La scoperta di ricercatori norvegesi potrebbe aiutare la comprensione dei fenomeni meteorologici estremi
I raggi gamma sono le radiazioni elettromagnetiche nucleari dalla lunghezza d’onda più corta, ma soprattutto quelle che hanno la più alta energia e la maggior capacità di penetrazione.
Caratteristiche che li rendono capaci di danneggiare le molecole che compongono le cellule, potendo provocare mutazioni genetiche o addirittura la morte.
Comunemente si pensa che questi raggi, osservati per la prima volta nel 1900, abbiano un’origine esclusivamente esterna al nostro pianeta, scaturendo dalle interazioni dei raggi cosmici provenienti da lontane galassie con l’atmosfera.
In realtà è comprovato che tali fenomeni di radiazione intensa possono avere origine anche dalle nubi temporalesche.
I raggi gamma dalle nubi temporalesche
Eppure, per due decenni, la comunità scientifica si è interrogata sulla mancanza dell’anello di congiunzione tra i 2 tipi di raggi gamma emessi dai temporali. I primi sono i bagliori, dalla durata più lunga (da 1 a centinaia di secondi) e dall’intensità moderata, provenienti da campi di nubi temporalesche quasi stazionari.
I secondi sono i lampi di raggi gamma terrestri (Tgf), che durano microsecondi (da decine a centinaia), mostrano intensità moderate e coinvolgono i fulmini nella loro generazione, come indica la stretta associazione con l’emissione di forti segnali radio e impulsi ottici.
Bagliori gamma e Tgf sono accomunati solo dalla valanga di elettroni accelerate a energie relativistiche. Per il resto, sono molto diversi. Ma questa distanza è stata ora colmata grazie ai lavori, presentato sulla rivista Nature, svolto dagli scienziati dell’Università di Bergen, in Norvegia e che ha possibili importanti implicazioni pratiche.
I lampi di raggi gamma tremolanti: l’anello mancante
L’anello di congiunzione tanto cercato è stato trovato, nello specifico, dal team di ricercatori coordinato da Nikolai Ostgaard, che si è concentrato sull’analisi dei dati sulle emissioni di raggi gamma durante i temporali raccolti da aerei durante 10 voli effettuati a luglio 2023 nelle regioni oceaniche e costiere dei Caraibi e dell’America centrale.
Il nuovo fenomeno, osservato 24 volte (in 17 casi insieme a fulmini), è stato chiamato “lampi di raggi gamma tremolanti” (Fgf). A differenza dei convenzionali Tgf, ai quali assomigliano, i Fgf hanno più impulsi, tutti di durata maggiore. E, variando da 20 a 250 microsecondi, raggiungono il limite inferiore di durata di un bagliore.
Altro aspetto che differenzia Tgf e Fgf è il fatto che i raggi appena scoperti sono radio e otticamente silenziosi.
Lo studio ipotizza che il lampo tremolante inizi come un normale bagliore, aumentando poi improvvisamente di intensità in modo esponenziale e si trasformi in una modalità instabile e “sfarfallio” con una sequenza di impulsi.
Le possibili applicazioni della scoperta
Proprio gli aspetti di questa dinamica di formazione dei Fgf potrebbe contribuire aprire a nuove vie di ricerca, dando risposte a domande tuttora aperte attraverso una diversa ricostruzione della formazione dei raggi gamma nelle nubi temporalesche e della loro possibile interazione causale con altri fenomeni atmosferici, a partire dai fulmini.
In tal senso, un ulteriore contributo potrebbe arrivare da un ulteriore studio, condotto da un altro gruppo dell’Università di Bergen, guidato in questo caso da Marino Marisaldi, che ha esplorato le proprietà dei bagliori gamma rilevati dagli aerei, scoprendo che, diversamente da quanto concluso finora, le emissioni erano comuni e non uniformi.
Le nuove conoscenze, consentendo di comprendere in maniera diversa i processi elettrici nell’atmosfera, e quindi meteorologia e climatologia, potrebbero tradursi ora concretamente in una maggior capacità di sviluppare modelli attraverso cui prevedere e gestire fenomeni meteo estremi, come tempeste e fulmini, aumentando la sicurezza.
Alberto Minazzi