoro nel 2000, si è arrivati così fino al premio Nobel.
Alberto Minazzi